Gesù ha rivelato in anticipo ai tre apostoli più intimi la sua natura più intima dialogando con Mosé ed Elia: Mosè rappresenta l’inizio evolutivo dell’uomo spirituale grazie alle leggi prescritte nei 10 Comandamenti.
Elia rappresenta la realizzazione delll’uomo liberato dalle catene materiali perché rapito col carro di fuoco verso il Cielo.
Gesù è in mezzo a loro trasfigurato perché è Lui il primo Uomo nuovo di natura umana e divina, il quale tramite il suo immenso sacrificio d’Amore per il Padre può divinizzare ogni uomo che lo desidera tramite lo Spirito Santo.
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L’anziano Elia si stava preparando per la partecipazione alla Santa Messa dell’indomani mattina. Il suo volto era radioso e coloro che lo incontravano si chiedevano il perché. Quando qualcuno gli domandava i motivi di questo suo particolare entusiasmo rispondeva che era emozionato e molto contento di poter frequentare l’Eucaristia.
“É solo una semplice Messa … mi sembra esagerato questo tuo entusiasmo” – gli disse un conoscente.
“Solo una semplice Messa? – rispose Elia meravigliato. Ma lo sai che veniamo dal nulla? Sai chi ha voluto la nostra esistenza dall’eternità?
Sei consapevole di chi continuamente ci sta sorreggendo e basterebbe un solo suo cenno che noi finiamo per sempre questa vita terrena? Nella Santa Messa io vado ad incontrare Colui che mi ha creato dal nulla, mi sta continuamente sorreggendo e potrebbe chiamarmi a sé in qualsiasi momento. Chi é piú importante di Lui? Il Presidente? Il re?
Eppure mi sta invitando al suo banchetto ed addirittura si offre a me nella Comunione per divinizzarmi…non é una cosa straordinaria? Non é un validissimo motivo per essere emozionati e contenti?
Elia si stupiva del fatto che moltissimi cristiani non riescono a comprendere questa incredibile opportunità e vanno a Messa spesso annoiati e senza entusiasmo…
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Gv 6,41-51
Tuffo nel mistero
«Ora basta, Signore!». Elia, il più grande dei profeti, vuole morire. Lui, così grande che Gesù stesso gli fu paragonato, è talmente scoraggiato, così disperato da dire: ora basta Signore, prenditi la mia vita.
La parabola di Elia è quella di ogni cristiano. Quante volte gli eventi ci fanno dire “non ce la faccio più, non serve a niente essere buoni, non cambia nulla, non vale la pena vivere il vangelo”. Troppo cammino, troppo deserto, troppo dolore.
Ma Dio interviene. Non per offrire ad Elia un cavallo bardato per divorare le distanze desolate del deserto; non per togliere fatica, ma solo un po’ di pane, un po’ d’acqua. Il quasi niente. Lo stile di Dio, che interviene con la forza delle cose quotidiane, con l’umiltà e la povertà delle cose essenziali; il pane, l’acqua, l’aria, la luce, un amico.
La nervatura del vangelo di oggi è il verbo mangiare. Mentre le religioni orientali si concentrano sul respiro, il cristianesimo ha come gesto centrale il mangiare: Dio che entra in me come Pane buono. Dio vicino a me, Dio sotto la mia pelle, che si insedia al centro della mia povertà, come un re sul trono.
I giudei si misero a mormorare contro Gesù. Ma come? Pretendi di essere il pane piovuto dal cielo? Ma sei venuto come tutti da tua madre e da tuo padre. Tu vuoi cambiarci la vita con il tuo pane? No, il Dio onnipotente dovrebbe fare ben altro: miracoli potenti, definitivi, evidenti, solari.
Ma Dio non fa spettacolo. Ed è la stessa critica che mormoriamo anche noi: che pretese ha su di me quest’uomo di duemila anni fa? Lui pensa davvero di farci vivere meglio?
Non mormorate tra voi! Non sprecare parole a discutere di Dio, puoi fare di meglio: tuffati nel suo mistero, nel suo segreto: è cibo che sazia la tua fame di vita e di felicità, ed esiste. Cerca pane vivente per la tua fame, per cambiare la qualità della vita, per darle un colore divino. Non accontentarti di altri bocconi, tu sei figlio di Dio, figlio di Re. Prepàrati allo stupore dell’inedito: un rapporto d’amore al centro del tuo essere.
Mangiare la carne e il sangue di Cristo, non si riduce però al rito della Messa. Cristo non sta solo sull’altare, del suo Spirito è piena la terra! Mangiare il pane di Dio è nutrirsi di Vangelo, respirare aria pulita, affacciarsi al sole, continuamente.
Domandiamoci allora: di cosa nutro anima e pensieri? Sto mangiando generosità, bellezza, profondità? Oppure mi nutro di intolleranza, miopia dello spirito, insensatezza del vivere, paure?
Se accogliamo pensieri degradati, questi ci fanno come loro. Se accogliamo pensieri di Vangelo e di bellezza, essi faranno come il pane fa nel nostro corpo: si nasconderanno per sparire nell’intimo, senza fare rumore. Ma ci trasformeranno in custodi di tenerezza, di gioia. E saremo pane umano per la fame del mondo.
XIX B Giovanni 6,41-51
Io sono il pane disceso dal cielo. In una sola frase Gesù raccoglie e intreccia tre immagini: pane, cielo, discendere. Potenza della scrittura creativa dei vangeli, e prima ancora del linguaggio pieno di immaginazione e di sfondamenti proprio del poeta di Nazaret.
Io sono pane, ma non come lo è un pugno di farina e di acqua passata per il fuoco: pane perché il mio lavoro è nutrire il fondo della vita.
Io sono cielo che discende sulla terra. Terra con cielo è giardino. Senza, è polvere che non ha respiro.
Nella sinagoga si alza la contestazione: ma quale pane e quale cielo! Sappiamo tutto di te e della tua famiglia…
E qui è la chiave del racconto. Gesù ha in sé un portato che è oltre. Qualcosa che vale per tutta la realtà: c’è una parte di cielo che compone la terra; un oltre che abita le cose; il nostro segreto non è in noi, è oltre noi.
Come il pane, che ha in sé la polvere del suolo e l’oro del sole, le mani del seminatore e quelle del mietitore; ha patito il duro della macina e del fuoco; è germogliato chiamato dalla spiga futura; si è nutrito di luce e ora può nutrire. Come il pane, Gesù è figlio della terra e figlio del cielo.
E aggiunge una frase bellissima: nessuno può venire a me se non lo attira il Padre che mi ha mandato. Ecco una nuova immagine di Dio: non il giudice, ma la forza di attrazione del cosmo, la forza di gravità celeste, la forza di coesione degli atomi e dei pianeti, la forza di ogni comunione.
Dentro ciascuno di noi è al lavoro una forza instancabile di attrazione divina, che chiama ad abbracciare bellezza e tenerezza. E non diventeremo mai veri, mai noi stessi, mai contenti, se non ci incamminiamo sulle strade dell’incanto per tutto ciò che chiama all’abbraccio.
Gesù dice: lasciate che il Padre attiri, che sia la comunione a parlare nel profondo, e non il male o la paura.
Allora sì che “tutti saranno istruiti da Dio”, istruiti con gesti e parole e sogni che ci attraggono e trasmettono benessere, perché sono limpidi e sani, sanno di pane e di vita.
Il pane che io darò è la mia carne data per la vita del mondo. Sempre la parola ‘vita’, martellante certezza di Gesù di avere qualcosa di unico da dare affinché possiamo vivere meglio.
Ma non dice il mio “corpo”, bensì la mia “carne”. Nel vangelo di Giovanni carne indica l’umanità originaria e fragile che è la nostra: il verbo si è fatto carne.
Vi do questa mia umanità, prendetela come misura alta e luminosa del vivere. Imparate da me, fermate l’emorragia di umanità della storia. Siate umani, perché più si è umani più si manifesta il Verbo, il germe divino che è nelle persone.
Se ci nutriamo così di vangelo e di umanità, diventeremo una bella notizia per il mondo.
Dal primo libro dei Re 1Re 19,9a.11-16
In quei giorni, Elia, giunto al monte di Dio, l’Oreb, entrò in una caverna per passarvi la notte, quand’ecco gli fu rivolta la parola del Signore: “Esci e fermati sul monte alla presenza del Signore”.
Ed ecco che il Signore passò.
Ci fu un vento impetuoso e gagliardo da spaccare i monti e spezzare le rocce davanti al Signore, ma il Signore non era nel vento. Dopo il vento, un terremoto, ma il Signore non era nel terremoto.
Dopo il terremoto, un fuoco, ma il Signore non era nel fuoco.
Dopo il fuoco, il sussurro di una brezza leggera. Come l’udì, Elia si coprì il volto con il mantello, uscì e si fermò all’ingresso della caverna.
Ed ecco, venne a lui una voce che gli diceva: “Che cosa fai qui, Elia?”. Egli rispose: “Sono pieno di zelo per il Signore, Dio degli eserciti, poiché gli Israeliti hanno abbandonato la tua alleanza, hanno demolito i tuoi altari, hanno ucciso di spada i tuoi profeti. Sono rimasto solo ed essi cercano di togliermi la vita”. Il Signore gli disse: “Su, ritorna sui tuoi passi verso il deserto di Damasco; giunto là, ungerai Cazaèl come re su Aram. Poi ungerai Ieu, figlio di Nimsi, come re su Israele e ungerai Eliseo figlio di Safat, di Abel-Mecolà, come profeta al tuo posto”.
Il Vangelo a cura di Ermes Ronchi
Trasfigurazione del Signore
Anno A – 2017
L’uomo, icona di Cristo dipinta lungo una vita
In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte. E fu trasfigurato davanti a loro: il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. Ed ecco apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui. Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Signore, è bello per noi essere qui! Se vuoi, farò qui tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Egli stava ancora parlando, quando una nube luminosa li coprì con la sua ombra. Ed ecco una voce dalla nube che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo». All’udire ciò, i discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore. Ma Gesù si avvicinò, li toccò e disse: «Alzatevi e non temete» […]. Matteo 17,1-9
Commento di p. Ermes Ronchi
«Un fiore di luce nel nostro deserto» (Turoldo), così appare il volto di Cristo sul Tabor. Ed è il volto ultimo e alto dell’uomo. In principio, in ogni uomo è stato posto non un cuore d’ombra, ma un seme di luce, sepolto in noi come nostro volto segreto.
Gesù prende con sé Pietro e Giovanni e Giacomo, i primi chiamati, e li porta con sé, su un alto monte. Li conduce là dove la terra s’innalza nella luce, dove è la nascita delle acque che fecondano ogni vita.
Il suo volto brillò come il sole: il volto è come la grafia del cuore, la sua espressione. Il volto alto dell’uomo è comprensibile solo a partire da Gesù. Ogni uomo abita la terra come un’icona di Cristo incompiuta, che viene dipinta progressivamente lungo l’intera esistenza su un fondo d’oro già presente dall’inizio e che è la somiglianza con Dio. Ogni Adamo è una luce custodita in un guscio di fango.
Vivere altro non è che la fatica aspra e gioiosa di liberare tutta la luminosità e la bellezza sepolte in noi.
E le sue vesti divennero bianche come la luce: la gloria è così eccessiva che non si ferma al volto, neppure al corpo intero, ma tracima verso l’esterno e cattura la materia degli abiti e la trasfigura. Se la veste è luminosa sopra ogni possibilità umana, quale sarà la bellezza del corpo?
Ed ecco apparvero loro Mosè ed Elia: Mosè sceso dal Sinai con il volto imbevuto di luce e di vento, Elia rapito in un carro di fuoco e di luce.
Allora, Pietro, stordito e sedotto da ciò che vede, balbetta:
È bello per noi essere qui. Stare qui, davanti a questo volto, che è l’unico luogo dove possiamo vivere e sostare. Qui siamo di casa, altrove siamo sempre fuori posto. Altrove non è bello, e possiamo solo pellegrinare, non stare. Qui è la nostra identità, abitare anche noi una luce, una luce che è dentro la nostra creta e che è il nostro futuro.
Non c’è fede viva e vera che non discenda da uno stupore, da un innamoramento, da un: che bello! Gridato a pieno cuore, come Pietro sul Tabor.
Ma come tutte le cose belle la visione non fu che la freccia di un attimo: e una nube luminosa li coprì con la sua ombra.
Venne una voce: quel Dio che non ha volto, ha invece una voce. Gesù è la Voce diventata Volto. Il Padre prende la parola, ma per scomparire dietro la parola di suo Figlio: ascoltate Lui. Fede fatta d’ascolto: sali sul monte per vedere, e sei rimandato all’ascolto. Scendi dal monte, e ti rimane nella memoria l’eco dell’ultima parola: Ascoltatelo.
La visione del volto cede all’ascolto del volto. Il mistero di Dio è ormai tutto dentro Gesù. Così come anche il mistero dell’uomo. Quel volto parla, e nell’ascolto diventiamo come lui, anche noi imbevuti di cielo.
(Letture: Deuteronomio 7,9-10.13-14; Salmo 96; 2 Pietro 1,16-19; Matteo 17,1-9)
https://buff.ly/2wsHxRg
https://www.avvenire.it/rubriche/pagine/l-uomo-icona-di-cristo-dipinta-lungo-una-vita
http://www.cercoiltuovolto.it/p-ermes-ronchi/
Il suo volto brillò come il sole:
il volto è come la grafia del cuore, la sua espressione.
Il volto alto dell’uomo è comprensibile
solo a partire da Gesù.
Ogni uomo abita la terra
come un’icona di Cristo incompiuta,
che viene dipinta progressivamente
lungo l’intera esistenza su un fondo d’oro
già presente dall’inizio
e che è la somiglianza con Dio.
Ogni Adamo è una luce
custodita in un guscio di fango.
… La visione del volto cede all’ascolto del volto.
Il mistero di Dio è ormai tutto dentro Gesù. Così come anche il mistero dell’uomo.
Quel volto parla, e nell’ascolto diventiamo come lui, anche noi imbevuti di cielo.
– Ermes Ronchi – (Trasfigurazione del Signore)
https://buff.ly/2wsHxRg
II domenica di quaresima(Mt 17, 1-9)
(a cura di p. Ermes Ronchi)
La quaresima ci sorprende, ci spiazza con un vangelo pieno di sole e di luce, che mette energia, dona ali alla nostra speranza.
Gesù prese con sé tre discepoli e salì su di un alto monte. I monti sono come indici puntati verso il mistero e le profondità del cosmo, raccontano che la vita è un ascendere verso più luce, più cielo: e là si trasfigurò davanti a loro, il suo volto brillò come il sole.
Non è che Gesù si toglie la maschera Gesù, e mostra chi è davvero, ma indica un percorso, una esperienza possibile anche a noi.
Guardiamo Pietro e la sua esclamazione stupita: è bello qui, è bellissimo, non andiamo via… gli occhi sgranati come bambino… è bello, ma non è definitivo.
Può essere successo anche a noi in una giornata particolare, un pellegrinaggio, un ritiro, o in montagna, o nell’abbraccio amoroso con la persona che si ama, momenti di gioia pura, momenti perfetti, in cui fai l’esperienza che così dovrebbe essere Dio,
ti pare di aver potuto sbriciare per un attimo dentro il Regno.
Eppure non è la condizione definitiva, c’è un cammino da percorrere, talvolta un deserto, certamente una pianura alla quale ritornare.
Dei giovani chiesero un giorno al card Marini: “padre, quando partecipiamo a un momento forte, una preghiera intensa, a un ritiro bello, ci sentiamo carichi e pronti, c’è entusiasmo. Poi si torna a casa e pian piano quella energia, quel sentimento si spegne. Come si può fare per mantenere acceso il cuore, più a lungo?”
Il cardinale rispose così: non sempre si può avere l’incandescenza del cuore, ma sempre possiamo avere la memoria dell’incandescenza. Si può rivivere il ricordo di quei momenti.
Noi tutti abbiamo archivi interiori colmi di momenti belli, ma che non sappiamo sfruttare, non sappiamo gustare la nostra storia, trascuriamo le nostre piccole trasfigurazioni. Abbiamo vissuto fatti e persone, parole e gesti bellissimi, che però abbandoniamo, lasciamo languire nella memoria, fino a che si dissolvono e scompaiono.
La più bella penitenza che io ho ricevuto andando a confessarmi? Adesso fermati un momento, cerca dentro di te quale è stata la gioia più bella che hai provato in questo mese, la tiri fuori, la rivivi davanti a Dio e lo ringrazi…
Dobbiamo imparare da santa Maria: per due volte è detto che custodiva e meditava tutto ciò che le era accaduto: angeli e pastori, Giuseppe e i magi, quel dodicenne ribelle…e cercava il filo d’oro che tutto avrebbe cucito insieme e spiegato.
È quello che accade per i tre apostoli sul monte: quella visione dovrà restare viva e pronta nel cuore. Gesù con il volto di sole è una immagine da conservare e custodire per il giorno più buio, quando il suo volto sarà colpito, oltraggiato, umiliato, non più trasfigurato, ma sfigurato. Nel colmo della prova, un filo terrà legati i due volti di Gesù. Il Volto che gronda di luce, e quello che stillerà sangue.
Ma anche allora, ricordiamo: ‘sulla croce già respira, nuda, la risurrezione’ (A. Casati).
L’entusiasmo di Pietro ci fa inoltre capire che la fede per essere forte e viva deve discendere da uno stupore, da un innamoramento, da un ‘che bello!’ gridato a pieno cuore.
Perché io credo? Perché Dio è la cosa più bella che ho incontrato, Perché credere è acquisire bellezza del vivere. Che è bello amare, avere amici, esplorare, creare, seminare, perché la vita ha senso, va verso un esito buono, che comincia qui e scorre nell’eternità.
«È bello per noi stare qui»: in quel momento ogni cosa è illuminata.
Vorrei per me la fede per ripetere queste parole:
è bello stare su questa terra, su questo pianeta minuscolo e bellissimo;
è bello in questo nostro tempo, che è unico e pieno di potenzialità.
È bello essere uomini: non è la tristezza, non è la delusione la nostra verità.
È bello stare con Cristo, che è luce da luce, come dice il Credo. E se Cristo è in me, se ho il suo cromosoma nel sangue, il suo DNA, allora anch’io sono in qualche misura luce da luce.
Il nostro lavoro più importante è liberare tutta la luce sepolta in noi. E in quelli accanto a noi. Liberare bontà, generosità, talenti, speranze.
“Il vostro male, fratelli, è che non sapete quanto siete belli!” (Dostoiewski).
Paolo oggi scrive al suo amico Timoteo una frase di emozionante bellezza: «Cristo Gesù ha fatto risplendere la vita» (2 Tm 1,10).
Gesù ha fatto splendida l’esistenza, non solo il suo volto e le sue vesti, non solo il futuro o i desideri, ma la vita qui e adesso, la vita di tutti, la vita segreta di ogni creatura.
Ha riacceso la fiamma delle cose, ha fatto risplendere l’amore, ha dato splendore agli incontri e bellezza alle vite, sogni nuovi e bellissime canzoni al nostro sangue. «E i sensi sono divine tastiere» (D.M. Turoldo) che provano gli accordi di una sinfonia che parla di alleanza gioiosa con tutto ciò che vive.
Se di questa domenica potessimo portare con noi una parola, sia questa: «Il Signore ha fatto risplendere la vita».
Ripeterla come un’eco di speranza e di bontà: la trasfigurazione è già iniziata; nelle vene del mondo già corrono frantumi di stelle.
E seminare i segni della bontà e della luce, seminare occhi nuovi che sappiano vedere e ringraziare
e gustare le creature, che sono buone e luminose, che hanno passione di giustizia e che danno la vita.
E beati coloro che hanno il coraggio di essere ingenuamente luminosi nello sguardo, nel giudizio, nel sorriso.
Davanti a loro puoi dire «è bello per me stare qui», accanto a te, insieme a voi.
Basterebbe ripetere senza stancarci: ha fatto risplendere la vita, per ritrovare la gioia di credere in questo Dio, fonte di canto e di luce. Forza mite e possente che preme sulla nostra vita per aprirvi finestre di cielo.
Un filo di luce collega il monte della trasfigurazione all’orto degli Ulivi: la sfida dell’amore. E’ la sfida di Gesù che Pietro, Giacomo e Giovanni debbono raccogliere.
Essi sono chiamati a cucire di fede e di speranza, quella distanza lunghissima tra Tabor e Gerusalemme, tra la luce ed il buio, fra quel volto bellissimo di Gesù sul Tabor e il volto sfigurato di un crocefisso.
E’ la sfida che ogni credente oggi è chiamato ed è costretto a raccogliere quando dinanzi a ciò che è brutto e inaccettabile come la malattia, la solitudine, la violenza, l’impotenza del corpo, la morte, il credente è chiamato a credere e ad “amare sino alla fine”, a consegnare se stesso, a non aver paura di perdere la propria vita consegnandola all’amore, contraendo legami di amore che vadano sino in fondo. Poi, ultima, verrà la luce!
p. Ermes Ronchi
Il Vangelo – Ermes Ronchi
II Domenica di Quaresima – Anno A – Trasfigurazione
Tabor, quella luce divina sotto la superficie del mondo
In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte. E fu trasfigurato davanti a loro: il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. Ed ecco apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui. Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Signore, è bello per noi essere qui! Se vuoi, farò qui tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Egli stava ancora parlando, quando una nube luminosa li coprì con la sua ombra. Ed ecco una voce dalla nube che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo». All’udire ciò, i discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore. Ma Gesù si avvicinò, li toccò e disse: «Alzatevi e non temete». (…)
(Matteo 17,1-9)
La Quaresima ci sorprende: la consideriamo un tempo penitenziale, di sacrifici, di rinunce, e invece oggi ci spiazza con un Vangelo pieno di sole e di luce, che mette energia, dona ali alla nostra speranza.
Gesù prese con sé tre discepoli e salì su di un alto monte. I monti sono come indici puntati verso il mistero e le profondità del cosmo, raccontano che la vita è un ascendere verso più luce, più cielo: e là si trasfigurò davanti a loro, il suo volto brillò come il sole e le vesti come la luce.
L’esclamazione stupita di Pietro: che bello qui, non andiamo via… è propria di chi ha potuto sbirciare per un attimo dentro il Regno. Non solo Gesù, non solo il suo volto e le sue vesti, ma sul monte ogni cosa è illuminata. San Paolo scrive a Timoteo una frase bellissima: Cristo è venuto ed ha fatto risplendere la vita. Non solo il viso e le vesti, non solo i discepoli o i nostri sogni, ma la vita, qui, adesso, quella di tutti.
Ha riacceso la fiamma delle cose. Ha messo nelle vene del mondo frantumi di stelle. Ha dato splendore e bellezza all’esistenza. Ha dato sogni e canzoni bellissimi al nostro pellegrinare di uomini e donne. Basterebbe ripetere senza stancarci: ha fatto risplendere la vita, per ritrovare la verità e la gioia di credere in questo Dio, fonte inesausta di canto e di luce. Forza mite e possente che preme sulla nostra vita per aprirvi finestre di cielo.
Noi, che siamo una goccia di luce custodita in un guscio d’argilla, cosa possiamo fare per dare strada alla luce? La risposta è offerta dalla voce: Questi è il mio figlio, ascoltatelo. Il primo passo per essere contagiati dalla bellezza di Dio è l’ascolto, dare tempo e cuore al suo Vangelo.
L’entusiasmo di Pietro ci fa inoltre capire che la fede per essere forte e viva deve discendere da uno stupore, da un innamoramento, da un che bello! gridato a pieno cuore. Perché io credo? Perché Dio è la cosa più bella che ho incontrato, perché credere è acquisire bellezza del vivere. Che è bello amare, avere amici, esplorare, creare, seminare, perché la vita ha senso, va verso un esito buono, che comincia qui e scorre nell’eternità.
Quella visione sul monte dovrà restare viva e pronta nel cuore degli apostoli. Gesù con il volto di sole è una immagine da conservare e custodire nel viaggio verso Gerusalemme, viaggio durissimo e inquietante, come segno di speranza e di fiducia.
Devono custodirla per il giorno più buio, quando il suo volto sarà colpito, sfigurato, oltraggiato. Nel colmo della prova, un filo terrà legati i due volti di Gesù. Il volto che sul monte gronda di luce, nell’ultima notte, sul monte degli ulivi, stillerà sangue. Ma anche allora, ricordiamo: ultima, verrà la luce. «Sulla croce già respira nuda la risurrezione» (A. Casati).
(Letture: Genesi 12,1-4; Salmo 32; 2 Timoteo 1,8-10; Matteo 17,1-9).
fonte – http://buff.ly/2mbkZj7
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I 10 SEGRETI DI MEDJUGORJE (di Padre Livio Fanzaga):
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VIDEO RELATIVI AI MESSAGGI DELLA MADONNA DI MEDJUGORJE
PLAYLIST RELATIVA A MEDJUGORJE (MESSAGGI E COMMENTI IN VIDEO)
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LE APPARIZIONI DELLA MADONNA A PORZUS – Nuova versione
6 luglio 2005
IL CATECHISMO DELLA CHIESA CATTOLICA IN AUDIO
Catechesi e omelie di padre Lino Pedron