(p.Albino Candido – Diario di un pellegrino carnico)
16 Dicembre 1979
È difficile credere. È stato difficile per Abramo, per Giuseppe (ciò che è nato in Lei è di Spirito Santo)… Ma credere è un’altra cosa, per Maria.
Perché è difficile? Perché Dio ci propone sempre cose impossibili e incredibili.
Perdono, amare i nemici. È impossibile. (Mi riferisco a quella) fede docile – mite, capace di tuffarsi con rischio, lasciando da un lato le ricerche intelligenti, dall’altro il nostro amor proprio. Se non c’è fede occorre pregare…
A Maria è costata, la fede: ce la insegni e ci conduca per i sentieri della fede.
(p.166)
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Testo contenuto nel capitolo “I disegni di Dio sulla tua vita” (n.117) del libro di Francesco Bersini “LA SAPIENZA DEL VANGELO” (Editrice Ancora Milano)
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Santa Giacinta Marto, veggente di Fatima, ora che tu sei beata in Paradiso, dopo aver sofferto molto alla tua giovanissima età, aiutaci ad essere anche noi generosi verso il Signore ed il prossimo come lo eri tu!
Fa’ che comprendiamo che qualsiasi nostro più piccolo sacrificio offerto al Signore con amore ha un grande valore ai suoi occhi.
Aiutaci, come facevi tu, a meditare sull’eternità dell’inferno per poter anche noi pregare con vero amore per tutti affinché non si dannino.
Santa Giacinta Marto, proteggici sempre anche durante la nostra vita terrena. Intercedi per noi, per i nostri cari, per gli amici, per i conoscenti e per tutta l’umanità, affinché aumenti la nostra fede, la nostra speranza e la carità e assistici durante la nostra ultima ora, insieme a Gesù, Giuseppe e Maria a tutti gli angeli ed ai altri santi.
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Maria e Giuseppe portano Gesù al tempio. Una giovanissima coppia col suo bambino arriva portando l’offerta più povera, due tortore, e l’offerta più preziosa del mondo: un bambino. Non fanno in tempo a entrare che le braccia di un uomo e di una donna subito se lo contendono: Gesù non appartiene al tempio, appartiene all’uomo. È nostro.
Sulla soglia incontrano due anziani in attesa.
Orientati a Dio come girasoli alla luce, essi vedono dove altri non possono: straordinari, carichi d’anni, vivi dentro e luminosi fuori, profeti di futuro. Simeone guarda oltre, Anna parla agli altri: simboli di una vecchiaia sapiente e viva, che sa aspettare.
Braccia umane sollevano il figlio di Dio, il primogenito del mondo. Simeone sapeva che non sarebbe morto senza aver visto il Messia, parole scritte anche per me: anch’io non morirò prima di aver visto il mio Signore. Lo vedrò, se sarò come Maria e Giuseppe che, osservanti della legge, si aprono alla profezia: rassicurati dal rito e insieme stupiti dal profeta.
Simeone aspettava la consolazione di Israele, come il cristiano crede tenacemente in qualcosa che può accadere. Occhi che si fanno attenti, che vedono Dio alternarsi tra luce ed ombra, annunci e dubbi, miracolo e quotidiano. Profezia di gioia e di spada, ma sempre e solo Lui.
Simeone rivela tre parole eterne a Maria, per spiegarle suo Figlio: egli è qui per rovina e risurrezione. E’ qui ora, è contraddizione!
“Sii per me rovina e risurrezione, Signore. Non lasciarmi nella falsa pace. Contraddici i miei pensieri con i tuoi, contraddici la mia mediocrità e l’immagine falsa che ho di te. Sii risurrezione quando non ce la faccio, quando ho il vuoto dentro e il buio davanti. Dopo il fallimento, la fedeltà mancata, l’umiliazione bruciante risorgi con le cose che amavo e credevo finite”. (Turoldo).
Nel tempio il figlio è loro… ma non è loro. E’ dato, è offerto ad un altro sogno, perché i figli non sono nostri ma della storia, dell’umanità, della loro vocazione, che noi non conosciamo. Realizzeranno non i nostri, ma il grande desiderio di Dio.
E anche per te, Maria, verrà una spada. Non sei esente. Il dolore ti legherà a tutti i trafitti da spada, perché, lo sai, il dolore non vuole spiegazioni, vuole condivisione! E la fede non è una garanzia, la santità non è l’assicurazione contro la sofferenza. Ma se la spada sembrerà contraddizione e rovina, verrà sempre la terza parola di Simeone: egli è risurrezione!
In quel Bambino che nel tempio passa di braccio in braccio ora è Israele che consola il suo Signore! E Simeone, bellissimo, canta: ho visto la luce da te preparata per tutti..
La mia salvezza è diventare Simeone, come lui prendere Gesù in braccio e vedere la luce che si travasa di mano in mano. Allora anch’io potrò consolare il mio Signore! E con lui la mia porzione di mondo.
Domenica degli inizi, delle cose nuove, di un Dio che non desiste e non ci molla.
Domenica che è come una scossa, un bagliore di speranza dentro il giro lento dei giorni.
Il Vangelo ci mette davanti al più grande atto di fede di Dio nell’uomo.
Adamo ed Eva non si erano fidati di Dio, pensavano che li stesse imbrogliando, negando loro il meglio, cioè diventare come Dio, dominare l’universo: si era lacerata l’alleanza. Lui ha provato a ricucire, molte volte. E “Un giorno, Dio sempre così originale e spiazzante nelle sue trovate, rovescerà in questo modo la questione: l’uomo e la donna non si sono fidati di Dio? Ebbene Dio si fiderà di loro, inventandosi l’Incarnazione.
Si fiderà a tal punto da consegnarsi nelle loro mani inerme, vulnerabile, bisognoso e incapace di tutto, un bimbetto che piange. Si fida, e Miriam, la ragazzina, dice sì e impara a fare la madre” (M. Marcolini).
E Giuseppe, l’uomo innamorato e ferito da dubbi si fida e si mette a servizio di quei due, con le sue mani callose e con i suoi sogni.
Il filo che rammenda lo strappo nella trama d’amore tra Dio e l’uomo si chiama fiducia.
Noi eravamo persi. Non riuscivamo a trovare Dio, ci abbiamo provato con patriarchi, re, profeti, matriarche, ma ci siamo persi, non si trovava la strada giusta.
Succede come quando il navigatore ti molla, in auto, in mezzo al nulla, o a un labirinto di orme e di stradine, vado a destra o a sinistra?… Sono inutili le spiegazioni che chiedi al telefono, a uno lontano, magari a quello che stai andando a trovare. Non vi capite. L’unica soluzione è che venga lui a recuperarti.
Così con noi, è stato Dio a prendere in mano la situazione, è come se dicesse: ho capito che non ce la fate, fermi, restate lì dove siete, vengo io, vi raggiungo io. Ed è l’Incarnazione! Una storia piena di inizi, di novità.
E sceglie una ragazzina, in un paese di grotte, e gli manda l’angelo migliore che ha, Gabriele.
Che vola via dal tempio, sbatte le ali sulla non-fede di Zaccaria, che senza prove non crede che avrà un figlio, alla età sua e della moglie.
L’angelo vola via dalle spianata immensa del tempio e atterra in un monolocale, una mezza grotta con un muretto a secco davanti, in un paese sconosciuto alla bibbia.
Straordinario e sorprendente viaggio: dal sacerdote ad una laica,
dall’anziano a una adolescente,
dalla Città santa a un villaggetto polveroso, nella meticcia Galilea,
dai candelabri d’oro del tempio a una cucina fra pentole e telai,
dal sacro al quotidiano.
Il cristianesimo non inizia al tempio, ma in una casa.
L’angelo Gabriele entrò da lei.
È la prima volta che Dio si rivolge ad una donna nella bibbia.
La prima volta che un angelo saluta una donna, non si faceva, non si salutavano le donne. E che saluto: Rallegrati, gioisci, sii felice. Non le dice: fai questo o quello, inginocchiati, prega, vai o resta. Semplicemente apriti alla gioia come una porta che si spalanca al sole.
Dio è con te. Una espressione forte, che avrebbe dovuto mettere in guardia la ragazza, perché quando Dio dice queste parole, io sono con te, accade che sta affidando a quella persona un compito bellissimo ma arduo (R Virgili), bello ma difficile, come a Mosè a Gedeone.
Maria, avrai un figlio, tuo e di Dio, di terra e di cielo.
Gli darai nome Gesù. E’ la prima volta: nella bibbia mai madre aveva il diritto di dare il nome al figlio, solo il padre.
Ma la ragazza, pronta, intelligente e matura, non si nasconde, dialoga, obbietta, argomenta: spiegami, dimmi come avverrà questo.
E l’angelo: ma è l’infinito che si fa una goccia di sangue, l’immenso che si comprime nel tuo utero, che cosa importa il come! È la luce generante che entra e si aggrappa al tuo grembo buio. Che importa come avverrà?
E tuttavia Gabriele riprende a spiegare l’inspiegabile, a rassicurala, parla di Spirito Santo come all’origine dell’universo, di una nuvola sulla tenda come nel deserto, la invita a pensare in grande, più in grande che può. Fidati, sarà Dio a trovare il come. L’ha trovato anche per Elisabetta. Gabriele fa risuonare anche la voce calda del libro della vita e degli affetti.
L’angelo ha dato l’annuncio, e ora aspetta. Il quel momento tutto l’universo si è fermato, scrive san Bernardo, il fiume ha smesso di scorrere, gli agnelli hanno alzato la testa dal prato, gli uccelli si sono fermati in mezzo al cielo, l’aria si è fatta immobile, in attesa della risposta di Maria.
Noi, io, cosa avremmo risposto? Lasciami pensare, ci dormo sopra stanotte; ne parlo con il mio direttore spirituale, o con il mio psicoterapeuta o almeno con mio marito. Un giorno soltanto.
Invece la ragazzina, forse quattordici anni, in piena incoscienza, dice:
sì, io ci sono, io ci sto, io non scappo.
E se noi siamo qui oggi, se io vi sto parlando, se abbiamo qualche volta ritrovato speranza, se abbiamo avviato cammini interiori, è per quel sì di una adolescente (P. Curtaz).
Per quel sì siamo qui noi, oggi, tutti debitori a lei.
Se possiamo dirci cristiani è per la fede e il coraggio, per la libertà e lo slancio, di quella ragazzina galilea, appena donna, appena sposa.
Ha detto: sì, sono la serva del Signore. Nella bibbia la serva non è “la domestica, la donna di servizio”. Serva del re è la regina, la seconda dopo il re, la prima collaboratrice: Tu sei il Dio dell’alleanza, e io tua alleata, il tuo progetto sarà il mio, la tua storia la mia storia.
Sono la serva, sono l’alleata del Signore delle alleanze.
Invece del vittimismo vecchio di Adamo, invece del dare sempre la colpa agli altri, invece di guardare a tutto ciò che si è rovinato nella nostra vita, a tutte le cose mancate o interrotte, proviamo a dire “sì”, ad allearci con il Dio che fa alleanza con tutto ciò che vive, a fare della nostra vita un “sì”, uno sgorgare, uno sprigionarsi di alleanze, a benedizione del mondo.
Come quello di Maria, anche il nostro “sì” al progetto di Dio può cambiare la storia; anche noi possiamo segnare nascite sul libro della vita, tracciare alleanze sul calendario della storia.
Non temere, nulla è impossibile a Dio.
E’ possibile che una Vergine generi;
che la Parola torni dall’esilio
e si faccia vagito di neonato;
che dentro il buio di un grembo venga la luce vera.
E’ possibile che la donna peccatrice non venga lapidata ma perdonata; che Lazzaro esca dopo tre giorni dalla tomba e le sue bende siano intrise delle lacrime di Dio; è possibile che il Figlio prodigo sia accolto con una festa. E’ possibile l’impossibile: porgere l’alta guancia, perdonare settanta volte sette, amare i nemici, morire d’amore e risorgere. E’ possibile in questo mondo di disgrazia trovare grazia. Perché Dio è venuto ed è qui.
Gli angeli tornano ancora; ogni giorno se guardi bene vedrai un volo d’angeli attorno alla tua casa; tornano a dirci questo: fidati, l’impossibile è diventato possibile!
Santa Maria: con quel nome sulla chiglia
i padri salpavano
verso mari dai flutti giganti.
Anch’io lo scrivo a prua
della fragile barca che è
la mia vita
e ti chiamo
ti chiamo, santa Maria.
E fioriranno sempre
coraggio e meraviglia.
Giovanni Angelo Abbo (Donna di terra e di cielo, p. 12).
Il vangelo comincia così ed è questo: l’uscita di Dio dal sacro e il suo incarnarsi nel quotidiano.
Il tempio è sterile, è il deserto di Dio, la morte di Dio.
Luca fa ruotare, in una rivoluzione copernicana, la religione giudaica fino a che non diventi cristiana:
– il centro del futuro non è più il tempio ma la casa.
– Dal sacerdozio maschile alla laicità delle donne.
– Dal clericalismo, all’uguaglianza dei ruoli
– Dal nazionalismo giudaico alla Galilea delle genti, che è l’incubatrice del nuovo. Il centro conserva, la periferia innova.
ABRAMO, MARIA VERGINE E GESÙ CRISTO:
Entrambi, in modo specifico, hanno creduto nell’impossibile che Dio può rendere possibile. Abramo ha accettato di compiere un gesto considerato immorale, con l’intenzione di immolare suo figlio Isacco su comando diretto di Dio.
E Dio lo ha gradito, ma non gli ha permesso di portare a termine il comando.
Questo paradosso è l’emblema della fede del cristiano, la quale è una seria e travagliata risposta all’amore di Dio che chiama ciascuno di noi a dimostrargli la nostra fedeltà assoluta, anche a costo di rinunciare a ciò che più amiamo, oltre la legge morale e l’etica comune.
Maria Vergine ha accolto l’invito dell’Angelo, anche se aveva inizialmente paura. Rimanere incinta per opera dello Spirito Santo ed accettare l’evento in quel contesto spazio-temporale è il più grande atto di fede della storia dell’Umanità.
Ella era consapevole che avrebbe rischiato di perdere il promesso sposo Giuseppe e la vita stessa. Ma si fidava completamente di Dio, il quale ha potuto portare a termine il suo immenso progetto d’Amore: l’Incarnazione.
Gesù Cristo ha accettato di affrontare la terribile passione e morte, pur essendo anche di natura divina. Ecco il paradosso dei paradossi: il Padre che ordina al Figlio di lasciarsi torturare e crocifiggere per salvare l’umanità. Moltissimi pensano che avrebbe potuto risparmiarsi una tale tragedia.
Ma chi siamo noi per giudicare il nostro Giudice? A Dio è piaciuto attirare le sue creature attraverso il paradosso della fede, affinché divenissimo consapevoli del suo infinito amore per tutti noi.
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Maria ha dimostrato di avere, grazie al Signore, una fede incrollabile nei confronti di suo Figlio:
Ha creduto all’angelo Gabriele che sarebbe rimasta incinta per opera dello Spirito Santo.
Ha creduto che il bimbo che teneva in grembo era Dio incarnato in Gesù Cristo.
Ha creduto nonostante abbia partorito in una situazione di emergenza e di povertà.
Ha creduto quando insieme a Giuseppe ed al bambino ha dovuto fuggire in Egitto.
Ha creduto nonostante suo figlio dodicenne avesse lasciato perdere le sue tracce per parlare con i dottori del tempio.
Ha creduto alle nozze di Cana.
Ha creduto durante la passione di suo Figlio e sotto la croce, quando quasi tutti i discepoli erano fuggiti.
Ha creduto nonostante la morte di suo Figlio e la sepoltura.
Ha creduto per tutta la vita nella Risurrezione di suo Figlio.
ALCUNI LIBRI DI PIER ANGELO PIAI
GUARIRE LA MENTE PER GUARIRE IL CORPO: http://www.edizionisegno.it/libro.asp…
LA SPIRALE DELLA VITA (riedizione) : http://www.edizionisegno.it/libro.asp…
L’ANIMA ESISTE ED È IMMORTALE ed. Segno http://www.edizionisegno.it/libro.asp…
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VERSO L’ETERNITÀ (commenti su 4 anni di messaggi della Regina della Pace) http://www.edizionisegno.it/libro.asp…
LA STIMMATIZZATA DI UDINE (Storia autentica di Raffaella Lionetti, dotata di speciali carismi) http://www.edizionisegno.it/libro.asp…
FIAMMA D’AMORE DEL CUORE IMMACOLATO DI MARIA http://www.edizionisegno.it/libro.asp…
CONCETTA BERTOLI – La donna che vide la terza guerra mondiale http://www.edizionisegno.it/libro.asp…
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Per poter accedere al Paradiso bisogna avere un cuore aperto all’amore per Dio e per il prossimo.
Questo non è semplice perché chi si fida delle sole sue forze rischia di fallire perché senza di Lui non possiamo fare nulla ed ognuno di noi è estremamente fragile.
Durante la vita terrena dobbiamo combattere contro i desideri della carne, contro la mentalità corrente del mondo e contro gli spiriti del male, i quali sono molto potenti e riescono ad ingannare con molti sotterfugi.
Gesù Cristo ci ha lasciato la Chiesa ed i Sacramenti: con la Confessione possiamo essere perdonati dai nostri peccati, con l’Eucaristia riceviamo la forza per poter compiere il cammino di salvezza.
Per poter accedere al Paradiso, quindi, dobbiamo chiedere allo Spirito Santo i vari doni, soprattutto l’umiltà e l’altruismo per operare in famiglia, nella società e nella Chiesa stessa.
Una preghiera efficace, oltre al Padre nostro, all’Ave Maria frequenti, ed alle indulgenze è quella rivolta alla famiglia di Nazareth: Gesù, Giuseppe, Maria vi dono il cuore e l’anima mia, Gesù, Giuseppe e Maria assistetemi nell’ultima agonia, Gesù, Giuseppe e Maria spiri in pace con voi l’anima mia.
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Riflettendo sugli scritti di San Franccesco di Sales…
Ognuno vive il suo cristianesimo nella situazione esistenziale in cui si trova. Dio non fa preferenze di persona, ma gli è gradito chi corrisponde al suo amore. Si può essere studenti, operai, artigiani, casalinghe, professionisti, militari, imprenditori, monaci ecc.
Se noi offriamo la giornata al Signore sin da quando ci alziamo al mattino, ciò è ottima cosa ai suoi occhi. In ogni situazione in cui ci troviamo noi possiamo lodare e glorificare Dio amando il prossimo ed accettando ciò che Egli dispone per noi secondo la sua volontà.
L’importante, dunque, è pensare e fare tutto in stretta unione con il Signore Gesù Cristo, il quale non ha disdegnato di lavorare per tanti anni nella bottega di Giuseppe e si è poi attivato nella vita pubblica per beneficare tutta l’umanità.
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Il Vangelo a cura di Ermes Ronchi
Santa Famiglia – anno C – 2018
La Famiglia di Nazaret «scuola» di amore
Vangelo – Lc 2, 41-52
I genitori di Gesù si recavano ogni anno a Gerusalemme per la festa di Pasqua. Quando egli ebbe dodici anni, vi salirono secondo la consuetudine della festa. Ma, trascorsi i giorni, mentre riprendevano la via del ritorno, il fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero. Credendo che egli fosse nella comitiva, fecero una giornata di viaggio, e poi si misero a cercarlo tra i parenti e i conoscenti; non avendolo trovato, tornarono in cerca di lui a Gerusalemme.
Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai maestri, mentre li ascoltava e li interrogava. E tutti quelli che l’udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte.
Al vederlo restarono stupiti, e sua madre gli disse: «Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo». Ed egli rispose loro: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?». Ma essi non compresero ciò che aveva detto loro.
Scese dunque con loro e venne a Nàzaret e stava loro sottomesso. Sua madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore. E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini.
Commento di p.Ermes
Maria e Giuseppe cercano per tre giorni il loro ragazzo: figlio, perché ci hai fatto questo? tuo padre e io angosciati ti cercavamo. La famiglia di Nazaret la sentiamo vicina anche per questa sua fragilità, perché alterna giorni sereni, tranquilli e altri drammatici, come accade in tutte le famiglie, specie con figli adolescenti, come era Gesù.
Maria più che rimproverare il figlio, vuole capire: perché ci hai fatto questo? Perché una spiegazione c’è sempre, e forse molto più bella e semplice di quanto temevi. Un dialogo senza risentimenti e senza accuse: di fronte ai genitori, che ci sono e si vogliono bene – le due cose che importano ai figli- c’è un ragazzo che ascolta e risponde. Grande cosa il dialogo, anche faticoso: se le cose sono difficili a dirsi, a non dirle diventano ancora più difficili.
Non sapevate che devo occuparmi d’altro da voi? I figli non sono nostri, appartengono a Dio, al mondo, alla loro vocazione, ai loro sogni. Un figlio non deve impostare la propria vita in funzione dei genitori, è come fermare la ruota della creazione.
Non lo sapevate? Ma come, me lo avete insegnato voi il primato di Dio! Madre, tu mi hai insegnato ad ascoltare angeli! Padre, tu mi hai raccontato che talvolta la vita dipende dai sogni, da una voce: alzati prendi il bambino e sua madre e fuggi in Egitto.
Ma essi non compresero. E tuttavia Gesù tornò a Nazaret e stava loro sottomesso. C’è incomprensione, c’è un dolore che pesa sul cuore, eppure Gesù torna con chi non lo capisce. Afferma: Io ho un altro Padre e tuttavia sta con questo padre. E cresce dentro una famiglia santa e imperfetta, santa e limitata. Sono santi i tre, sono profeti, eppure non si capiscono. E noi ci meravigliamo di non capirci nelle nostre case?
Si può crescere in bontà e saggezza anche sottomessi alla povertà del mio uomo o della mia donna, ai perché inquieti di mio figlio, ai limiti dei genitori.
Gesù lascia il tempio e i maestri della Legge e va con Giuseppe e Maria, maestri di vita; lascia gli interpreti dei libri, e va con chi interpreta la vita, il grande Libro. Per anni impara l’arte di essere uomo guardando i suoi genitori vivere.
Da chi imparare la vita? Da chi ci aiuta a crescere in sapienza e grazia, cioè nella capacità di stupore infinito. I maestri veri non sono quelli che metteranno ulteriori lacci o regole alla mia vita, ma quelli che mi daranno ulteriori ali, che mi permetteranno di trasformare le mie ali, le cureranno, le allungheranno. Mi daranno la capacità di volare. Di seguire lo Spirito, il vento di Dio.
La casa è il luogo del primo magistero, dove i figli imparano l’arte più importante, quella che li farà felici: l’arte di amare.
(Letture: 1 Samuele 1,20-22.24-28; Salmo 83; 1 Giovanni 3,1-2.21-24; Luca 2,41-52)
https://www.avvenire.it/rubriche/pagine/la-famigliadi-nazaret-scuola-di-amore
Natale è celebrare l’inedito di Dio, o meglio, un Dio inedito, che ribalta le nostre logiche e le nostre attese. Fare Natale, allora, è accogliere in terra le sorprese del Cielo. Non si può vivere “terra terra”, quando il Cielo ha portato le sue novità nel mondo. Natale inaugura un’epoca nuova, dove la vita non si programma, ma si dona; dove non si vive più per sé, in base ai propri gusti, ma per Dio; e con Dio, perché da Natale Dio è il Dio-con-noi.
Vivere il Natale è lasciarsi scuotere dalla sua sorprendente novità. Il Natale di Gesù non offre rassicuranti tepori da caminetto, ma il brivido divino che scuote la storia. Natale è la rivincita dell’umiltà sull’arroganza, della semplicità sull’abbondanza, del silenzio sul baccano, della preghiera sul “mio tempo”, di Dio sul mio io. Fare Natale è fare come Gesù, venuto per noi bisognosi, e scendere verso chi ha bisogno di noi.
È fare come Maria: fidarsi, docili a Dio, anche senza capire cosa Egli farà. È fare come Giuseppe: alzarsi per realizzare ciò che Dio vuole, anche se non è secondo i nostri piani. San Giuseppe è sorprendente: nel Vangelo non parla mai e il Signore gli parla proprio nel silenzio, nel sonno.
Natale è preferire la voce silenziosa di Dio ai frastuoni del consumismo. Se sapremo stare in silenzio davanti al presepe, Natale sarà anche per noi una sorpresa, non una cosa già vista.
Purtroppo, però, si può sbagliare festa, e preferire alle novità del Cielo le solite cose della terra. Se Natale rimane solo una bella festa tradizionale, dove al centro ci siamo noi e non Lui, sarà un’occasione persa. Per favore, non mondanizziamo il Natale!
Non mettiamo da parte il Festeggiato, come allora, quando «venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto» (Gv 1,11). Udienza Generale (19/12/2018)
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SANTA FAMIGLIA – Lc 2, 22-40
di p. Ermes Ronchi
Benvenuti all’incontro con il Signore, portando la gioia e il peso delle nostre famiglie, i sorrisi e le lacrime, tutti i ‘perché’ senza risposta, ciascuno pastore di un piccolo gregge affidato alle sue cure. Per questo chiediamo il dono di un cuore affidabile, coraggioso e tenace.
OMELIA
Maria e Giuseppe portarono il Bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore. Una giovanissima coppia col suo primo bambino arriva portando la povera offerta dei poveri, due tortore, e la più preziosa offerta del mondo: un bambino.
Non fanno nemmeno in tempo a entrare che subito le braccia di un uomo e di una donna si contendono il bambino. Sulle braccia di due anziani, riempito di carezze e di sorrisi, passa dall’uno all’altro il futuro del mondo: la vecchiaia del mondo che accoglie fra le sue braccia l’eterna giovinezza di Dio.
Il piccolo bambino è accolto non dagli uomini delle istituzioni, ma da un anziano e un’anziana senza nessun ruolo ufficiale, però due innamorati di Dio che hanno occhi velati dalla vecchiaia ma ancora accesi dal desiderio. Perché Gesù non appartiene all’istituzione, ma all’umanità, nella vita che finisce e in quella che fiorisce.
‘E’ nostro, di tutti gli uomini e di tutte le donne. Appartiene agli assetati, a quelli che non smettono di cercare e sognare mai, come Simeone; a quelli che sanno vedere oltre, come la profetessa Anna; a quelli capaci di incantarsi davanti a un neonato, perché sentono Dio come futuro’ (M. Marcolini).
Mosso dallo Spirito Simeone si reca al tempio e lo accoglie fra le sue braccia.
Un vecchio e un neonato, una vita che si chiude e una vita appena fiorita e su questo sfondo il futuro che riprende a scorrere. Infatti Simeone, l’anziano, comincia a parlare non più del passato, come sono soliti fare gli anziani, ma del futuro come fanno i giovani. Ecco un passato stanco inizia a celebrare un possibile domani giovane.
Lo Spirito aveva rivelato a Simeone che non avrebbe visto la morte senza aver prima veduto il Messia. Sono parole che lo Spirito ha conservato nella Bibbia perché io, noi, le conservassimo nel cuore: anche tu, come Simeone, non morirai senza aver visto il Signore. È speranza. È Parola di Dio. La tua vita non finirà senza risposte, senza incontri, senza luce. Verrà anche per te il Signore, verrà come aiuto in ciò che fa soffrire, come forza di ciò che fa partire.
Io non morirò senza aver visto l’offensiva di Dio, l’offensiva del bene, l’offensiva della luce che è già in atto dovunque, l’offensiva del lievito, del granello di senape.
Poi Simeone canta: ho visto la luce da te preparata per tutti. Ma quale luce emana da Gesù, da questo piccolo figlio della terra che sa solo piangere e succhiare il latte e sorridere agli abbracci?
Simeone ha colto l’essenziale: la luce di Dio è Gesù, luce incarnata, carne illuminata, storia fecondata, amore in ogni amore. La salvezza non è un opera particolare, ma Dio che è venuto, si lascia abbracciare dall’uomo, è qui adesso, mescola la sua vita alle nostre vite e nulla mai ci potrà più separare.
Simeone dice poi tre parole immense a Maria, che sono per tutti noi, perché Maria è l’icona di tutti i discepoli: egli è qui come caduta e risurrezione, come segno di contraddizione perché siano svelati i pensieri dei cuori.
Caduta. Risurrezione. Contraddizione.
Cristo come caduta. Caduta dei nostri piccoli o grandi idoli, che fa cadere in rovina il nostro mondo di maschere e bugie, che rovina la vita insufficiente e malata, la vita che è solo illusione di vita. Gli spiriti impuri nel vangelo di Marco se ne accorgono: che c’è fra noi e te Gesù di Nazaret? Sei venuto a rovinarci? Sì, Gesù è venuto a rovinare tutto ciò che rovina l’uomo, a demolire prigioni; a portare spada e fuoco per tagliare e bruciare tutto ciò che non è amore.
A rovinare il regno dei desideri sbagliati che si impossessano dell’uomo: denaro, successo, potere, egoismi.
Ad essi, padroni del cuore, Gesù dice due sole parole: taci, esci da lui.
Tace e se ne va questo mondo sbagliato. Vanno in rovina, come aveva sognato Isaia, le spade e diventano falci, si spezza la conchiglia e appare la perla. Perla della creazione è l’uomo libero e amante.
Posso diventarlo anch’io, se il vangelo diventa in me passione e incanto. Patimento e parto. Allora scopro “Cristo, mia dolce rovina” (Turoldo), che rovina in me tutto ciò che non è amore, getta via dalle mie braccia le cose morte e dilata gli orizzonti che respiro. Cristo mia dolce rovina, impossibile amarti impunemente, impossibile amarti e non pagarne il prezzo in moneta di vita nuova.
**Egli è qui per la risurrezione: egli è qui come forza che mi ha fatto ripartire quando credevo che per me fosse finita, quando avevo il vuoto dentro e il nero davanti agli occhi. E se sono caduto sette volte mi ha rialzato otto volte. Risurrezione della nobiltà che c’è in ogni uomo, anche il più perduto e disperato.
*** Cristo come contraddizione: i suoi pensieri non sono i nostri pensieri, le sue vie non sono le nostre vie; lui contraddice la mia quieta mediocrità, tutto il disamore. Contraddice le idee sbagliate che ho su Dio.
Caduta, risurrezione contraddizione. Tre parole che danno respiro e movimento alla vita.
Gesù ha il luminoso potere di far vedere che le cose sono abitate da un oltre.
Nell’ultima preghiera del giorno, a ogni calar della notte, monaci e monache, anziani fedeli e giovani profeti, da secoli, da millenni, in ogni angolo della terra, ripetono queste parole di Simeone: Ora lascia che il tuo servo vada in pace, perché i miei occhi hanno visto la tua luce.
Io ho visto la luce. Atto di fede. Che voglio ripetere, ad occhi aperti: io ho visto la luce. Io guardo e vedo Dio all’opera, oggi, acceso come luce improvvisa, come fioritura inattesa. Vite rimesse in piedi.
Io ho visto e vedo ancora lo Spirito smuovere istituzioni che parevano immobili e accendere fuochi da stoppini smorti.
Io ho visto e vedo adesso Gesù, come caduta degli idoli, come speranza dentro ogni sconfitta, contraddizione di tutto ciò che contraddice l’amore.
Come Simeone, occhi velati e accesi, io ho visto la luce e come lui benedico.
Tornarono quindi alla loro casa. E il Bambino cresceva e la grazia di Dio era su di lui. Tornarono alla santità, alla profezia e al magistero della famiglia, che vengono prima di quelli del tempio. Tornarono alla famiglia, come faremo noi, a sapersi stupire ancora e sempre per la bellezza degli affetti, quegli antichi e quelli nuovi.
Alla famiglia che è santa perché la vita e l’amore vi celebrano la loro festa, e ne fanno la più viva fessura e feritoia dell’infinito.
LA BENEDIZIONE DELLA CASA
Benedici ogni casa, Signore.
Il sacrificio fedele dell’amore,
la poesia dei gesti quotidiani,
la risurrezione di ogni alba,
i risvegli accanto a chi amo,
l’amore racchiuso dentro una carezza.
Benedici ogni casa,
quando la sera accoglie in sé le vite,
quando al mattino si offre alla luce,
quando accoglie ospiti e pellegrini e amici
attorno alla tavola, tuo primo altare.
Benedici ogni casa,
che sia nido e vela,
profumata di pane e di fatica,
i suoi miracoli, i suoi misteri,
l’amore sotto ogni silenzio,
la speranza sotto ogni paura.
Benedici la mia casa, Signore,
anche nei giorni in cui
allo slancio subentra la stanchezza
e la fatica sembra scolorire la gioia.
Benedici gli occhi semplici sulle cose,
il cuore che respira l’infinito,
l’istante che brilla nell’eterno
e l’eterno che abita l’istante.
Benedici me, Signore,
con la presenza dei miei cari
E possa tu benedire loro
con la mia presenza.
Preghiera alla comunione
O Signore, tu sei qui, sei in me,
venuto in questo piccolo, povero tempio che sono io.
Ti accolgo fra le mie braccia, come Simeone e Anna.
Ti offro un po’ di calore. E ti prego:
sii per me rovina e risurrezione, Signore.
Non lasciarmi mai nell’indifferenza, nella falsa pace.
Cristo, mia dolce rovina, che rovini la vita insufficiente,
la vita morente, il mio mondo di maschere e di bugie,
che rovini la vita illusa,
contraddicimi, Signore.
Contraddici i miei pensieri con i tuoi pensieri,
le mie scelte di comodo,
il Narciso che è in me.
Contraddici l’immagine falsa che ho di te
e i miei piccoli amori.
Vieni come una breccia, come un varco verso orizzonti più grandi,
come una falla di luce che si insinua nelle mie ombre.
E sii la mia risurrezione, Signore,
quando credo che per me sia finita,
quando ho il vuoto dentro e il buio davanti agli occhi.
Sii mia risurrezione dopo il fallimento facile,
dopo una fedeltà mancata, dopo una umiliazione bruciante.
E poi risorgi, Signore,
con le cose che amavo e credevo finite,
risorgi dando respiro alla vita
dando futuro a chi crede di avere solo un passato.
Amen.
Dice il Salmo: “Se Dio non edifica la casa, i costruttori faticano invano.” I costruttori faranno appartamenti, condomini, ma la casa è solo Dio che la fa
Il Vangelo – Ermes Ronchi
IV Dom di Avvento – anno A – 2016
Giuseppe, il giusto con gli stessi sogni di Dio
Vangelo – (Matteo 1,18-24)
Così fu generato Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe suo sposo, poiché era uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto. Però, mentre stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati». Tutto questo è avvenuto perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: «Ecco, la vergine concepirà e darà alla luce un figlio: a lui sarà dato il nome di Emmanuele», che significa “Dio con noi”. Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore e prese con sé la sua sposa.
Tra i testimoni d’Avvento, tra coloro che rendono, «testimonianza alla luce» (Gv 1,7.8) e ci accompagnano al Natale, entra Giuseppe, uomo giusto che sogna e ama, non parla e agisce.
Prima che andassero a vivere insieme Maria si trovò incinta. Sorpresa assoluta della creatura che arriva a concepire l’inconcepibile, il proprio Creatore. Qualcosa che però strazia il cuore di Giuseppe, che si sente tradito. Ed entra in crisi: non volendo accusarla pubblicamente pensò di ripudiarla in segreto. Vive il conflitto tra la legge di Dio che ribadisce più volte: toglierai di mezzo a te il peccatore (cfr Deut 22,22) e l’amore per quella giovane donna.
Giuseppe è innamorato di Maria, non si dà pace, continua a pensare a lei, a sognarla di notte. Ma basta che la corazza della legge venga appena incrinata, scalfita dall’amore, che lo Spirito irrompe e agisce.
Mentre stava considerando queste cose, ecco che in sogno un angelo… Giuseppe, mani indurite dal lavoro e cuore intenerito e ferito, non parla ma sa ascoltare i sogni che lo abitano: l’uomo giusto ha gli stessi sogni di Dio. Giuseppe fece come gli aveva detto l’angelo, sceglie l’amore per Maria, perché «mettere la legge prima della persona è l’essenza della bestemmia» (Simone Weil).
E in questo modo è profeta che anticipa e prepara le scelte che farà Gesù, quando infrangerà la legge del sabato per guarire il dolore dell’uomo. Eccoli i giusti: «la nostra unica regola è l’amore; lasciare la regola ogni volta che essa è in contrasto con l’amore» (sorella Maria di Campello)
Maria lascia la casa del sì detto a Dio e va nella casa del sì detto a un uomo, ci va da donna innamorata, con il suo cuore di carne, in tenerezza e libertà.
Maria e Giuseppe, poveri di tutto ma non d’amore, sono aperti al mistero proprio perché se c’è qualcosa sulla terra che apre la via all’assoluto, questa cosa è l’amore, luogo privilegiato dove arrivano angeli. Il cuore è la porta di Dio.
Giuseppe prende con sé Maria e il bambino, quel figlio che non ha generato, di cui però sarà vero padre perché lo amerà, lo farà crescere, lo farà felice, gli insegnerà il mestiere di uomo, e a sognare, e a credere nell’amore.
Giuseppe non ha sogni di immagini, ma sogni di parole. Un sogno di parole è offerto anche a tutti noi: è il Vangelo.
E sono offerti angeli: in ognuna delle nostre case Dio manda i suoi messaggeri, come in quella di Maria; invia sogni e progetti, come in quella di Giuseppe. I nostri angeli non hanno ali, sono le persone che condividono con noi pane e amore; vivono nella nostra casa ma sono messaggeri dell’invisibile e annunciatori dell’infinito: angeli che nella loro voce portano il seme della Parola di Dio.
(Letture: Isaia 7,10-14; Salmo 23; Romani 1,1-7; Matteo 1,18-24).
Fonte https://www.avvenire.it/rubriche/pagine/giuseppe-il-giusto-con-gli-stessi-sogni-di-dio
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