Testo riformulato sulle domande e risposte di un colloquio avvenuto tra padre Tarcisio Zullo e padre Pio.
Padre Pio, durante la messa che celebrava, era infiammato da un fuoco misterioso.
Per Padre Pio l’Eucaristia che celebrava con molta devozione era tutto il Calvario. Tutto quello che Gesù ha sofferto nella sua passione lo soffriva anche lui per quanto ad umana creatura è possibile.
Nel divino sacrificio, in stretta unione col Signore, prendeva su di sé tutte le iniquità degli uomini. Egli soffriva anche il supplizio della coronazione di spine e della flagellazione.
Dopo la consacrazione soffriva anche la sete e l’abbandono di Gesù sulla Croce. Gesù lo consolava, ma Padre Pio non cessava di stare “appeso” sulla Croce per solidarietà con il suo Maestro.
SITO DI RIFERIMENTO:
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“Fratelli, io ritengo che le sofferenze del momento presente non sono paragonabili alla gloria futura che dovrà esser rivelata in noi.
La creazione stessa attende con impazienza la rivelazione dei figli di Dio; essa infatti è stata sottomessa alla caducità — non per suo volere, ma per volere di colui che l’ha sottomessa — e nutre la speranza di essere lei pure liberata dalla schiavitù della corruzione, per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio.
Sappiamo bene infatti che tutta la creazione geme e soffre fino ad oggi nelle doglie del parto; essa non è la sola, ma anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l’adozione a figli, la redenzione del nostro corpo.” (Romani 8,18-23)
E’ faticoso scalare un’impervia montagna. E’ difficile intravedere la cima nascosta tra dense nubi: eppure c’è e bisogna ascendere faticosamente. Una volta saliti, seduti su una roccia, si osserva con grande soddisfazione il bellissimo panorama e si gode il maestoso silenzio di quelle altezze.
Ecco una sfumata metafora della nostra vita. Si sale verso una meta non ancora visibile. La fede ci dice che c’è e che bisogna continuare l’ascesa. Per ognuno c’è un calvario, una croce, una vetta.
…è molto difficile soffrire con coscienza, con intelligenza. C’è sempre qualcuno che protesta in noi (P.Albino Candido, Diario)
La tribolazione ti distacca dai desideri della terra e ti stimola ad affrettarti verso i beni eterni.
“Se non sarai provato dalla tribolazione sarai tentato di scambiare questo esilio per la tua patria. Per questo il Signore rende aspra la tua via perché tu non trovi gusto a fermarti per strada, dimenticando quello che devi desiderare nella patria.
Dio è padre e se ti prova è solo perché tu sia in grado di possedere l’eredità eterna .
Il dolore non è il tuo fine ultimo. Il tuo fine ultimo è la felicità. Il dolore ti conduce per mano alla soglia della vita eterna. Nelle fatiche e nei patimenti non dimenticare mai che hai un gran premio in paradiso”.
(Francesco Bersini)
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Dio è l’amico, l’alleato, lo sposo. Nella preghiera si può stabilire un rapporto di confidenza con Lui, tant’è vero che nel “Padre nostro” Gesù ci ha insegnato a rivolgergli una serie di domande.
A Dio possiamo chiedere tutto, tutto; spiegare tutto, raccontare tutto. Non importa se nella relazione con Dio ci sentiamo in difetto: non siamo bravi amici, non siamo figli riconoscenti, non siamo sposi fedeli. Egli continua a volerci bene. È ciò che Gesù dimostra definitivamente nell’Ultima Cena, quando dice: «Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue, che viene versato per voi» (Lc 22,20). In quel gesto Gesù anticipa nel cenacolo il mistero della Croce.
Dio è alleato fedele: se gli uomini smettono di amare, Lui però continua a voler bene, anche se l’amore lo conduce al Calvario. Dio è sempre vicino alla porta del nostro cuore e aspetta che gli apriamo. E alle volte bussa al cuore ma non è invadente: aspetta. La pazienza di Dio con noi è la pazienza di un papà, di uno che ci ama tanto. Direi, è la pazienza insieme di un papà e di una mamma. Sempre vicino al nostro cuore, e quando bussa lo fa con tenerezza e con tanto amore.
Proviamo tutti a pregare così, entrando nel mistero dell’Alleanza. A metterci nella preghiera tra le braccia misericordiose di Dio, a sentirci avvolti da quel mistero di felicità che è la vita trinitaria, a sentirci come degli invitati che non meritavano tanto onore. E a ripetere a Dio, nello stupore della preghiera: possibile che Tu conosci solo amore? Lui non conosce l’odio. Lui è odiato, ma non conosce l’odio. Conosce solo amore. Questo è il Dio al quale preghiamo. Questo è il nucleo incandescente di ogni preghiera cristiana. Il Dio di amore, il nostro Padre che ci aspetta e ci accompagna.
Papa Francesco 14 maggio 2020
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Anche se dovessimo ricadere nelle stesse fragilità, non perdiamoci d’animo.
Rialziamoci e meditiamo sul fatto che Gesù, cadde sotto il peso della sua Croce e si rialzò per ben tre volte.
In questo modo ci ha voluto dimostrare che non dobbiamo mai scoraggiarci fino all’ultimo respiro. Anche noi dobbiamo rialzarci dopo ogni caduta e proseguire il cammino verso il Calvario, purificando il nostro cuore.
Quando, sinceramente pentiti, confidiamo nella sua divina Misericordia Egli, commosso, ci abbraccia e ci dona la forza per andare avanti. Le nostre fragilità possono indurre all’umiltà, virtù molto gradita a Dio che viene donata dallo Spirito Santo.
Con essa ci riconosciamo peccatori e bisognosi dell’aiuto di Dio.
Abbandoniamoci, quindi, alla Divina Misericordia, confessiamoci e ricordiamo la frase di Gesù: “Venite a me, voi tutti che siete stanchi ed affaticati, ed io vi ristorerò!”
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