Se potessimo comprendere a fondo la quantità e la qualità della nostra ignoranza e nescienza, saremmo molto più sobri ed essenziali nel parlare o nel comunicare in altro modo.
Smetteremmo di giudicare superficialmente fatti e persone in base ai nostri pregiudizi ed alla nostra individuale visione del mondo.
Socrate sosteneva che l’unica cosa che realmente sapeva era quella di non sapere.
Se pensiamo di sapere qualcosa e se con umiltà ci mettessimo alla prova, constateremmo che la stessa lingua che parliamo comunemente ha un bagaglio lessicale limitatissimo rispetto a quello che dovremmo sapere.
La lingua italiana possiede più di 250.000 unità lessicali. Con le flessioni dei verbi e dei sostantivi il numero delle parole dicibili e scrivibili ammonta a circa 2 milioni (Lorenzetti)
Il bagaglio lessicale di un neo-diplomato va dalle 20.000 alle 50.000 parole, ma quotidianamente un italiano medio ha un vocabolario di base di 6500 parole, ma di queste ne usa solo 2000 (lessico fondamentale).
Basato su:
https://www.coffeewriting.it/coffee-corretto/parole-parole-parole-ma-quante-ne-utilizziamo-davvero/
Anche i numeri sono importanti nella nostra esistenza terrena, perché spesso rivelano una simbologia non casuale. Oggi, mentre scrivo, siamo l’ 8- 1 – 2023 (2° giorno dopo l’Epifania = manifestazione dall’alto)
La somma totale delle cifre indicante la data odierna è 7(8-1-2023 = 8+1+2+2+3 = 16 nel numero 16 sommo le due cifre 1+6 = 7)
Un particolare curioso: Il “7” sulla mia lingua, segnato sulla mucosa che senso ha? Potrebbe significare che è giunto il momento di parlarne.
Mi baso su una riflessione di Luisa Lanzarotto tratta dal suo blog: Luisa Lanzarotta – notiziecristiane.com
https://www.notiziecristiane.com/cose…
Nella Bibbia il numero “sette” è il numero sacro perché è il simbolo di Dio attraverso il quale si proclama la Sua perfezione e completezza, indica il sabato cioè il settimo giorno dove Egli riposò dopo i sei giorni della creazione e sta come ad indicare un “sigillo alla creazione stessa”.
Sia sui testi ebraici dell’Antico Testamento e su quelli greci del Nuovo, si può risalire sempre alla stessa caratteristica numerica “il numero sette” immancabilmente ricorrente.….
Riconosciamo dunque la frequenza, il modo particolare e l’importanza del numero “sette” nella Bibbia e il modo in cui è collocato negli eventi stoici e nei racconti biblici a conferma della sua importanza come “firma divina”, per garantirne l’autenticità in un modo particolarmente potente come segno che nessuno può cancellarli, esso (il numero “sette”) difende la Bibbia e la protegge.
Questo modo di suggellare la sua Parola, usato da Dio attraverso il numero “sette” è veramente straordinario in quando denota la libertà di espressione che Egli ha lasciato agli scrittori ispirati senza che ne fossero consapevoli.
Il numero “sette” scelto personalmente da Dio è anche impresso su tutte le sue opere in modo accurato e non casuale.- nella sfera della luce vi sono “sette” colori primari che uniti formano la luce- nella sfera della musica vi sono nella scala “sette” toni interi- Il corpo umano si rinnova ogni “sette” anni; le cellule vivono a cicli di “sette”
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IO HO UN CORPO
Diciamo spesso: “io ho un corpo”
Chi può dire di “appartenersi” realmente?
Non siamo nemmeno capaci di fare crescere un capello del nostro capo.
Abbiamo la capacità di esercitare determinati movimenti dei piedi, delle mani ed altre parti del corpo, ma non siamo i veri padroni della nostra vita.
Gli organi interni continuano a funzionare indipendentemente dalla nostra volontà.
Non siamo padroni nemmeno delle nostre cellule, ognuna delle quali ha una sua vita, nasce e muore per essere sostituita da un’altra. Le cellule a loro volta sono formate da diversi composti e molecole. Ogni atomo di qualsiasi tipo ha una sua struttura complessa e spesso misteriosa…
La lingua che parliamo è stata ereditata dagli antenati..
La visione personale della vita si forma continuamente in base al proprio DNA, alla cultura ed alle varie situazioni in cui ci troviamo.
Cosa realmente appartiene a noi?
La libertà di scelta è limitata ad un certo ambito perché siamo dotati di libero arbitrio…
Noi, però, apparteniamo al Creatore, il quale ci sorregge in ogni istante.
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Chi vuole conoscere a fondo se stesso dovrebbe conoscere ed apprezzare meglio anche la lingua che parla e mediante la quale pensa.
Molti italiani, purtroppo, non sanno di essere “privilegiati” per il loro idioma e non approfondiscono il grande valore della propria lingua perché sono indifferenti. La usano per le cose pratiche della vita, per comunicare più spontaneamente, ma non si rendono conto di quante ricchezze contiene. Ricchezze che molti stranieri invidiano benevolmente.
All’estero essa viene presa in considerazione non tanto per la sua praticità, ma per la sua intrinseca armonia e musicalità. Infatti l’italiano è la quarta lingua più studiata al mondo. Non a caso Dante viene considerato uno dei più grandi poeti al mondo. Molte parole italiane sono state prese a prestito in altre lingue, soprattutto nell’ambito della musica e della cucina.
“Nel corso del tempo l’italiano è stato percepito dagli stranieri come elegante, musicale, delicato, femminile, liscio come la seta, armonioso, dolce, florido, gentile, gradevole, grazioso, melodico, piacevole, seducente. Oggi la bellezza italiana significa anche paesaggio, cucina, moda, design e stile di vita: tutto ciò è inscindibile dalla lingua in cui è stato pensato e ha preso forma”.
“Gli stranieri vogliono imparare l’italiano perché trasmette loro il piacere della bellezza… È ora di diventare un po’ più consapevoli della nostra diversità di quello che la cultura italiana rappresenta per il resto del mondo”.
(Annalisa Andreoni)
Chi ama se stesso, ama anche la propria lingua ed è per questo che deve cercare di conoscerla ed essere fiero di parlarla.
Amare se stesso è un incentivo ad amare Dio ed essergli riconoscente lodandolo attraverso la propria lingua.
Noi come genitori trasmettiamo il DNA ai figli, ma loro non ce l’avevano chiesto.
Trasmettiamo la nostra lingua, la nostra cultura e le nostre tradizioni, ma non ce l’avevano chiesto.
Lasciamo che da adulti scelgano il DNA che desiderano per assumere il corpo che vogliono?
Lasciamo scegliere la lingua che desiderano, nel frattempo non dovremmo insegnare loro né a camminare, né a parlare una lingua specifica?
Li dobbiamo lasciar liberi dai condizionamenti psicologici e sociali sin dalla culla?
Dovremmo, allora tenerli in una campana di vetro, senza parlare con loro per non condizionarli nel linguaggio, nella visione della vita, nelle abitudini ecc.
Se i genitori sono cristiani, battezzano i figli perché si impegnano a trasmettere loro l’educazione cristiana. Logicamente quando diventeranno adulti, i figli, faranno le loro scelte.
Ma se non sanno chi sono e che fede professano come fanno a confrontarsi?
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Concentrata nella preghiera, furono trasmesse ad un’anima pia e privilegiata le seguenti promesse del Signore a chi non riceve il suo Sacratissimo Corpo nella mano.
Dal libro : ” DIO PARLA ALL’ ANIMA”
Rivelazioni dal Cielo alla mistica tedesca Justine KLOTZ
Con imprimatur.
https://it.zenit.org/2015/02/21/dio-parla-all-anima-in-un-libro-le-rivelazioni-di-justine-klotz/
Promesse di nostro Signore Gesù Cristo:
1) A chi si astiene nel fare uso delle mani quando riceve l’Ostia: il mio Corpo, il mio Sangue, la mia anima e la mia divinità, prometto di dare maggiori benedizioni nelle mani, nel cuore, nell’anima e in tutto il suo essere.
2) Prometto moltissime grazie in più nel suo peregrinare in questo mondo, con maggiori garanzie di salvezza, con aumento di gloria essenziale ed accidentale, per tutto il suo vivere eterno con me in Paradiso.
3) Mi sentirà nella Comunione in tutto il suo essere, con completa pienezza, cosicchè non vorrà più toccarmi con le mani.
4) Chi fa così, con costanza, riceverà grandi grazie mie personali e grandi benefici per tutta la sua casa.
5) Prometto anche, a chi devotamente fa quello che desidero, speciali doni nelle sue mani contro i nemici dell’anima; e a molti darò doni di cura.
6) Io prometto che, se così farà con perseveranza, continuità e costanza, giungerà a tutto con maggior intensità, a cercare la mia gloria ed il mio onore. Io lo eleverò per sempre.
7) Concederò così, anche a chi per amore compie tutti i miei disegni divini e non voglia prendere l’Ostia nelle mani, per maggior adorazione, umiltà e santo rispetto, il dono del discernimento dello Spirito, con più intensità.
8 ) Il suo nome sarà impresso nel mio Sacro Cuore misericordioso se, per darmi maggior letizia, farà la Comunione dovutamente con la lingua e non con la mano.
9) Prometto anche che aumenterò tutte le sue virtù, come ricompensa a questa sua maggior umiltà, che implica il non riconoscere mai pulite le sue mani. Mai.
10) Prometto anche a chi diffonderà fedelmente la mia dottrina, che vincerà con più facilità ogni tipo di tentazione.
11) Non distanzieranno alle anime chi mi riceve nella lingua e non nelle mani, se lo fanno con la dovuta riverenza e vivono così ogni giorno della loro vita.
12) Prometto anche che non troverà le porte chiuse per il mio amore, chi per riguardo verso di me, mi darà gioia nel ricevere l’Ostia dovutamente con la lingua e mai nelle sue mani.
13) Se così farà, comunicandosi con la bocca, arriverà ad operare solo per il mio Cuore, con il mio Cuore, nel mio Cuore, per il mio Cuore divino.
14) Prometto ugualmente a chi mi onora in questo modo,che il mio Sacro Cuore lo ascolterà con più letizia e intensità.
15) Per me é importante questo, e se riceverò maggior letizia, quell’anima che si comunica con la bocca, mi piacerà sempre. E, per il mio amore, se segue sempre i miei divini insegnamenti, Io la terrò come prova della mia gioia, per questo fatto.
16) Questa persona farà sempre bene alle anime. Invece chi vorrà sempre toccare la Comunione con la mano non sarà con me, sarà rigido verso di me ed oscurato da ciò che mi piace, dalla mia predicazione e dal mio magistero.
17) Tutto l’opposto a chi non tocca la mia forma consacrata perché gli tremano le mani; si prepari mentalmente e fisicamente, perché al momento della Comunione, mi chieda che ci sia solo Io e basta. Prometto la grazia d’arrivare subito ad un’altissima perfezione cristiana, se cercherà il mio viso con più amore; si dimenticherà più facilmente di se stesso ed il suo cuore sarà sempre confortato da questo suo gesto. Avrà più luce celeste ed il mio Sacro Cuore sarà sempre lieto per lei/lui. Per i secoli dei secoli.
LA CHIESA….
Comunione sulla mano? Meglio di No… e ti spiego il perché
La Conferenza Episcopale Italiana (C.E.I.), in data 19 luglio 1989, ha stabilito che nelle diocesi si può distribuire la S. Comunione anche deponendo l’ostia nella mano dei fedeli, anche se conferma che il modo consueto di ricevere la Comunione, deponendo la particola sulla lingua, è e rimane del tutto conveniente. I fedeli possono scegliere tra l’uno e l’altro modo. La possibilità della Comunione sulla mano venne introdotta nelle chiese d’Italia a partire dalla domenica prima dell’Avvento, 3 dicembre 1989, al fine di consentire una congrua catechesi che spiegasse le modalità ed il significato della nuova prassi. D – Qual è II senso di questa novità liturgica? La Chiesa in Italia PERMETTE di ricevere la Comunione anche sulla mano, però NON LO COMANDA AFFATTO. non obbliga, non impone un dovere e NON LO CONSIGLIA. La Santa Sede semmai ha concesso un “Indulto”, ossia uno STRAPPO ALLA REGOLA, che consente di ricevere la Comunione sulle mani. Ma ciò non annulla la regola generale che ha valore di NORMA, che è quella di ricevere il S. Sacramento direttamente in bocca (e possibilmente in ginocchio n.d.r) e qui si vorrebbe dimostrare che per molti validi motivi essa è da preferirsi.
D – Alcuni dicono che nei primi tempi’ della Chiesa la Comunione si dava sulla mano. È vero?
Nei primi tempi del cristianesimo, a causa delle frequenti persecuzioni contro l cristiani, la Chiesa si trovò nella necessità di permettere ai fedeli non solo di ricevere la comunione sulla mano (mai però nel modo sciatto con cui lo si fa oggi (n.d.r.), ma di portarla a casa e conservarla, affinché, in caso di pericolo imminente o di arresto improvviso, potessero comunicarsi per ricevere da Gesù la forza di affrontare anche il martirio. Cessate le persecuzioni, l’uso di ricevere la comunione sulla mano non durò a lungo perché gli inconvenienti, le irriverenze e le profanazioni dell’Eucarestia furono tante e tali da indurre la Chiesa a introdurre l’uso di dare la comunione sulla lingua. Già nel IV secolo, infatti, la comunione sulle mani era considerata una pratica eccezionale, permessa soltanto in circostanze speciali. All’inizio del V secolo il papa San Leone Magno (440-461) affermava che il ricevere la comunione sulla lingua è un uso corrente. Nel Sinodo di Rouen (650) si trova ormai sancita in modo definitivo, la prescrizione di dare la comunione esclusivamente sulla lingua.
D – Gesù nell’Ultima Cena disse agli Apostoli: “Prendete e mangiate, questo è il mio corpo”, sembra di poter dedurre che anche i semplici fedeli possano prendere la Comunione nella mano.
Anzitutto non è affatto certo che Gesù abbia dato il pane consacrato in mano agli Apostoli. Il verbo usato nel Vangelo (in greco: lambànein; in latino: accipere), non significa il “toccare con la mano”, ma l’azione di “ricevere”. Recenti studi hanno riscontrato che era in uso presso gli ebrei e gli orientali in genere, un’antica usanza per la quale il capofamiglia, in alcune circostanze speciali, prendeva un boccone di cibo e lo porgeva direttamente in bocca agli ospiti o agli amici di riguardo. Si capisce così il testo di Giovanni 13,26-27: “Gesù allora gli (a Giovanni) rispose: ‘E’ quello a cui darò un pezzetto di pane intinto’. Poi, intinto un pezzetto di pane, lo diede a Giuda di Simone Iscarlota. E appena preso quel boccone, Satana entrò in lui’ Ora, se il boccone è intinto, non lo si può prendere con le mani, ma ricevere direttamente in bocca. Mons.Athanasius Schneider ha compiuto su questo argomento utili approfondimenti (cfr.Dominus est LEV 2009; Corpus Christi, LEV 2013). Ma anche se Gesù nell’Ultima Cena avesse offerto il pane eucaristico in mano agli Apostoli, bisogna ricordare che essi, quando lo presero nelle loro mani, erano già sacerdoti, poiché consacrati pochi istanti prima da Cristo con le parole: «fate questo in memoria di me» (Lc. 22, W). La Chiesa riservò sempre esclusivamente l’amministrazione della Comunione ai soli sacerdoti. San Tommaso d’Aquino, il grande teologo della Chiesa, dice:
«Il Corpo di Cristo appartiene ai sacerdoti… esso non sia toccato da nessuno che non sia consacrato, nessun’altra persona ha il diritto di toccarlo, eccetto In casi d’estrema necessità». E il Concilio di Trento dichiara solennemente: «L’uso che solo il sacerdote dia la comunione con le sue mani consacrate è tradizione apostolica».
D – Dicono che il ritorno all’uso liturgico del primi tempi della Chiesa è una cosa lodevolissima, è un grande progresso. È vero questo?
No. Già il papa Pio XII, nell’enciclica «Mediator Del» (1947), insegnava che: «Un antico uso non è, a motivo della sua antichità, il migliore sia in se stesso, sia in relazione ai tempi posteriori». Ciò significa che il ritorno (in materia di disciplina liturgica) a usi arcaici che la Chiesa ha abbandonato da secoli, è essenzialmente antistorico, perché equivale non ad un progresso, ma ad un anacronistico regresso. Sarebbe, per esempio, un progresso se noi, abituati allo sfarzo della moderna illuminazione elettrica volessimo ritornare ai tempi antichi quando, per avere un po’ di luce, si doveva ricorrere alle torce, alle lucerne a olio o a petrolio? Certamente no, perché questo sarebbe un assurdo regresso. Così il ritorno all’uso primitivo della Comunione nella mano non rappresenta un progresso, ma un doloroso regresso. Il suo uso infatti mostrò, a quel tempi, abbastanza chiaramente tutti gli inconvenienti che si verificavano e gli scritti dei Padri della Chiesa stanno ad attestarlo. Per questo la Chiesa, appena trovò un modo migliore nella Comunione sulla lingua, abolì completamente l’antico uso della Comunione sulla mano. Normalmente, coloro che in campo liturgico oggi esaltano il ritorno a usanze arcaiche, in campo dottrinale (dogma, morale ecc…) fanno pressione perché si abbandoni l’antico a favore del nuovo, con la scusa che “i tempi sono cambiati!”
D – Ma allora come mai, dopo più di mille anni, la Comunione nella mano è stata di nuovo permessa?
Dopo il Concilio Vaticano II, la Comunione nella mano venne introdotta come un deplorevole abuso in alcune nazioni nordiche influenzate dal protestantesimo e tale abuso è serpeggiato purtroppo anche in Italia. Dapprima papa Paolo VI oppose un secco rifiuto (1965), raccomandando energicamente di restare fermi al modo tradizionale di ricevere la Comunione, principalmente per i seguenti motivi:
1) – perché la Comunione sulla lingua previene molto più efficacemente il pericolo delle profanazioni e della caduta dei frammenti;
2) – per il timore che la Comunione data sulla mano avrebbe illanguidito la fede e il fervore eucaristico del popolo;
3) – inoltre si sarebbe prestata a un traviamento del profondo significato del dogma secondo teorie ereticali serpeggianti fin d’allora. Anche i vescovi del mondo, consultati sull’argomento, si pronunziarono a stragrande maggioranza a favore della Comunione sulla lingua. In seguito, con cedevole spirito di compromesso, con l’Istruzione «Memoriale Domini» (28 maggio 1969), Paolo VI concedeva li permesso della Comunione nella mano, ma soltanto a condizione che la maggioranza del due terzi di ciascuna conferenza episcopale avesse insistito. Nella Conferenza Episcopale Italiana, dopo aver resistito per vent’anni, si raggiunse la maggioranza prescritta nel maggio 1989 e così anche da noi venne concesso l’Indulto della Comunione sulla mano.
D – Taluni dicono che la Comunione sulla lingua non è conveniente per motivi d’igiene.
La preoccupazione dell’igiene è del tutto pretestuosa, poiché l’inconveniente di toccare la lingua dei fedeli avviene molto raramente e, nel caso accadesse, il sacerdote può rimediare subito lavandosi l’estremità delle dita con l’acqua dell’ampollina disponibile sull’altare. Proprio per motivo d’igiene è prescritto che il sacerdote, prima dl celebrare la S. Messa, si lavi le mani in sacrestia, mentre nel corso della S. Messa, dopo l’offertorio, il sacerdote si lava ancora una volta le dita. Quindi il motivo d’igiene non regge affatto. Semmai è proprio con la Comunione nella mano che i fedeli divengono veicolo d’infezioni contro se stessi. Le mani infatti che ricevono l’ostia hanno toccato inevitabilmente maniglie di case e di negozi; hanno toccato sostegni di autobus; hanno maneggiato denaro carico di milioni di microbi; hanno stretto la mano di conoscenti e del vicino di banco nel dargli il «segno di pace» ecc… E I bambini, che giocano e toccano tutto, hanno le mani pulite? Soltanto l’ipocrisia può suggerire la Comunione nella mano per motivo d’igiene!
D – Ma non è poco serio e dignitoso ricevere la Comunione sulla lingua, facendosi imboccare come un bambino?
Questo non è vero, perché l’Eucaristia non è un cibo umano, ma un cibo divino. La Comunione è la consumazione della vittima divina, Gesù Cristo, immolatosi misticamente nella Santa Messa, ch’è la rinnovazione del sacrificio della Croce. L’uomo davanti a Dio non può mai presumere di essere adulto, dovendo invece sentirsi piccolo e docile come un bambino, sempre bisognoso d’essere nutrito e guidato spiritualmente, nella piena consapevolezza della propria assoluta impotenza nel campo soprannaturale. L’Eucarestia è un dono celeste che ci viene offerto, non un alimento terreno che è nella nostra disponibilità. La Sacra Ostia non è qualche cosa, ma Qualcuno. Pertanto, siamo coinvolti con niente altro che, e nessuno meno grande del il Signore stesso. Gli scritti dei primi Padri della Chiesa continuano ad insegnarci che la prospettiva corretta, nel ricevere la Santa Comunione è “cum amore ac timore” (con l’amore e il timore).
D – Quali sono gli inconvenienti più gravi della Comunione sulla mano? Gli inconvenienti principali e più gravi sono:
1) Dispersione del frammenti. Secondo alcuni teologi moderni, nei frammenti (particelle, anche piccolissime, staccatesi dalla particola consacrata) non c’è Cristo. La Chiesa invece, nel Concilio di Firenze (1437-45) e nel Concilio di Trento (1545-65), ha definito infallibilmente che Gesù Cristo è tutto presente tanto nel frammenti, quanto nell’ostia intera. Finché un frammento è umanamente visibile, anche se di grandezza minima, in esso sussistono tutte le proprietà della sostanza specifica del pane, indicativa certamente della reale presenza di Cristo. L’oro, anche se ridotto a un granellino appena visibile, resta oro, non cambia natura diventando per esempio ferro. Il pane, anche ridotto in polvere, resta sempre pane, come il «pan-grattato» che ogni casalinga usa, così come usa lo zucchero, ii caffè, il sale, il pepe, polverizzati a tal punto da risultare appena palpabili. E’ chiaro che la natura di una sostanza è in tutte le parti che la contengono, anche di minime dimensioni. Perciò anche nei frammenti più piccoli c’è realmente presente Gesù Cristo. Per questo, fin dai primi tempi della Chiesa, uno dei più angosciosi motivi di trepidazione era la caduta a terra dei frammenti ed è per questo motivo che si usa il piattino sotto il mento dei fedeli che ricevono la Comunione sulla lingua, affinché nessun frammento cada per terra. Ora se, nonostante queste precauzioni, qualche piccolo frammento cade sempre sul piattello anche con la Comunione sulla lingua, con la Comunione sulla mano chi potrà frenare la caduta dei frammenti sul pavimento della chiesa, dove verranno calpestati dai passanti? Grandi o minimi che siano questi frammenti, ci si espone alla sistematica profanazione del Corpo di Cristo.
2) Profanazione dell’Ostia consacrata. Con la Comunione sulla mano si va Incontro a ogni sorta di abusi e dl profanazioni. Già dall’autunno del 1969 (da quando cioè si cominciò a concedere il permesso della Comunione sulla mano) i sacrilegi cominciarono a moltiplicarsi. Nel 1980 papa Giovanni Paolo II lanciò un grido d’allarme: «Giungono voci su casi di deplorevoli mancanze di rispetto nel confronti delle Specie Eucaristiche…» (Dominicae Cenae, n. 11). A Roma, in San Pietro, non passa settimana che non si debba rincorrere qualcuno che si porta via l’ostia come souvenir…; dopo le grandi Messe solenni celebrate sul sagrato, accade di trovare sul selciato della piazza, numerose particole, intere o frantumate, cadute di mano e finite sotto i piedi della folla. In questi ultimi anni, poi, anche in Italia si sono verificati furti di ostie consacrate per usarle nei riti satanici, che di recente stanno dilagando in modo vistoso. Con la concessione della Comunione sulla mano, i ladri di particole non hanno più bisogno di esporsi al rischio del furto, perché le ostie consacrate vengono a riceverle tranquillamente in mano, dagli stessi Sacerdoti. Tutto questo non è frutto di fantasia, ma sono fatti documentati!
3)Indebolimento della fede nella Presenza reale. Dopo quasi trent’anni di distanza dall’introduzione in Italia della Comunione sulla mano, si può ben affermare che essa ha contribuito ad indebolire la fede, sia dei fedeli che del chierici, nella reale presenza di Gesù Cristo nell’ostia consacrata e di conseguenza, ha portato a numerose mancanze di rispetto nei confronti del Santissimo Sacramento. La santa Comunione ricevuta in piedi e in mano, ha fatto progressivamente affievolire nel cuore dei credenti la reverenza e la devozione verso l’Eucarestia, considerata e trattata come un pezzo di pane qualsiasi, un semplice simbolo a ricordo dell’Ultima Cena. Non stupisce se oggi molti reclamano a gran voce di avere ?diritto” di fare la Comunione “come gli altri’, anche se vivono in situazioni di palese contraddizione con la fede cattolica: una volta perduta la consapevolezza della presenza reale di Cristo nell’ostia consacrata, essa viene vista semplicemente come il simbolo di una comune fratellanza, a cui tutti hanno diritto di partecipare.
In estrema sintesi diremo che la Comunione sulla lingua è da preferirsi perchè: – E’ la pratica che la Chiesa ricollega alla tradizione apostolica, e rimanda più strettamente a ciò che fece nostro Signore nell’Ultima Cena. – Da moltissimi secoli, è stata scelta e adottata in modo esclusivo dalla Chiesa per evitare gli inconvenienti verificatisi nei primi tempi del Cristianesimo con la Comunione sulla mano. – Evita la caduta a terra e la dispersione dei frammenti, in ciascuno dei quali c’è Gesù Cristo, come la Chiesa ha definito nel Concilio di Trento. – Previene efficacemente il pericolo della profanazione dell’ostia santa. – Vivifica la fede nella presenza reale di Gesù nell’ostia consacrata. – Rende la distribuzione della Comunione molto facile e sbrigativa. – Quanto all’igiene dà migliori garanzie. – È la forma che la Chiesa raccomanda perché del tutto conveniente e ha stabilito che si mantenga, come NORMA universale.
Mentre la Comunione sulla mano – Era stata abolita dopo i primi secoli per i tanti inconvenienti che si verificavano con essa. – Favorisce necessariamente la caduta a terra dei frammenti e la loro dispersione. – Favorisce e facilita la profanazione dell’Ostia consacrata in tanti modi, specialmente con le “messe nere” in onore a Satana. – Affievolisce e, col tempo, fa scomparire la fede nella reale presenza di Gesù Cristo nell’ostia consacrata, riducendola a semplice pane, a semplice simbolo, figura del Corpo di Cristo. – Quanto all’igiene non offre affatto più garanzia. – È la forma che la Chiesa non comanda, né consiglia, ma soltanto permette. Una CONCESSIONE in deroga.
E allora, per non collaborare alla moltiplicazione dei gravi inconvenienti accennati, riflettiamo seriamente e con senso di rispetto e amore a Gesù Eucaristico, torniamo a ricevere sempre la Comunione sulla lingua. Al n. 237 dei “Principi e norme per l’uso del Messale Romano’ si prescrive: «Ogni volta che qualche frammento di Ostia rimane attaccato alle dita, soprattutto dopo la frazione o dopo la comunione dei fedeli, il sacerdote asterge le dita sulla patena, oppure, se necessario, lava le dita stesse. Così pure raccoglie gli eventuali frammenti fuori della patena». E i fedeli? Dove finiranno i frammenti che restano sulle loro dita? Ciascuno esamini se stesso e in coscienza… agisca!
Il Vangelo – Ermes Ronchi
Epifania del Signore
SOLENNITA’
Dio parla la lingua della gioia
Vangelo – Matteo 2, 1-12
Nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, ecco, alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme e dicevano: «Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo». All’udire questo, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme (…).
Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire da loro con esattezza il tempo in cui era apparsa la stella e li inviò a Betlemme dicendo: «Andate e informatevi accuratamente sul bambino e, quando l’avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch’io venga ad adorarlo» (…).
Magi voi siete i santi più nostri, naufraghi sempre in questo infinito, eppure sempre a tentare, a chiedere, a fissare gli abissi del cielo fino a bruciarsi gli occhi del cuore (Turoldo).
Messaggi di speranza oggi: c’è un Dio dei lontani, dei cammini, dei cieli aperti, delle dune infinite, e tutti hanno la loro strada. C’è un Dio che ti fa respirare, che sta in una casa e non nel tempio, in Betlemme la piccola, non in Gerusalemme la grande. E gli Erodi possono opporsi alla verità, rallentarne la diffusione, ma mai bloccarla, essa vincerà comunque. Anche se è debole come un bambino.
Proviamo a percorrere il cammino dei Magi come se fosse una cronaca dell’anima.
Il primo passo è in Isaia: «Alza il capo e guarda». Saper uscire dagli schemi, saper correre dietro a un sogno, a una intuizione del cuore, guardando oltre.
Il secondo passo: camminare. Per incontrare il Signore occorre viaggiare, con l’intelligenza e con il cuore. Occorre cercare, di libro in libro, ma soprattutto di persona in persona. Allora siamo vivi.
Il terzo passo: cercare insieme. I Magi (non «tre» ma «alcuni» secondo il Vangelo) sono un piccolo gruppo che guarda nella stessa direzione, fissano il cielo e gli occhi delle creature, attenti alle stelle e attenti l’uno all’altro.
4. Il quarto passo: non temere gli errori. Il cammino dei Magi è pieno di sbagli: arrivano nella città sbagliata; parlano del bambino con l’uccisore di bambini; perdono la stella, cercano un re e trovano un bimbo, non in trono ma fra le braccia della madre.
Eppure non si arrendono ai loro sbagli, hanno l’infinita pazienza di ricominciare, finché al vedere la stella provarono una grandissima gioia. Dio seduce sempre perché parla la lingua della gioia.
Entrati in casa videro il Bambino e sua Madre… Non solo Dio è come noi, non solo è con noi, ma è piccolo fra noi.
Informatevi con cura del Bambino e fatemelo sapere perché venga anch’io ad adorarlo. Quel re, quell’Erode, uccisore di sogni ancora in fasce, è dentro di noi: è il cinismo, il disprezzo che distrugge i sogni del cuore.
Ma io vorrei riscattare le sue parole e ripeterle all’amico, al teologo, al poeta, allo scienziato, al lavoratore, a ciascuno: hai trovato il Bambino? Cerca ancora, accuratamente, nei libri, nell’arte, nella storia, nel cuore delle cose; cerca nel Vangelo, nella stella e nella parola, cerca nelle persone, e in fondo alla speranza; cerca con cura, fissando gli abissi del cielo e del cuore, e poi fammelo sapere perché venga anch’io ad adorarlo.
Aiutami a trovarlo e verrò, con i miei piccoli doni e con tutta la fierezza dell’amore, a far proteggere i miei sogni da tutti gli Erodi della storia e del cuore.
Letture: Isaia 60, 1-6; Salmo 71; Efesini 3,2-3a. 5-6; Matteo 2, 1-12
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I 10 SEGRETI DI MEDJUGORJE (di Padre Livio Fanzaga):
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6 luglio 2005
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