Emanuele Franz è un filosofo friulano, il quale ha deciso di scrivere un suo libro dimorando in un bidone delle immondizie per qualche giorno. Il libro si intitola: “PAZZI DI DIO” – La santa follia da Diogene di Sinope agli Stolti di Cristo, dai Veda ad Albert Einstein (ed.Audax)
È naturalmente una provocazione e in questo video lui stesso spiega le motivazioni di questo singolare comportamento…
Lo stesso Noam Chomsky, dopo averlo letto scrive:”Una tesi davvero audace e sinora inaudita. Portarne alla luce tutte le conseguenze potrebbe essere davvero un grande traguardo”
Altro video eelaborato su un testo (pag.207) di Emanuele Franz “PAZZI DI DIO” – La santa follia da Diogene di Sinope agli Stolti di Cristo, dai Veda ad Albert Einstein (ed.Audax)
IL MONDO COME GIOCO (di Dio) dal libro “Pazzi per Dio” di Emanuele Franz.
(p.180)
Una mia riflessione personale dopo la lettura del capitolo…
Personalmente penso che il “divertimento gioioso” di Dio consista nel creare l’uomo intelligente con il libero arbitrio, cioè lasciandolo libero di effettuare un vasto campo di scelte le quali possono essere neutre, buone o cattive. Naturalmente, essendo l’uomo ad immagine e somiglianza di Dio, le scelte giuste sono quelle conformi alla sua stessa natura, per cui l’uomo può decidere di scegliere anche la via sbagliata, cioè quella contraria alla sua vera essenza ontologica, ma non può pretendere l’approvazione divina.
Quando l’uomo sceglie il “bene” volontariamente, allora glorifica Dio.
Il Signore gode delle scelte “positive” delle sue creature: più sono libere e volontarie più lo glorificano. In questo senso agli occhi di Dio tutta la creazione è un gioco, termine che andrebbe purificato dal suo antropomorfismo, ma esprime una lontanissima idea su qualcosa della attività divina.
È per questo che spesso Dio lascia vivere a lungo molti di coloro che non credono in Lui o agiscono contro i comandamenti dell’Amore. Egli conosce alla perfezione ogni uomo ed aspetta l’occasione giusta per toccargli il cuore. Se meditiamo sul buon ladrone ammesso al Paradiso, possiamo intuire che i piani di Dio sono molto misteriosi e nessuno potrebbe comprenderli profondamente. Egli esulta davvero per ogni peccatore pentito…
Dal Diario di un pellegrino carnico di p. Albino Candido 24 Settembre 1983 (p.284)
Hai fatto troppo tentatore il mondo. Te l’ho detto cento volte. Chi può fargli fronte e chi no. Ma Tu tenti più di tutto il mondo e il suo contenuto. Gli occhi Tuoi mi risucchiano. Non Ti grido aiutami, ma rivelati. Rivela il gioco che i Santi presentano o fingono dramma. Rivela.
Non Ti costa nulla. È un gioco! È un gioco per Te. E Ti dico che lo so. È un gioco per Te.
Dopo tanto scorrere di sangue nei modi più atroci… il Tuo… il Tuo… il Tuo… il Tuo… che è quello di ognuno di tutti. Malgrado quel sangue che gronda a rigagnoli, a fiumi, a chiazze, a tiepide pozze, a grumi che imbrunano la terra che vermigliano fiale feline, rapaci. Dopo tutto quel diluvio vindice che vale il canto, la parola, il fiore, la fiamma accanto all’altare?! Il gesto è solo culto, forma, è gesto. Il contenuto lo esprime chi Ti conosce come uomo. È pur vero che sei uomo uomo uomo uomo uomo uomo. È vero! È vero! È vero! Ma è vero che impossibile è riconoscerti uomo che scendi dalle stelle. Vieni dal ventre di madre fanciulla, ma Ti credo Dio pur nel Tuo umano nascondimento, nel tuo seppellirti nell’uomo che attende di essere rivelato a se stesso.
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O Spirito Santo, vieni in me, fai di me il tuo santo Tempio, rafforza ed aumenta la mia la fede, rinvigorisci la mia speranza ed accendi la mia carità!Tu sei Amore Onnipotente e puoi tutto.
Mi stai sostenendo sin dal concepimento ed io molto spesso purtroppo vengo distratto da altre cose, troppo preso da cose passeggere e corruttibili. Aiutami a cantare sempre le tue lodi, Signore delle meraviglie, Creatore di tutto ciò che esiste.
Nessuna forma di speculazione intellettuale e filosofica mi procura la serenità interiore e la gioia che accompagnano la consapevolezza della tua amabile presenza.
Senza di Te tutto mi appare più arido e privo di senso. Con te la mia visione del mondo si tinge di più colori e si illumina di una luce particolare. Fa’ che ogni più piccola scoperta con te faccia crescere il mio stupore per la tua infinita creatività.
Vieni Spirito Santo a governare e dirigere il mio universo interiore.
Che io possa vivere in Te con uno sguardo puro, con intenzioni rette, con opere giuste secondo il tuo volere.
Lode, onore e gloria a Te in ogni istante della mia esistenza!
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Dio dice di se stesso: “Io sono”
Ciò significa che è Lui il vero Essere che dona l’esistenza a tutto ciò che esiste.
Il termine “io” lo riferiamo anche a noi personalmente. Esso in qualche modo coincide anche con l’autopercezione, anche se in realtà noi percepiamo noi stessi perché esiste in noi un principio di appercezione puro e trascendentale, dimostrabile anche con la stessa logica umana.
In effetti, quando penso a me come soggetto, inconsciamente nego di essere altro da me: Io non sono Tu e Tu non sei me.
La nostra mente cosciente può procedere per negazione dell’oggettività, per arrivare ad intuire qualcosa della nostra soggettività.
Dal momento che percepisco il mio corpo opero una sua oggettivazione…
Quando penso alla mia mente, anche qui procedo per oggettivazione di tutti i suoi contenuti…
Quando penso alla mia auto-coscienza non posso fare a meno del processo di oggettivazione…
In questo modo intuisco che nel più profondo del mio essere c’è un principio non oggettivabile che sfugge ad ogni applicazione della mia logica umana e non è rappresentabile in alcun modo, quindi è trascendente.
Un principio che in qualche modo ci ricorda “l’Io sono” divino, in quanto noi siamo fatti ad immagine e somiglianza di Dio.
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Ogni uomo nasce “filosofo” dal momento che la sua visione del mondo si evolve ed interagisce con quella degli altri.
Anche i filosofi più famosi, per quanto geniali, debbono il loro pensiero all’interazione di milioni di altri pensieri che poi formano e fanno evolvere il linguaggio, la tradizione, la cultura ecc.
Non possiamo dire con sicurezza che una sola affermazione filosofica abbia rivoluzionato il pensiero umano nel senso esclusivo. Ogni riflessione, ogni forma di dialogo, ogni tipo di ricerca, ogni scoperta ecc. hanno condizionato le affermazioni filosofiche dei grandi maestri del pensiero.
Tutti, piccoli e grandi, abbiamo una mente che è stimolata ad indagare in qualsiasi campo dello scibile umano, anche annaspando tra i luoghi comuni o le banalità.
Le affermazioni filosofiche di rilievo che sono diventate famose, sono sempre il frutto di elaborazioni precedenti al grande filosofo, il quale ha personalizzato idee e concetti filtrando tutto con le proprie categorie mentali ed utilizzando la sua geniale dialettica, e così ha dato un impulso anche agli altri consentendo la generazione di nuove idee.
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La filosofia è una disciplina umanistica che stimola l’intelligenza a porre domande sul senso della vita e a imbastire una risposta; ci aiuta e guida quindi nelle scelte di vita. Vien da sé, che la filosofia aiuta l’uomo a risolvere i suoi problemi, vuoi di ordine morale e perché no, anche spirituali; se la vita non ha “un senso”, l’attività diventa inquietudine e il tempo libero, ozio.
Una vita così non vale neanche la pena di essere vissuta e finisce per rendere miserabili anche gli anni della vecchiaia, che sono gli anni della saggezza. Questa situazione risulta inevitabile se viviamo senza sapere chi siamo, da dove veniamo, perché siamo qui, che cosa é bene e che cosa é male.
La filosofia è una pratica indispensabile all’uomo, perchè tiene desta la coscienza; e quando una coscienza è desta, sa come evitare e anche superare gli ostacoli che la vita presenta a tutti noi, nessuno escluso. Senti come Epitteto descriveva la gente del suo tempo: “I più vanno in giro con l’aria di essere qualcuno e non sono nessuno; sempre in ansia, incuranti di quel che hanno e smaniosi di ottenere ciò che non hanno. In balia dei propri impulsi, sono come eterni bambini che oscillano dal pianto all’euforia”.
Ecco la filosofia, che impedisce di diventare schiavi della mentalità corrente o conformismo, salvo poi lagnarsene ad ogni piè sospinto, come sentiamo tutti i giorni. Le lamentele son spesso frutto dei nostri stessi errori; siamo noi stessi ad accendere il fuoco (oggi diremo il cerino) delle nostre rogne, diceva un monaco medievale.
In breve, si potrebbe vivere una vita felice e pienamente appagante; solo due cose sono necessarie. Ecco la prima: rendersi conto che i soldi, onori e i piaceri non fanno felici coloro che li possiedono e che é possibile invece vivere in un altro modo. La seconda: si tratta di decidersi una buona volta di cambiare, con la disponibilità a rivoluzionare mentalità e stile di vita, senza rimandare sempre al giorno dopo. Se c’è questa filosofia di vita a monte, la vita assume subito un’altro “sapore”.
I filosofi, ai nostri giorni, sono stati rinchiusi in un “recinto”; dovremmo ritornare a dare loro voce o l’umanità partorirà mostri, come sta avvenendo in campo bioetico. Qualche Comune infatti ha istituito lo “Sportello di Consulenza filosofica”; un solo esempio ma ne potrei citare tanti altri:http://www.comune.liscate.mi.it/sportello-consulenza-filosofica-anche-2019/
Un supporto per aiutare chi è in difficoltà a ricostruire una visione del mondo distorta dalle tante difficoltà che si incontrato ai nostri giorni. Ultimamente infatti i filosofi stanno prendendo il posto degli psicologi.
“La filosofia non asciuga lacrime né dispensa sorrisi, ma dice la sua parola sulla verità delle lacrime e dei sorrisi e questa è umanità”. (da “Atto ed essere” del Prof. Michele Federico Sciacca.) Questa è di Seneca, presa dalle sue: Epistulae morales ad Lucilium:
“La filosofia non è un’arte fatta per essere ostentata; consiste non in parole, ma in fatti. E non la si usa per trascorrere piacevolmente le giornate o per scacciare la nausea che viene dall’ozio; forma e plasma l’animo, regola la vita, governa le azioni, siede al timone e dirige il corso in mezzo ai pericoli del mare in tempesta. Senza di essa nessuno può vivere tranquillo, nessuno sicuro; in ogni istante capitano innumerevoli eventi che richiedono una direttiva, e questa deve essere chiesta alla filosofia”.
Scusate la prolissità ma se serve a farvi comprendere perchè la filosofia è importante, non ho faticato invano.
https://it.quora.com/A-cosa-serve-la-filosofia-ai-giorni-nostri?__nsrc__=4
Eugenio Carretta
L’individuazione delle fasi della vita dipende da chi le cataloga e dalla sua visione della vita.
Ci sono macro-fasi e micro-fasi.
Le macro-fasi più o meno le conosciamo sia oggettivamente che soggettivamente.
Ci sfuggono, invece, le “micro-fasi” perché ci pensiamo pochissimo..
Per un filosofo, abituato a riflettere sulle micro-fasi ogni istante è una nuova fase perché nessuno è perfettamente uguale all’istante precedente, né fisicamente, né mentalmente. Questo perché lo stato di coscienza di ogni persona varia anche impercettibilmente ad ogni esperienza.
La nostra coscienza vede l’universo in continuo dinamismo che interagisce con essa: muta l’universo e la visione stessa dell’universo.
Ti propongo una mia riflessione di tempo fa:
LA FILOSOFIA DELL’ISTANTE
La filosofia dell’istante può costituire un buon supporto per chiunque si accinge a riflettere e a contemplare il mistero dell’esistenza in rapporto alla Trascendenza per proseguire sulla via più adeguata alla ricerca della Verità.
Si tratta di scrollarsi di dosso tutti i pregiudizi sul tempo che si sono sedimentati nella nostra mente anestetizzata dall’abitudine e dalla superficialità quotidiana.
Sono convinto che questo tipo di riflessioni dovrebbero essere stimolate in noi sin da giovanissimi. Esse, in qualche modo, ci riconducono alla realtà della vita e contribuiscono all’autoconsapevolezza di chi siamo e che cosa stiamo facendo.
Innanzitutto dovremmo distinguere bene che cosa intendiamo per “tempo”, “momento”, “attimo” ed “istante”. In questo caso, pur dovendo utilizzare termini comuni del linguaggio, è importante far emergere la loro connotazione specifica più adatta a questo contesto comunicativo.
Il tempo – si dice – è la dimensione nella quale si concepisce e si misura il trascorrere degli eventi ed induce la distinzione tra passato, presente e futuro. Utilizziamo questo concetto per motivi molto pratici come è molto pratica la suddivisione del tempo in secondi, minuti, ore, giorni, settimane, mesi, anni, lustri, decenni, secoli, millenni ecc.
Per Platone Il tempo è l’immagine mobile dell’eternità.
Sant’Agostino affermava del tempo così concepito: “Se non mi chiedono cosa sia il tempo lo so, ma se me lo chiedono non lo so”
Nelle “Confessioni” afferma che il tempo è “distensione dell’animo” ed è riconducibile a una percezione propria del soggetto che, pur vivendo solo nel presente (con l’attenzione), ha coscienza del passato grazie alla memoria e del futuro in virtù dell’attesa
Kant sosteneva che il tempo , assieme allo spazio, è una “forma a priori della sensibilità”
Henri Bergson, nel suo “Saggio sui dati immediati della coscienza” osserva che il tempo della fisica non coincide con quello della coscienza. Il tempo come unità di misura dei fenomeni fisici, infatti, si risolve in una spazializzazione (come ad esempio le lancette dell’orologio) in cui ogni istante è oggettivamente rappresentato e qualitativamente identico a tutti gli altri; il tempo originario, invece, si trova nella nostra coscienza che lo conosce mediante intuizione; esso è soggettivo, e ogni istante risulta qualitativamente diverso da tutti gli altri.
Bergson è il filosofo che ha posto l’accento sul tempo interiore che lui definisce “durata” e che non è possibile quantificare scientificamente.
Noi, prescindendo dal tempo esterno misurabile, percepiamo il suo fluire con la nostra coscienza, la quale si pone sempre in una dimensione trascendentale rispetto ai singoli atomi temporali, per poter cogliere l’unità del tutto.
In effetti si diventa sempre più consapevoli che tutto ciò che è già trascorso può essere richiamato dalla memoria in un atto presente, ma non potrà mai essere rivissuto in modo identico. Il passato non torna più, ed anche se ha fissato le sue tracce nel nostro corpo, nell’ambiente che ci circonda, nella nostra stessa mente modulando la nostra visione della vita, non potrà mai essere riesumato. Concretamente sembra svanito nel nulla.
Per quanto riguarda il futuro qualsiasi coscienza che riflette ammette che esso è solo una proiezione della nostra mente. Noi estrapoliamo dalle esperienze vissute ciò che abbiamo percepito ed immaginiamo un procedere simile davanti a noi. Ma la stessa esperienza ci dice che non rivivremo mai esattamente quello che abbiamo vissuto nel passato, anche perché i nostri stati di coscienza mutano con l’esperienza stessa. Il futuro, dunque, si pone sempre innanzi a noi e quando crediamo di raggiungerlo non è più tale, per cui ci sfugge continuamente.
Come per il passato, comunque, lo immaginiamo sempre con un atto presente.
Ora si tratta di focalizzare il concetto di “presente” perché non è così scontato come a prima vista appare.
Possiamo realmente affermare che il presente nella nostra coscienza è un “momento” se con esso intendiamo una qualsiasi frazione di tempo?
Anche la frazione di tempo è suddivisibile in altre frazioni all’infinito ed al loro interno si potrebbero applicare gli stessi criteri relativi alla classica concezione del tempo suddiviso in passato-presente-futuro.
Sicché quando noi pronunciamo la parola “presente”, ci accorgiamo che essa stessa appartiene già al passato, come è relativa al futuro quando ci accingiamo a pronunciarla.
Cosa possiamo dedurre?
Aveva ragione Kant quando sosteneva che il tempo è una forma a priori della sensibilità?
Il tempo, allora, è un mero accorgimento della nostra mente per collocare le varie fasi della nostra coscienza in evoluzione e quindi non ha consistenza sostanziale.
Ma se il tempo non ha consistenza, allora non ne hanno nemmeno il passato ed il futuro. In questo contesto sorge spontaneo l’interrogativo sul concetto di “istante”, il quale è atemporale e trascendente. Se è atemporale significa che non può essere supportato dalle categorie temporali comuni e quindi esce dalla logica spazio-temporale.
In questo senso l’istante “trascende” anche le nostre categorie mentali. Esso coincide con quello che denominiamo “eternità”, dimensione non concepibile da una mente umana, ma intuibile attraverso la stessa categoria dell’istante, proprio perché l’eternità non ha come riferimento il passato, il presente od il futuro.
Noi, in un certo senso, dal momento che esistiamo, siamo già nell’eternità, ma non ancora finché ci lasciamo condizionare dalle categorie spazio-temporali della vita terrena.
Ecco perché i mistici, ad esempio, durante certi loro particolari fenomeni soprannaturali sospendono le attività spazio-temporali comuni (mangiare, bere, dormire, sottostare alla gravità, alle leggi bio-chimiche e fisiche) per dar posto ad uno stato esistenziale che a noi appare regredito: essi sono proiettati nell’eternità perché immersi nell’istante.
Questo tipo di considerazioni potrebbero costituire un piccolo lume anche per intuire la portata degli eventi relativi al cristianesimo che hanno ai nostri giorni dopo duemila anni circa dalla vita terrena di Gesù Cristo. In questo senso tutto ciò che Egli ha compiuto in parole in opere diventa attuale, se relativizziamo la dimensione spazio-temporale e consideriamo importante la filosofia dell’istante, per cui la sua nascita avviene in noi, così pure la sua passione, morte e resurrezione.
Per questo Gesù disse: “Il Regno dei Cieli è già in mezzo a voi”. Gli stessi Sacramenti annullano ogni categoria spazio-temporale, specialmente l’Eucaristia in cui Egli si fa corpo-sangue-anima e divinità che ci viene donata per la nostra progressiva divinizzazione nell’istante, come pregustazione dell’Eterno.
In questo modo si intuisce che ciascuno di noi ha già il Regno in sé se si lascia assimilare dall’Eterno.
Percorso sul senso della vita:
La riflessione sul senso e sul valore da attribuire a questa vita attanaglia tutti gli esseri umani. Molto spesso questi sono interrogativi cui i giovani si rivolgono per cercare di orientare il proprio cammino. Tuttavia, anche le persone più mature, spesso, sentono l’esigenza di confrontarsi con se stesse per rileggere le esperienze fatte e fare una somma di quanto vissuto.
Le risposte della Fede superano grandemente i limiti e le contingenze del “qui ed ora”, rimandando a un’ulteriorità di senso che abbraccia l’eternità. Ciononostante rimane la prospettiva di un senso che si qualifica già a partire dalla dimensione terrena della finitudine. Ciò che sarà di noi nella vita dopo la morte risponde all’orientamento intrapreso fin da ora, da ADESSO! e per il tempo a venire.
Questo concetto è sapientemente introdotto nella visione Dantesca. Nella Divina Commedia, e tramite a quest’opera, Dante cerca di accompagnare l’uomo a fare un cammino fin nel profondo di sé per orientare il suo cammino terreno. Solo guardando alla fragilità delle nostre inquietudini potremo davvero risalire per giungere a contemplare “l’amor che move il sole e l’altre stelle”.
Il materiale di seguito presentato, vorrebbe accompagnare in una riflessione che permette di coniugare l’importanza delle scelte che si compiono a livello quotidiano in prospettiva, al fine di percorrere un cammino di ascesa verso Colui che Solo può riempire di senso le nostre esistenze.
Il percorso preparato permette di iniziare da interrogativi sul senso della Vita: Autentica o Inautentica come esposto nella filosofia Heideggeriana, per arrivare a conciliare la totalità delle dimensioni della persona. Continuando con alcune considerazioni rispetto all’importanza
di un corretto uso della coscienza, che necessita di essere accompagnata nel discernimento a partire dalla conoscenza di quei comportamenti che, quotidianamente, possono tradursi in atti che ci allontanano dal Sommo Bene: Dio. Quindi un’esposizione su Vizi e Virtù, per aiutare a comprendere come semplicemente, a volte, cattive abitudini possono indurre a uno stato di vita “sprecata”.
La nostra società abitata dal materialismo ha perso il contatto con la dimensione più squisitamente spirituale, rimettendola a un’ulteriorità lontana e troppo spesso miscreduta: quella appunto della vita dopo la morte. Tutto ciò senza riprendere la visione unitaria, caldamente accolta fin nel Medio Evo, per cui ciò che sarà di noi in futuro sarà offerto dalla sommatoria delle scelte compiute qui. Non si tratta di meriti o punizioni, ma solo di scelte compiute per pigrizia, ignoranza o comodità; ma di sicuro non mai senza la nostra attiva partecipazione.
“Dio che ti ha creato senza di te, non può salvarti senza di Te” Sant’Agostino, Sermo, CLXIX, 13
La vita dopo la morte e la rilettura Dantesca
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Vizi e Virtù
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La coscienza:
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Dottrina Sociale Chiesa e Bibbia e Vita:
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La filosofia è una delle attività mentali più inutili dell’uomo pratico, ma col tempo, nella consapevolezza, si rivelerà trasversalmente utile perché plasma il suo pensiero e contribuisce ad arricchire il linguaggio. Il linguaggio, poi, migliora la comunicazione e trasforma l’essere, perché ne è la sua casa.
La filosofia è l’attività mentale e spirituale dell’uomo che cerca di porre gli interrogativi in modo più adeguato alle varie problematiche esistenziali ed etiche che incontra, con lo scopo di trovare delle risposte più convincenti per la propria visione del mondo, pur nella consapevolezza che esse non potranno mai soddisfare pienamente e che potranno generare ulteriori interrogativi.
Per questo motivo ogni uomo nasce filosofo…
La filosofia è più efficace soprattutto quando viene elaborata nella noia. In quel contesto la mente del filosofo è più portata all’introspezione e, nel distacco, ha la possibilità di affrontare i vari interrogativi con più lucidità.
Una sana filosofia può anche essere utile al progresso spirituale, come molti grandi filosofi hanno dimostrato con la loro ricerca.
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Nessuna filosofia esistenziale riesce a dare un vero senso alla nostra esistenza: solo Gesù, con le sue opere e le sue parole, ci dona la vera serenità interiore e la Verità. Il resto potrebbe anche essere altissima speculazione umana ammirabile, ma non ci assicura la verità. Tutta la filosofia umana ci dona sprazzi di verità, ma anche inocula nella nostra anima molti dubbi.
San Tommaso d’Aquino, dopo le mirabili cose che ha scritto, in seguito ad un fenomeno mistico ha smesso di scrivere ritenendo tutto “spazzatura” a confronto della realtà Soprannaturale.
“Signore, da chi andremo?” disse san Pietro al Maestro divino. Ed aggiunse: “Tu solo hai parole di vita eterna”.
Gesù ci ha promesso di essere sempre in mezzo a noi. Tutti gli altri uomini sono scomparsi dal punto di vista terreno.
Gesù è presente nell’Eucaristia e in ognuno di noi, dove trova accoglienza. E ci ascolta sempre, ci dona protezione ed i mezzi per ottenere la salvezza eterna.
Basta solo che umilmente gli chiediamo perdono degli errori e delle fragilità e che ci abbandoniamo pieni di fiducia a Lui, perché è quello che si aspetta da ciascuno di noi.
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a cura di https://www.mondocrea.it
L’Effetto Flynn (aumento del Q.I. medio della popolazione in senso diacronico) appare paradossale se si considerano alcuni fenomeni sociali in atto:
Ecco, secondo me, quali potrebbero essere i più importanti:
L’eccessiva disponibilità mediatica demanda la riorganizzazione dei contenuti ad argomentazioni pre-compilate. Paradossalmente diminuiscono gli stimoli culturali che servirebbero ad acquisire una visione del mondo più allargata.
Il bagaglio lessicale diviene sempre più scarso, soprattutto nel versante umanistico, dovuto anche all’abbandono dello studio delle lingue cosiddette “morte” e della letteratura classica.
Lo scarso impegno nell’affrontare argomenti di natura filosofica, metafisica, cosmogonica e teologica impoveriscono le capacità intellettive ed il discernimento, mentre proliferano i luoghi comuni.
La diffusione di troppi tecnicismi selettivi spesso intralciano lo sviluppo integrale dell’intelligenza creativa.
L’effetto copia-incolla diffusissimo con l’avvento di internet facilita la pigrizia mentale.
La musica e l’arte disponibili in gran quantità stanno sempre più scadendo qualitativamente. E questo a scapito di alcune aree del cervello che dovrebbero essere stimolate anche da certe forme di emozioni.
La pornografia dilagante a livello globale spesso inibisce l’interesse per una più profonda e reale affettività, per cui anche l’intelligenza ne risente.
L’abuso di alcool, sesso e droga diminuisce le motivazioni creative e causano un deficit di qualsiasi tipo di memoria, molto importante per l’apprendimento creativo.
La reale mancanza di spazi fisici per la riflessione profonda su se stessi, è deleteria per lo sviluppo armonico della personalità e dell’intelligenza integrale.
L’ereditarietà ha un ruolo molto importante sullo sviluppo intellettivo di ogni persona.
Moltissime sostanze diffuse ovunque (antiparassitari, insetticidi, mercurio ecc.) stanno interagendo con l’equilibrio ormonale delle persone a scapito dello sviluppo dell’apprendimento. L’inibizione dell’ormone tiroideo ha molte conseguenze negative sullo sviluppo della personalità e dell’intelligenza. Da non sottovalutare anche l’abuso degli psicofarmaci e degli anabolizzanti. Anche il tipo di alimentazione che si sta diffondendo è importante.
Ognuno di noi si comprende come “soggetto pensante” perché “oggettiva” i suoi pensieri. I contenuti di questi pensieri sono formati da ricordi, constatazioni, idee, progetti, immaginazioni ecc.
Perché è spontaneo per noi dire “IO”? L’io non è nei pensieri, altrimenti non ne avremmo coscienza. Questo perché mentre pensiamo a qualcosa immaginiamo sempre che l’io stia coordinando i contenuti, come fosse un centro di percezione sempre staccato da loro in quanto fa anche da spettatore. Cosicché per immaginare questo nostro “io cosciente” dobbiamo in qualche modo “oggettivare” l’idea che ne abbiamo.
Procedendo nell’argomentazione si deduce, quindi, che l’io percepiente che vorremmo immaginare è in realtà “inimmaginabile” perché qualsiasi idea che abbiamo di questo nostro “io” è sempre un’oggettivazione costruita dal soggetto pensante.
Il nostro centro percettivo, allora, si situa sempre oltre l’oggetto dei nostri pensieri perché la nostra soggettività è sempre trascendente e non oggettivabile.
In ognuno di noi l’auto-coscienza procede a livelli, l’ultimo dei quali è molto più misterioso di quello che pensiamo, perché coincide con il nostro centro auto-cosciente.
Questo nostro centro auto-cosciente è unificante perché trascendente ed è la fonte di ogni livello di coscienza.
Gli spiriti più elevati lo intuiscono meglio perché in qualche modo sanno come dissolvere gradualmente il proprio “io” nella consapevolezza che è la dimensione più vicina all’Essere Trascendente.
(Una voce dal deserto)
Queste considerazioni, che appaiono a prima vista inutili, arrecano in nuce delle conseguenze abbastanza notevoli per molti approcci mentali pregiudizievoli, che potrebbero coinvolgere il pensiero filosofico, scientifico e persino teologico.
Lo “spazio” dal punto di vista filosofico è meno argomentato del tempo.
Spesso si pensa che il concetto sia talmente ovvio che non valga la pena prenderlo come oggetto di disquisizioni.
La fisica lo definisce come un’estensione tridimensionale senza limiti in cui gli oggetti e gli eventi hanno direzioni e posizioni relative tra di loro.
Allora dobbiamo chiederci: cos’è realmente lo spazio?
Lo spazio è reale od è solo una nostra immaginazione?
Quando pensiamo che sia reale ci appelliamo alla nostra esperienza: noi collochiamo gli oggetti in un determinato spazio il quale può essere misurabile con altri frammenti spaziali.
Quando invece lo interpretiamo collocandolo solo nella nostra immaginazione, facciamo appello alle nostre capacità percettive: una qualsiasi estensione (lineare o volumetrica) occupa frammenti spaziali che immaginiamo esistenti solo nella nostra mente e ciò appare incontestabile, per cui sembra impossibile argomentare l’esistenza di uno spazio reale oltre la nostra percezione, anche se ci rendiamo conto che la nostra esperienza ne considera l’oggettività.
(Qui rispunta l’antica diatriba tra oggettività e soggettività, tanto amata dai filosofi del passato.)
Premettiamo che ogni “dimensione” è una relazione collocata in un contesto spaziale.
Alla luce delle attuali conoscenze, stiamo mutando il concetto di “infinito” ereditato dal passato.
Lo stesso termine “infinito” sta oggi assumendo diverse accezioni.
Dal punto di vista filosofico ogni forma di spazio è in qualche modo infinito, se per esso si intende “ciò che non ha fine”. Per esempio, un segmento “A” può essere percepito come finito in relazione al punto di vista dell’osservatore che ha come riferimento un altro segmento diverso “b”. Ma se l’osservatore iniziasse ad assumere come punto di riferimento un segmento infinitesimale “x”, il segmento “A” dovrebbe contenere infiniti segmenti “x”, per cui il termine “infinito” perderebbe la sua connotazione iniziale. Possiamo allora dedurre che tutto ciò che riteniamo “finito” è anche contemporaneamente “infinito”. Ecco perché oggi vengono presi in considerazione i microcosmi di ogni tipo.
Riferiamoci, ad esempio, alle dimensioni in sè, le quali, come ho già premesso, sono relazioni collocate in un contesto spaziale. Noi diciamo “grande” e “piccolo” perché la nostra mente applica le categorie relazionali alle varie dimensioni che percepiamo. Allora, rimanendo sul piano del concetto di spazialità, possiamo constatare che tutto è grande e contemporaneamente piccolo e che nulla è grande e nulla è piccolo.
Osserviamo il fenomeno evolutivo della vita: da un piccolo seme si forma un grande albero. Ciò significa che tutto l’albero era già nel seme. È semplicemente mutata la relazione dimensionale, perché ogni elemento dell’albero cerca un suo spazio finalizzato a mantenere in vita in modo armonico il tutto nell’omeostasi biologica. La vita è movimento, crescita, variazione, reazione, generazione ecc. L’albero, comunque, immaginando un’altra dimensione esistenziale, avrebbe potuto espletare le sue funzioni vitali in uno spazio molto più ridotto.
Anche l’uomo nasce da un seme che conteneva tutte le informazioni necessarie al suo sviluppo successivo. Evolvendosi dall’embrione, tutte le sue parti hanno assunto una dimensione in relazione alla persona completa che è divenuta, tenendo conto dell’omeostasi. Lo sviluppo di ogni persona considera diverse varianti endogene ed ambientali. Ma ciò che meraviglia è il fattore “complessità-coscienza”: il suo cervello più che crescere in dimensione, preferisce costruire strutture complesse, le quali si attivano in spazi ridotti, internamente asimmetrici e non puntano sulla quantità dimensionale, ma sulla concentrazione di microsistemi contenenti memorie, dinamiche ecc.
Il genere umano tende poi a realizzare ciò che il cervello osservante stesso gli suggerisce: strutture più complesse in spazi sempre più ridotti e crescente dematerializzazione. L’umanità, come un mega-cervello, sembra pronta ad un’ importante mutazione trans-umana, coinvolgendo la stessa natura e l’ambiente che manipola. È in una fase molto critica: probabilmente sta intravedendo ciò che lo stesso Teilhard del Chardin chiamava “punto omega”, una trans-ominizzazione che non punta solo sul fattore dimensionale e quantitativo, ma su quello qualitativo.
Questo comporta, oltre ai correlati pericoli di sopravvivenza, una profonda revisione del concetto di spazio-tempo ed allora potrà raggiungere l’obiettivo per cui tutto esiste: conoscere liberamente la Verità nella Trascendenza…
Pier Angelo Piai
“Il principale interesse della filosofia è mettere in questione e comprendere idee assolutamente comuni che tutti noi impieghiamo ogni giorno senza pensarci sopra.
Uno storico può chiedere che cosa è accaduto in un certo tempo del passato, ma un filosofo chiederà “Che cos’è il tempo?”.
Un matematico può studiare le relazioni tra i numeri, ma un filosofo chiederà “Che cos’è il numero?”.
Un fisico chiederà di che cosa sono fatti gli atomi o che cosa spiega la gravità, ma un filosofo chiederà come possiamo sapere che vi è qualche cosa al di fuori delle nostre menti.
Uno psicologo può studiare come i bambini imparano un linguaggio, ma un filosofo chiederà “Che cosa fa in modo che una parola significhi qualche cosa?”.
Chiunque può chiedersi se è sbagliato entrare in un cinema senza pagare, ma un filosofo chiederà “Che cosa rende un’azione giusta o sbagliata?””
(T. Nagel, Una brevissima introduzione alla filosofia, Milano, Mondadori 1989, pp. 6-7.)
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DIARIO DI UN PELLEGRINO CARNICO https://www.edizionisegno.it/libro.as…
GESÙ CHIEDE TOTALE FIDUCIA IN LUI (nel “Colloquio interiore” di suor Maria della Trinità) https://www.edizionisegno.it/libro.as…
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Tutto potrebbe essere imperniato su queste tre domande:
1) Perché esiste qualcosa invece del nulla?
2) Che senso ha ogni forma di esistenza?
3) È necessaria l’esistenza di qualcosa?
1) Innanzittutto affermare che esiste qualcosa invece del nulla è una contraddizione intrinseca. “Qualcosa” è, “nulla” non è. Stranamente nel linguaggio prendiamo in considerazione il termine “nulla” dandogli un orientamento vagamente “esistenziale”. Di per sé il concetto che comprende il termine “nulla” è assolutamente esclusivo, pertanto questi non dovrebbe esistere, perché con esso intendiamo “non essere”, situazione che non ha senso nominare. Tutto ciò che è, anche nella nostra mente, è e basta. Noi diciamo “nulla” per convenienza, perché con questo termine sintetizziamo efficacemente il “non essere” concettualizzato. Ma denominandolo “nulla” in qualche modo lo facciamo rientrare nel mondo degli esistenti, se non altro perché è presente nella nostra mente come concetto, il concetto del “non-essere”. Qualsiasi attività mentale rende esistente un “quid” anche se immaginario, cioè non riscontrabile con la realtà percepibile dai cinque sensi. Quando diciamo “nulla”, quindi, entriamo in contraddizione perché vorremmo esistente ciò che non può esistere. Chiedersi perché esiste qualcosa invece del nulla è una forma di iper-neoplasmo concettuale che non aggiunge nulla alla nostra attività mentale.
2) In base a ciò che si è sinora detto, chiedersi il senso di ogni forma di esistenza implica un nesso di causa-effetto negli interrogativi correlati. Implicitamente ci chiediamo da dove viene e dove va qualcosa che riteniamo esistente. Siccome ogni esistente “è” quello che è “hic et nunc” ed il divenire è una nostra lettura mentale di eventi nel dispiegarsi del tempo, chiedersi il senso di ciò che esiste non può ottenere una risposta esaustiva perché essa è la stessa domanda sul senso eclissata al suo orizzonte. Tutto a noi pare diveniente, ma stranamente in questa attività dialettica non ci accorgiamo che ogni vera forma di esistenza è concentrata nell’istante atemporale, la quale, anche se ha in sé potenziali tendenze, è quella che è ora e non quello che sarà poi.
3) Chiedersi se è necessaria l’esistenza di qualcosa è un’altra forma di elucubrazione mentale che richiede l’interrogativo opposto ed un orientamento epistemologico. Cosa intendiamo per necessità esistenziale? Può esistere qualcosa che non è necessario? Necessario per chi o cosa? Se esiste qualcosa, significa che già per il fatto che esista è necessario: è immerso nel piano esistenziale. Ciò che esiste non può piombare nel nulla perché è e basta, quindi è già in sé necessario.
Pier Angelo Piai
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6 luglio 2005
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