1° MENZOGNA:
L’amore di Dio si esprime solo nella natura, la quale è la casa di Dio, La Bibbia è un inganno ma i sensi no.
1° VERITÀ
La natura parla del Creatore, ma i Testi Sacri della Bibbia sono parole viventi che Dio ti trasmette e che tu dovresti ascoltare.
2° MENZOGNA:
Il mondo è fatto per goderlo, quindi divertiti ad usarlo come vuoi
2° VERITÀ
Offri al Signore i tuoi sacrifici per riparare i tuoi peccati e quelli degli altri in unione con Cristo che ha patito ed è morto sulla croce per redimerci dal peccato
3° MENZOGNA:
Pregare e pentirti dei peccati commessi sono cose inutili.
3° VERITÀ
Continua a pregare ed a batterti il petto. Devi riconoscerti peccatore per purificarti e diventare umile, perché Dio è umile e ama particolarmente gli umili.
4° MENZOGNA:
Dio non ha il potere di cambiare la tua vita, quindi non chiedergli nulla.
4° VERITÀ
Dio è Amore Onnipotente, chiedi a Lui insistentemente che si compia la sua volontà perché Lui ha davvero il potere di cambiare tutto: È Lui che ti sorregge insieme all’Universo.
5° MENZOGNA:
Dio non punisce perché non giudica
5° VERITÀ
Abbi in te il Sacro Timor di Dio: è un profondo atto d’Amore riconoscere che a Lui nulla è impossibile.
6° MENZOGNA:
Le chiese sono templi freddi in cui Dio non vi abita!
6° VERITÀ
Dio è presente soprattutto nella Sacra Ostia conservata nei tabernacoli delle chiese, non fare l’incredulo, l’indifferente od il tiepido.
7° MENZOGNA:
Le istituzioni religiose hanno inventato le regole per tenerti sotto controllo
7° VERITÀ
Rispetta i Comandamenti che Dio ti ha dato e sii obbediente alla Chiesa nelle norme fondamentalmente buone, perché è fondata da Gesù Cristo, vero uomo e vero Dio.
8° MENZOGNA:
Non esiste l’aldilà dopo la morte, solo in questa vita puoi contemplare la bellezza
8° VERITÀ
Ricordati che questo mondo anticipa alcune realtà che godrai in pienezza nell’altra dimensione che ti aspetta dopo la morte terrena in Gesù Cristo. Tu non sei nemmeno padrone della crescita di un tuo capello, Gesù Cristo ti ha già rivelato che ti aspetta un’aldilà con Lui ed in Lui. Non perdere mai la speranza della Vita Eterna. Gesù Cristo è risorto!
9° MENZOGNA:
Non pensare che Dio ti ponga delle regole: sei solo tu il padrone della vita, e decidi tu cosa farsene.
9° VERITÀ
Dio ti ha donato alcune norme da osservare perché tu da solo non sai distinguere il bene dal male: Egli vuole la tua libertà interiore.
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Cantico Dn 3, 57-88 Benedite, opere tutte del Signore, il Signore,
*lodatelo ed esaltatelo nei secoli.Benedite, angeli del Signore, il Signore,
*benedite, cieli, il Signore. Benedite, acque tutte, che siete sopra i cieli,il Signore,
*benedite, potenze tutte del Signore, il Signore.Benedite, sole e luna, il Signore,
*benedite, stelle del cielo, il Signore. Benedite, piogge e rugiade, il Signore,
*benedite, o venti tutti, il Signore.Benedite, fuoco e calore, il Signore,
*benedite, freddo e caldo, il Signore. Benedite, rugiada e brina, il Signore,
*benedite, gelo e freddo, il Signore.Benedite, ghiacci e nevi, il Signore,
*benedite, notti e giorni, il Signore, Benedite, luce e tenebre, il Signore,
*benedite, folgori e nubi, il Signore.Benedica la terra il Signore,
*lo lodi e lo esalti nei secoli. Benedite, monti e colline, il Signore,
*benedite, creature tutte che germinate sulla terra,il Signore.Benedite, sorgenti, il Signore,
*benedite, mari e fiumi, il Signore, Benedite, mostri marinie quanto si muove nell’acqua, il Signore,
*benedite, uccelli tutti dell’aria, il Signore.Benedite, animali tutti, selvaggi e domestici,il Signore,
*benedite, figli dell’uomo, il Signore. Benedica Israele il Signore,
*lo lodi e lo esalti nei secoli.benedite, o servi del Signore, il Signore. Benedite, spiriti e anime dei giusti, il Signore,
*benedite, pii e umili di cuore, il Signore.Benedite, Anania, Azaria e Misaele, il Signore,
*lodatelo ed esaltatelo nei secoli. Benediciamo il Padre il Figlio con lo Spirito Santo,
*lodiamolo ed esaltiamolo nei secoli.Benedetto sei tu Signore, nel firmamento del cielo,
*degno di lode e di gloria nei secoli.
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Lettera di san Giacomo 4,13-17
Ora mi rivolgo a voi, che dite: «Oggi o domani andremo nella tal città e vi passeremo un anno e faremo affari e guadagni», mentre non sapete quale sarà domani la vostra vita!
Siete come vapore che appare per un istante e poi scompare.
Dovreste dire invece: «Se il Signore vorrà, vivremo e faremo questo o quello».
Ora invece vi vantate nella vostra arroganza; ogni vanto di questo genere è iniquo.
Chi dunque sa fare il bene e non lo fa, commette peccato.
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Dal libro della Sapienza Sap 3,1-9
Le anime dei giusti sono nelle mani di Dio, nessun tormento le toccherà. Agli occhi degli stolti parve che morissero; la loro fine fu ritenuta una sciagura, la loro partenza da noi una rovina, ma essi sono nella pace.
Anche se agli occhi degli uomini subiscono castighi, la loro speranza è piena di immortalità.
Per una breve pena riceveranno grandi benefìci, perché Dio li ha provati e li ha trovati degni di sé: li ha saggiati come oro nel crogiuolo e li ha graditi come un olocausto.
Nel giorno del loro giudizio risplenderanno; come scintille nella stoppia, correranno qua e là.
Governeranno le nazioni, avranno potere sui popoli e il Signore regnerà per sempre su di loro.
Quanti confidano in lui comprenderanno la verità; coloro che gli sono fedeli vivranno presso di lui nell’amore, perché grazia e misericordia sono riservate ai suoi eletti.
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I quaranta giorni rappresentano un periodo determinato che racchiude un avvenimento o un’esperienza che si prolunga nel tempo, ma che è aperto alla vita.
È un periodo che segna una situazione provvisoria e di attesa.
E’ il tempo del castigo e della penitenza, ma anche il tempo della misericordia e del perdono.
Scorrendo la bibbia vediamo anche che con 40 anni si indica la durata della vita di un uomo.
Con questo criterio il Deuteronomio (34,7) può affermare che Mosè visse 120 anni, cioè 40×3, perché per tre volte egli ha mutato radicalmente la sua esperienza di vita.
Sono 40 gli anni trascorsi dal popolo di Israele nel deserto;
40 giorni e 40 notti durò il diluvio (Gen. 7,4);
40 giorni e 40 notti Mosè rimase sul monte (Es. 24,18);
Elia camminò per 40 giorni e 40 notti nel deserto per sfuggire all’ira della regina Gezabele (1 Re,19,8);
40 giorni sono il tempo concesso agli abitanti di Ninive per fare penitenza (Giona 3,4);
40 sono il massimo dei colpi di verga per le punizioni corporali (Deut. 25, 3). Nel Nuovo Testamento il numero 40 si trova 22 volte.
I vangeli sinottici parlano di 40 giorni e 40 notti di digiuno di Gesù nel deserto (Matteo 4,1ss; Marco 1,13; Luca 4,2 ss) mettendoli in relazione con il periodo trascorso da Mosè sul monte Sinai.
In questo modo, servendosi del semplice numero 40, gli evangelisti ci invitano a riconoscere in Gesù il nuovo Mosè, che dà inizio al nuovo popolo capace di dare un senso nuovo all’alleanza fondata non più su una legge scritta, ma sulla stessa persona di Gesù.
Secondo il libro degli Atti (1,3) per 40 giorni il Signore si manifestò ai discepoli dopo la risurrezione prima di salire al cielo per completare il suo insegnamento e confermarli nella fede. Il 2021 è il quarantesimo anniversario della Apparizioni…
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Dal libro del SiràcideSir 42,15-26
Ricorderò ora le opere del Signoree descriverò quello che ho visto.
Per le parole del Signore sussistono le sue opere,e il suo giudizio si compie secondo il suo volere.
Il sole che risplende vede tutto,della gloria del Signore sono piene le sue opere.
Neppure ai santi del Signore è datodi narrare tutte le sue meraviglie,che il Signore, l’Onnipotente, ha stabilito
perché l’universo stesse saldo nella sua gloria.
Egli scruta l’abisso e il cuore,e penetra tutti i loro segreti.
L’Altissimo conosce tutta la scienzae osserva i segni dei tempi,annunciando le cose passate e futuree svelando le tracce di quelle nascoste.
Nessun pensiero gli sfugge,neppure una parola gli è nascosta.
Ha disposto con ordine le meraviglie della sua sapienza,egli solo è da sempre e per sempre:nulla gli è aggiunto e nulla gli è tolto,non ha bisogno di alcun consigliere.
Quanto sono amabili tutte le sue opere!E appena una scintilla se ne può osservare.
Tutte queste cose hanno vita e resteranno per sempreper tutte le necessità, e tutte gli obbediscono.
Tutte le cose sono a due a due, una di fronte all’altra,egli non ha fatto nulla d’incompleto.
L’una conferma i pregi dell’altra:chi si sazierà di contemplare la sua gloria?
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La preghiera cristiana è pienamente umana: comprende la lode e la supplica. Infatti, quando Gesù ha insegnato ai suoi discepoli a pregare, lo ha fatto con il “Padre nostro”, affinché ci poniamo con Dio nella relazione di confidenza filiale e gli rivolgiamo tutte le nostre domande.
Imploriamo Dio per i doni più alti: la santificazione del suo nome tra gli uomini, l’avvento della sua signoria, la realizzazione della sua volontà di bene nei confronti del mondo.
Il Catechismo ricorda: «Nelle domande esiste una gerarchia: prima di tutto si chiede il Regno, poi ciò che è necessario per accoglierlo e per cooperare al suo avvento» (n. 2632).
Ma nel “Padre nostro” preghiamo anche per i doni più semplici e feriali, come il “pane quotidiano” – che vuol dire anche la salute, la casa, il lavoro; e pure l’Eucaristia, necessaria per la vita in Cristo –; così come il perdono dei peccati, e quindi la pace nelle nostre relazioni; e infine che ci aiuti nelle tentazioni e ci liberi dal male.
Chiedere, supplicare. Questo è molto umano. Ascoltiamo ancora il Catechismo: «Con la preghiera di domanda noi esprimiamo la coscienza della nostra relazione con Dio: in quanto creature, non siamo noi il nostro principio, né siamo padroni delle avversità, né siamo il nostro ultimo fine; anzi, per di più, essendo peccatori, noi, come cristiani, sappiamo che ci allontaniamo dal Padre. La domanda è già un ritorno a Lui» (n. 2629).
A volte noi possiamo credere di non aver bisogno di nulla, di bastare a noi stessi e di vivere nell’autosufficienza più completa. Ma prima o poi questa illusione svanisce. L’essere umano è un’invocazione, che a volte diventa grido, spesso trattenuto. L’anima assomiglia a una terra arida, assetata (cfr Sal 63,2).
Tutti sperimentiamo, in un momento o nell’altro della nostra esistenza, il tempo della malinconia, della solitudine. La Bibbia non si vergogna di mostrare la condizione umana segnata dalla malattia, dalle ingiustizie, dal tradimento degli amici, o dalla minaccia dei nemici.
A volte sembra che tutto crolli, che la vita vissuta finora sia stata vana. In queste situazioni apparentemente senza sbocchi c’è un’unica via di uscita: il grido, la preghiera: «Signore, aiutami!».
La preghiera apre squarci di luce nelle tenebre più fitte. Noi esseri umani condividiamo questa invocazione di aiuto con tutto il creato. Non siamo i soli a “pregare” in questo sterminato universo: ogni frammento del creato porta inscritto il desiderio di Dio.
San Paolo lo ha espresso in questo modo: «Sappiamo che tutta insieme la creazione geme e soffre le doglie del parto fino ad oggi. Non solo, ma anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente» (Rm 8,22-24).
In noi risuona il multiforme gemito delle creature: degli alberi, delle rocce, degli animali… Ogni cosa anela a un compimento.
Ha scritto Tertulliano: «Prega ogni essere creato, pregano gli animali e le fiere e piegano le ginocchia; quando escono dalle stalle o dalle tane alzano la testa al cielo e non rimangono a bocca chiusa, fan risuonare le loro grida secondo le loro abitudini. E anche gli uccelli, non appena spiccano il volo, van su verso il cielo e allargano le loro ali come se fossero mani a forma di croce, cinguettano qualcosa che pare preghiera» (De oratione, XXIX).
Dunque, non dobbiamo scandalizzarci se sentiamo il bisogno di pregare soprattutto quando siamo nella necessità.Dovremmo imparare a pregare anche nei tempi felici; ringraziare Dio per ogni cosa che ci è data, e non ritenere nulla come scontato o dovuto: tutto è grazia. Tuttavia, non soffochiamo la supplica che sorge in noi spontanea.
La preghiera di domanda va di pari passo con l’accettazione del nostro limite e della nostra creaturalità. … È difficile non credere nella preghiera: essa semplicemente esiste; si presenta a noi come un grido; e tutti quanti abbiamo a che fare con questa voce interiore che può magari tacere per lungo tempo, ma un giorno si sveglia e grida. Dio risponderà.
Non c’è orante nel Libro dei Salmi che alzi il suo lamento e resti inascoltato. La Bibbia lo ripete infinite volte: Dio ascolta il grido di chi lo invoca. Anche le nostre domande balbettate, anche quelle rimaste nel fondo del cuore.
Il Padre vuole donarci il suo Spirito, che anima ogni preghiera e trasforma ogni cosa. È questione di pazienza, di reggere l’attesa. Perfino la morte trema, quando un cristiano prega, perché sa che ogni orante ha un alleato più forte di lei: il Signore Risorto.
La morte è già stata sconfitta in Cristo, e verrà il giorno in cui tutto sarà definitivo, e lei non si farà più beffe della nostra vita e della nostra felicità.
(papa Francesco – 9 dicembre 2020)
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Il termine GIACULATORIA proviene dal latino: jaculor jacularis – lanciare, donde: prex jaculatoria: preghiera giaculatoria.
Consiste di due elementi: la parola e l’atteggiamento:Kyrie eleison – O Signore, abbi pietà di me.
La parola, che deve essere scelta tra i vocaboli dei libri ispirati; l’atteggiamento – che è l’affidarsi a quella Potenza che ci supera per ogni dove.
Due significati quindi: il nostro affidamento a Dio e la richiesta di aiuto.A volte il soggetto è sottinteso come: Ora pro nobis – prega per noi – dove il soggetto può essere anche la Madonna o i Santi.
Il suggerimento è quello di utilizzare l’invocazione che meglio si adatta alle varie circostanze e ai diversi stati d’animo.
Possono venire spontaneamente in mente, o essere scelte fra quelle entrate nell’uso comune, tutte prese dalla Bibbia:Dio sia benedetto – Sia lodato Gesù Cristo – Venga il tuo regno.
Una invocazione continua quindi, ripetuta associandola al respiro; una preghiera che deve scendere fino al cuore. Famosa l’invocazione nei: “Racconti di un Pellegrino russo” dove il fedele era inviato a ripetere la preghiera ritmando le parole con il battito del cuore.
Ritroviamo quindi l’essenza della preghiera del cuore che è appunto dare a Dio tutto noi stessi. Il risultato è un senso di pace, fiducia e speranza, così difficili da conquistare ai nostri giorni.
Si differenziano dalla normale preghiera per la loro ripetizione costante; a volte ritmano il respiro e quindi si possono ripetere per ore intere ed essere così in costante contatto con Dio o il Santo protettore.
(Testo di Eugenio Carretta)
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Fratelli, siate benevoli gli uni verso gli altri, misericordiosi, perdonandovi a vicenda come Dio ha perdonato a voi in Cristo.
Fatevi dunque imitatori di Dio, quali figli carissimi, e camminate nella carità, nel modo in cui anche Cristo ci ha amato e ha dato se stesso per noi, offrendosi a Dio in sacrificio di soave odore.
Di fornicazione e di ogni specie di impurità o di cupidigia neppure si parli fra voi – come deve essere tra santi – né di volgarità, insulsaggini, trivialità, che sono cose sconvenienti.
Piuttosto rendete grazie! Perché, sappiatelo bene, nessun fornicatore, o impuro, o avaro – cioè nessun idolatra – ha in eredità il regno di Cristo e di Dio.
Nessuno vi inganni con parole vuote: per queste cose infatti l’ira di Dio viene sopra coloro che gli disobbediscono.
Non abbiate quindi niente in comune con loro.
Un tempo infatti eravate tenebra, ora siete luce nel Signore.
Comportatevi perciò come figli della luce.
(Ef 4,32-5,8)
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La Sacra Scrittura va letta con la mente ed il cuore aperti allo Spirito Santo, il quale ci dona l’intelligenza e la scienza, se glielo chiediamo.
Non dobbiamo considerare il Libro Sacro come un trattato scientifico, ma come la Rivelazione di Dio Padre e del suo amore verso le sue amate creature.
Per cui non importa la data esatta della Creazione, ma lo Spirito con cui è stata scritta la Bibbia.
Tutto in essa serve per il nostro progresso umano e spirituale. In essa ci sono analogie, similitudini, metafore, esortazioni, racconti, descrizioni, momenti poetici, profezie, preghiere ecc.
Tutto ciò per la nostra edificazione in preparazione alla Vita Eterna.
Essa è stata scritta da molti autori ispirati che vivevano il contesto culturale e linguistico dei loro tempi, per cui non dobbiamo ricercare le corrispondenze scientifiche, ma la Verità spirituale che è sottesa ai loro scritti…
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Magi, voi siete i santi più nostri!
Nostri perché all’inizio sono lontani dal Signore, come lo siamo noi; perché mostrano che si può arrivare a Lui per mille strade, non ce n’è una sola; ognuno ha la sua strada, anche chi non legge la Bibbia, come loro.
Sono i santi più nostri per quel misterioso strabismo: camminano con i piedi per terra e gli occhi nel cielo, mostrando che si avanza davvero solo quando si decide di non seguire le paure, ma il cuore; di non calcolare le difficoltà, ma di custodire la sete.
Entrati nella casa videro il Bambino e sua Madre e lo adorarono. Nostri i Magi perché entrano in una casa, una delle nostre case e ci mostrano che la stella di luce si posa sulla nostra vita semplice, sul nostro quotidiano, come un instancabile ardere di orizzonti, di cielo, di speranza. Una stella si è fermata su ognuna delle nostre case.
E adorano un bambino. C’è qui una lezione misteriosa: non adorano un Crocifisso, non il Risorto, non un saggio dalle parole di luce, non un giovane nel pieno del suo vigore, semplicemente un bambino in braccio a sua madre. La cosa più vicina a Dio: non solo Dio è come noi, non solo è il Dio-con-noi, ma è un Dio piccolo fra noi.
Che non può fare paura, che fa leva solo sulla tua bontà.
(p. Davide M. Turoldo)
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Il Vangelo a cura di Ermes Ronchi
Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria
8 dicembre 2019
Il sì di Maria l’eccomi che cambia la storia
Vangelo – (Luca 1, 26-38)
In quel tempo, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallègrati, piena di grazia: il Signore è con te». A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo» (…).
L’angelo Gabriele, lo stesso che «stava ritto alla destra dell’altare del profumo» (Lc 1,11), è volato via dall’incredulità di Zaccaria, via dall’immensa spianata del tempio, verso una casetta qualunque, un monolocale di povera gente. Straordinario e sorprendente viaggio: dal sacerdote anziano a una ragazza, dalla Città di Dio a un paesino senza storia della meticcia Galilea, dal sacro al profano. Il cristianesimo non inizia al tempio, ma in una casa.
La prima parola dell’angelo, il primo “Vangelo” che apre il vangelo, è: rallegrati, gioisci, sii felice. Apriti alla gioia, come una porta si apre al sole: Dio è qui, ti stringe in un abbraccio, in una promessa di felicità.
Le parole che seguono svelano il perché della gioia: sei piena di grazia. Maria non è piena di grazia perché ha risposto “sì” a Dio, ma perché Dio per primo ha detto “sì” a lei, senza condizioni. E dice “sì” a ciascuno di noi, prima di qualsiasi nostra risposta. Che io sia amato dipende da Dio, non dipende da me. Quel suo nome, “Amata-per-sempre” è anche il nostro nome: buoni e meno buoni, ognuno amato per sempre. Piccoli o grandi, tutti continuamente riempiti di cielo. Il Signore è con te.
Quando nella Bibbia Dio dice a qualcuno “io sono con te” gli sta consegnando un futuro bellissimo e arduo (R. Virgili). Lo convoca a diventare partner della storia più grande.
Darai alla luce un bimbo, che sarà figlio della terra e figlio del cielo, figlio tuo e figlio dell’Altissimo, e siederà sul trono di David per sempre. La prima parola di Maria non è il “sì” che ci saremmo aspettati, ma la sospensione di una domanda: come avverrà questo? Matura e intelligente, vuole capire per quali vie si colmerà la distanza tra lei e l’affresco che l’angelo dipinge, con parole mai udite… Porre domande a Dio non è mancare di fede, anzi è voler crescere nella consapevolezza.
La risposta dell’angelo ha i toni del libro dell’Esodo, di una nube oscura e luminosa insieme, che copre la tenda, la riempie di presenza. Ma vi risuona anche la voce cara del libro della vita e degli affetti: è il sesto mese della cugina Elisabetta.
Maria è afferrata da quel turbinio di vita, ne è coinvolta: ecco la serva del Signore. Nella Bibbia la serva non è “la domestica, la donna di servizio”. Serva del re è la regina, la seconda dopo il re: il tuo progetto sarà il mio, la tua storia la mia storia, Tu sei il Dio dell’alleanza, e io tua alleata. Sono la serva, e dice: sono l’alleata del Signore delle alleanze.
Come quello di Maria, anche il nostro “eccomi!” può cambiare la storia. Con il loro “sì” o il loro “no” al progetto di Dio, tutti possono incidere nascite e alleanze sul calendario della vita.
(Letture: Genesi 3,9-15.20; Salmo 97; Efesini 1,3-6.11-12; Luca 1, 26-38).
https://www.avvenire.it/rubriche/pagine/il-si-di-marial-eccomiche-cambiala-storia
Non è raro sognare un defunto che ci è stato caro durante la vita terrena.
Ogni sogno reca con sé un’attività simbolica peculiare del solo sognatore. Questo significa che la sua eventuale interpretazione richiede una particolare intuizione in base alle caratteristiche psichiche ed emotive del soggetto che sta sognando, tenendo conto anche del contesto in cui vive ed opera e delle vicende più o meno recenti da lui vissute con un certa intensità.
Ma fra i diversi sogni provocati dall’inconscio, qualcuno potrebbe anche avere origini soprannaturali, come riporta la Bibbia in diversi casi. Si tratta di saperli discernere con molta prudenza e buon senso, senza essere ingenui creduloni o fanatici religiosi. Può succedere che sogniamo un famigliare defunto dal volto ringiovanito e sereno. O anche un amico. Ciò potrebbe essere un segnale di incoraggiamento per continuare a pregare per lui. In alcuni casi il defunto chiede al soggetto di far celebrare un numero preciso di Sante Messe. A volte il vestito con cui si presenta potrebbe indicare lo stato spirituale in cui si trova la sua anima. Anche il luogo potrebbe essere un’indicazione significativa: luminoso, oscuro, in penombra, azzurro, piacevole o triste, ecc.
San Tommaso d’Aquino sostiene che Dio permette le apparizioni di defunti per istruire i vivi sui misteri della morte e far avere ai defunti i suffragi di cui hanno bisogno.
Ad ogni modo la Chiesa non obbliga a credere ai sogni. Però offrire preghiere e sacrifici per i defunti è considerata un’ottima cosa per la loro ascesa verso la Luce.
ALCUNI LIBRI DI PIER ANGELO PIAI
GUARIRE LA MENTE PER GUARIRE IL CORPO: http://www.edizionisegno.it/libro.asp…
LA SPIRALE DELLA VITA (riedizione) : http://www.edizionisegno.it/libro.asp…
L’ANIMA ESISTE ED È IMMORTALE ed. Segno http://www.edizionisegno.it/libro.asp…
“LA FORZA DELLA FRAGILITÀ” ed.Segno (In questo mio libro troverete preghiere per molti stati d’animo e situazioni personali) http://www.edizionisegno.it/libro.asp…. VERSO L’ETERNITÀ (commenti su 4 anni di messaggi della Regina della Pace) http://www.edizionisegno.it/libro.asp…
LA STIMMATIZZATA DI UDINE (Storia autentica di Raffaella Lionetti, dotata di speciali carismi) http://www.edizionisegno.it/libro.asp…
FIAMMA D’AMORE DEL CUORE IMMACOLATO DI MARIA http://www.edizionisegno.it/libro.asp…
CONCETTA BERTOLI – La donna che vide la terza guerra mondiale http://www.edizionisegno.it/libro.asp…
IL RESPIRO DELL’ANIMA INNAMORATA (con disegni di Perla Paik) http://www.edizionisegno.it/libro.asp…
MARCELLO TOMADINI il pittore fotografo dei lager https://www.edizionisegno.it/libro.as…
DIARIO DI UN PELLEGRINO CARNICO https://www.edizionisegno.it/libro.as…
GESÙ CHIEDE TOTALE FIDUCIA IN LUI (nel “Colloquio interiore” di suor Maria della Trinità) https://www.edizionisegno.it/libro.as…
Caro giovane!
Oggi ti ritrovi a vivere in una società piuttosto materialista ed atea, per cui la tua vita spirituale è molto difficile, me ne rendo conto, perché è assai dura anche per noi adulti.
Ricordati che oltre al tuo giovane corpo, tu hai un’anima immortale, creata da Dio al momento del tuo concepimento ed è destinata alla Beatitudine Eterna in Dio.
Non dubitare dell’esistenza di Dio e mantieni salda la tua fede in Gesù Cristo, perché i cattivi esempi e molti profeti del nulla vogliono trarti in inganno. Ti vogliono ingannare dicendoti che Dio è un’invenzione dell’uomo, che l’anima non esiste e che dopo la morte ci attende il nulla. Leggi con umiltà le Sacre Scritture, soprattutto il Santo Vangelo e comprenderai il valore immenso della tua anima creata ad immagine e somiglianza di Dio e Tempio vivo dello Spirito Santo.
Non lasciarti assorbire da troppi passatempi o impegni quotidiani. Dedica del tempo anche alla preghiera personale e, sull’esempio di Carlo Acutis e di tutti i santi, frequenta la confessione e la Santa Eucaristia. Non lasciarti coinvolgere dalla pigrizia, la quale porta all’indifferenza ed ai vizi di ogni tipo. Ricordati che i vizi (alcool, fumo, droga, ecc) abbruttiscono l’anima e la preparano per sua rovina eterna. I veggenti di Medjugorje testimoniano che l’aldilà esiste: quando erano giovani come te sono stati portati dalla Regina della Pace con il loro corpo in Paradiso, nel Purgatorio e nell’inferno.
Rispetta i Comandamenti di Dio, adora la SS. Trinità, onora tuo padre e tua madre: ricordati che ti hanno trasmesso la vita ed accettali con i loro difetti. Rispettali e non offenderli nei litigi o nell’indifferenza. Il tuo smartphone non sia un mezzo per isolarti e renderti più egoista, ma soccorri a chi ti chiede attenzione o un semplice sorriso.
Prega spesso, invoca lo Spirito Santo che ti illumini e chiedi l’intercessione di Maria, la quale è particolarmente sensibile verso i giovani. Così facendo fondi la tua vita su valori reali ed eterni, perché eterna è la tua stessa esistenza e sei destinato a lodare Dio per tutta l’Eternità!
Una voce dal deserto
VI Domenica – T. O. – Anno C – febbraio 2019
«Beati voi». Ma il nostro pensiero dubita
Vangelo – (Luca 6,17.20-26)
In quel tempo, Gesù, disceso con i Dodici, si fermò in un luogo pianeggiante. C’era gran folla di suoi discepoli e gran moltitudine di gente da tutta la Giudea, da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e di Sidone. Ed egli, alzati gli occhi verso i suoi discepoli, diceva: «Beati voi, poveri, perché vostro è il regno di Dio. Beati voi, che ora avete fame, perché sarete saziati. Beati voi, che ora piangete, perché riderete. […]».
L’essere umano è un mendicante di felicità, ad essa soltanto vorrebbe obbedire. Gesù lo sa, incontra il nostro desiderio più profondo e risponde. Per quattro volte annuncia: beati voi, e significa: in piedi voi che piangete, avanti, in cammino, non lasciatevi cadere le braccia, siete la carovana di Dio. Nella Bibbia Dio conosce solo uomini in cammino: verso terra nuova e cieli nuovi, verso un altro modo di essere liberi, cittadini di un regno che viene. Gli uomini e le donne delle beatitudini sono le feritoie per cui passa il mondo nuovo.
Beati voi, poveri! Certo, il pensiero dubita. Beati voi che avete fame, ma nessuna garanzia ci è data. Beati voi che ora piangete, e non sono lacrime di gioia, ma gocce di dolore. Beati quelli che sentono come ferita il disamore del mondo. Beati, perché? Perché povero è bello, perché è buona cosa soffrire? No, ma per un altro motivo, per la risposta di Dio. La bella notizia è che Dio ha un debole per i deboli, li raccoglie dal fossato della vita, si prende cura di loro, fa avanzare la storia non con la forza, la ricchezza, la sazietà, ma per seminagioni di giustizia e condivisione, per raccolti di pace e lacrime asciugate.
E ci saremmo aspettati: beati perché ci sarà un capovolgimento, una alternanza, perché i poveri diventeranno ricchi. No. Il progetto di Dio è più profondo e più delicato. Beati voi, poveri, perché vostro è il Regno, qui e adesso, perché avete più spazio per Dio, perché avete il cuore libero, al di là delle cose, affamato di un oltre, perché c’è più futuro in voi. I poveri sono il grembo dove è in gestazione il Regno di Dio, non una categoria assistenziale, ma il laboratorio dove si plasma una nuova architettura del mondo e dei rapporti umani, una categoria generativa e rivelativa. Beati i poveri, che di nulla sono proprietari se non del cuore, che non avendo cose da donare hanno se stessi da dare, che sono al tempo stesso mano protesa che chiede, e mano tesa che dona, che tutto ricevono e tutto donano.
Ci sorprende forse il guai. Ma Dio non maledice, Dio è incapace di augurare il male o di desiderarlo. Si tratta non di una minaccia, ma di un avvertimento: se ti riempi di cose, se sazi tutti gli appetiti, se cerchi applausi e il consenso, non sarai mai felice. I guai sono un lamento, anzi il compianto di Gesù su quelli che confondono superfluo ed essenziale, che sono pieni di sé, che si aggrappano alle cose, e non c’è spazio per l’eterno e per l’infinito, non hanno strade nel cuore, come fossero già morti.
Le beatitudini sono la bella notizia che Dio regala vita a chi produce amore, che se uno si fa carico della felicità di qualcuno il Padre si fa carico della sua felicità.
(Letture: Geremia 17,5-8; Salmo 1; 1 Corinzi 15,12.16-20; Luca 6,17.20-26)
Commento al Vangelo domenica 17 febbraio – p.Ermes – “Beati voi”. Ma il nostro pensiero dubita.
https://www.avvenire.it/rubriche/pagine/beati-voi-ma-il-nostro-pensiero-dubita
L’orazione dell’uomo, questo anelito che nasce in maniera così naturale dalla sua anima, è forse uno dei misteri più fitti dell’universo. E non sappiamo nemmeno se le preghiere che indirizziamo a Dio siano effettivamente quelle che Lui vuole sentirsi rivolgere.
La Bibbia ci dà anche testimonianza di preghiere inopportune, che alla fine vengono respinte da Dio: basta ricordare la parabola del fariseo e del pubblicano. Solamente quest’ultimo, il pubblicano, torna a casa dal tempio giustificato, perché il fariseo era orgoglioso e gli piaceva che la gente lo vedesse pregare e faceva finta di pregare: il cuore era freddo. E dice Gesù: questo non è giustificato «perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato» (Lc 18,14).
Il primo passo per pregare è essere umile, andare dal Padre e dire: “Guardami, sono peccatore, sono debole, sono cattivo”, ognuno sa cosa dire. Ma sempre si incomincia con l’umiltà, e il Signore ascolta. La preghiera umile è ascoltata dal Signore.
La cosa più bella e più giusta che tutti quanti dobbiamo fare prima di pregare è di ripetere l’invocazione dei discepoli: “Maestro, insegnaci a pregare!”. Tutti possiamo andare un po’ oltre e pregare meglio; ma chiederlo al Signore: “Signore, insegnami a pregare”. Facciamo questo, e Lui sicuramente non lascerà cadere nel vuoto la nostra invocazione.
di p. Ermes Ronchi
Pentecoste Gv 15,26-27.16,12-15
Vi saluto cari amici, in modo particolare in questa festa di Pentecoste. Vorrei salutare ciascuno con un inchino, perché a ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito santo. Inchinarmi davanti a ciascuno e dire: Saluto il Dio che è in te.
Se non sono stato segno dello Spirito nella libertà, nella creatività, nella novità di vita, nel continuo spirare e creare e ricreare questa umanità nuova, ti prego:
Vieni e rinnovaci Signore
Se non sono stato creatura di fuoco, del fuoco che riscalda e illumina e consola e trasforma, se abbiamo preferito una chiesa spegnitrice…
Vieni e rinnovaci Signore
Per la mia chiesa che ha paura del fuoco e del vento, se abbiamo spento lo Spirito nelle anime, o nelle attese dell’umanità, per noi e per la chiesa ti preghiamo:
Vieni e rinnovaci Signore
Omelia
Che cos’è lo Spirito santo? È Dio in libertà.
Che inventa, apre, fa cose che non t’aspetti. Che dà a Maria un figlio fuorilegge, a Elisabetta un figlio profeta.
Dio è libero sempre, ma oggi mi piace immaginarlo libero, mentre gioca con la sua creazione, mentre lascia il cielo e scende nei nostri pascoli. Per entrare in noi e dimorare: è il travaso di Dio nell’anima di ciascuno di noi. Gli piace vivere di noi. Piace anche a lui nutrirsi di nutrimenti terreni.
Dio in libertà, un vento nomade, che porta pollini dove vuole, là dove vuole primavere, che disperde le nebbie.
Dio in libertà. Dio che non sopporta statistiche. Gli studiosi cercano ricorrenze e schemi costanti. Dicono: nella Bibbia Dio agisce così. Non credeteci. Nella vita e nella Bibbia, Dio non segue mai degli schemi.
Libero come lo è il vento, la cosa più libera che ci sia, che alle volte è una brezza leggera, alle volte un uragano che scuote la casa e la città; la sua Parola alle volte voce sottile del silenzio, alle volte un fuoco chiuso dentro le ossa del profeta.
Libero: agisce contro il gigante Golia con una fionda di pastore, oppure contro il Faraone con due levatrici.
Ma che bello il nostro Dio! L’ho scelto per questo. Mi commuovono certe storie impossibili. Il re Saul vede il suo regno a pezzi e va da una vecchia negromante, una strega in una caverna a Endor (1 Sam 28,7) per farsi evocare lo spirito di Samuele. Il profeta viene, ma gli annuncia con durezza la fine sua e dei suoi figli. Il re Saul sta male, cade a terra, ed ecco che la vecchia strega, che sa di rischiare la vita, è lei a prendersi cura del re, gli spezza il pane, prepara il vitello grasso, anticipa una parabola bellissima, è madre misericordiosa, invoca Dio. Una strega china sul grande re prega.
Quella donna qui vince il suo cattivo mestiere, e mostra che tutti siamo potenzialmente capaci di fare cose e dire parole migliori di quelle che la vita ci fa fare e dire tutti i giorni. E le sue parole “risorgono” Saul-
Una scena buia, che si svolge in una caverna, eppure un raggio di luce e di pietà emana da una donna scartata e scomunicata e illumina tutto l’ambiente (L. Bruni). E che cos’è che la rende capace di pietà e di luce se non lo Spirito di Dio? Che illumina una scomunicata…
Infinita umanità della bibbia. È l’ultima cena di Saul, forse le ultime parole buone che la vita, Samuele e Dio gli avevano negato. La Bibbia è infinita anche per questo, per gesti di donne e uomini ordinari, spesso scartati e peccatori, che consentono alla parola biblica di essere qualche volta più umana delle parole di Dio pronunciate dai suoi profeti.
Immagine dello Spirito Santo: che è dato a ciascuno, parole di Paolo, per una manifestazione particolare, per un pezzetto di storia buona.
Alle volte ci sentiamo come in mezzo a un mare piatto, su un guscio di noce, tutto è più grande di noi. Ricordo il verso di un poeta, Julian Gracq: bisogna sapere a ogni costo far sorgere una vela sul vuoto del mare.
Una vela e il mare cambia, non è più un vuoto in cui perdersi o affondare; basta che sorga una vela, che si lasci investire dal soffio vigoroso dello Spirito per iniziare una avventura appassionante, dimenticando il vuoto, seguendo una direzione.
Dove c’è lo Spirito del Signore lì c’è la libertà(2 Cor 3,17).
Posso essere incompreso, ma sono libero.
Posso essere mortificato, ma sono libero.
Posso vedere che a vincere sono sempre i più furbi o spregiudicati, ma io sono libero di dire da che parte sta il nostro Dio e di alzare il mio argine, e dire: non ti è lecito.
Se penso alla libertà di qualcuno, penso alla sua unicità, al suo essere originale, inconfondibile, insostituibile. Perciò essere liberi, meglio: diventare liberi – non è solo un diritto inalienabile e una possibilità, è il nostro esistere come persone uniche, creative, capaci di dare risposte nuove alla vita, soluzioni inedite. Perfino come la strega di Endor.
Libertà è uguale a creatività, a immaginazione. Sei libero per essere creatore, per mettere al mondo qualcosa che non esiste ancora.
Nel racconto di Luca: Apparvero lingue di fuoco che si posavano su ciascuno. Su ciascuno, nessuno escluso, nessuna distinzione da fare. Lo Spirito tocca ogni vita, le diversifica tutte, fa nascere creatori. Le lingue di fuoco si dividono e ognuna illumina una persona diversa, una interiorità irriducibile. Ognuna sposa una libertà, afferma una vocazione, rinnova una esistenza unica. E ogni credente ha tanto Spirito Santo quanto ne ha il papa. Ognuno di noi ha tutto lo Spirito che gli serve per essere creatore, cioè a immagine di Dio.
Abbiamo bisogno dello Spirito, ne ha bisogno questo nostro piccolo mondo stagnante, senza slanci. Per questa chiesa che fatica a sognare. Lo Spirito con i suoi doni dà a ogni cristiano una genialità che gli è propria. E abbiamo bisogno estremo di discepoli geniali. Abbiamo bisogno cioè che ciascuno creda al proprio dono, alla propria unicità e che metta a servizio della vita la propria creatività e il proprio coraggio. La chiesa come pentecoste continua vuole il rischio, l’invenzione, la poesia creatrice, la battaglia della coscienza.
Ma ricordiamoci di invocarlo lo Spirito. Dio è talmente delicato che viene da te se tu lo chiami. Perché Dio è rispettoso.
Il vangelo che abbiamo ascoltato oggi ha tutti i verbi al futuro: lo Spirito verrà, annuncerà, parlerà. Che senso di vitalità, di energia. Lo Spirito è una corda tesa verso il futuro, apre sentieri, e soffia forte in quella vela che hai fatto sorgere sul vuoto del mare.
E ti porta avanti; e da là dove ti eri fermato ti fa ripartire. Non viene dal passato, viene dal futuro. Che è il territorio, la terra fertile e incolta della speranza.
Verrà lo Spirito vi guiderà a tutta la verità. Gesù che non ha la pretesa di dire tutto, come invece troppe volte l’abbiamo noi, ha l’umiltà di affermare: la verità è avanti, è un percorso, un futuro. Ecco allora la gioia di sentire che i discepoli del Vento appartengono ad un progetto aperto, non ad un sistema chiuso. Che in Dio si scoprono nuovi mari quanto più si naviga.
Niente cattolici depressi, allora. Perché non mancherà mai il vento al mio veliero. Non mancherà a quella piccola vela, che ho fatto sorgere sul vuoto del mare.
PREGHIERA ALLA COMUNIONE
O Santo Spirito, amoroso respiro
e alito appassionato del Cristo.
O turbine di fuoco che si abbatte
su ogni vecchia Gerusalemme
con rombo potente.
Radice di ogni femminilità
che è nel cosmo.
O santo vento,
torna ancora libero e liberante
a turbare il nostro presente
con imprevedibili uragani,
perché guardiamo fidenti
con la tua fantasia
oltre gli orizzonti brevi
dei nostri piccoli sogni
verso nuove primavere.
O memoria salutare dell’Eterno,
o supremo, dolcissimo desiderio
che ci rendi frementi di nostalgia e grati
mentre rapido giungi all’improvviso
e subito scompari,
facci tutti alla fine
vento nel Vento,
ognuno ancora in missione,
ognuno vento nel tuo Vento,
o Spirito Creatore.
(D.M. Montagna)
VI di Pasqua Gv 15, 9-17
di p. Ermes Ronchi
Che vangelo, oggi! Che ruota tutto attorno ad una parola magica: amore. Per 9 volte in nove versetti ritorna questo vocabolario da innamorati: come il padre ha amato me, anch’io ho amato voi, rimanete nel mio amore. Per 9 volte anche nella seconda lettura! La divina monotonia di Giovanni.
Roba grossa. Questione di darsi la vita!
Rimanete, non andatevene via dall’amore. L’amore è reale come un luogo, un paese, una casa, ci puoi vivere dentro. Anzi, ci siamo già dentro, come un bimbo quando è ancora dentro il grembo della madre, e non la può vedere, ma ha mille segni della sua presenza che lo nutre, lo scalda, lo culla: “il nostro problema è che siamo immersi in un oceano d’amore e non ce ne rendiamo conto” (P. Vannucci).
Ma oggi risuona la voce di qualcuno che ci rivendica: voi siete miei.
Qualcuno non ci molla, ci rivendica per sé: voi siete miei, e io sono per voi.
Delle poche cose certe che ho scoperto nella vita, una, la prima, è che amare è una cosa bella, che essere amati è una cosa bella.
E voi, con i vostri bambini in braccio, con il vostro uomo o la vostra donna vicini al punto che respirate la stessa aria, voi lo sapete con tutto voi stessi che è così.
E questi vostri bambini profumati di cielo che cosa sono? Dice il poeta: Sono il vostro amore diventato visibile.
Amore che riempie o svuota la vita, che là dove si era fermata la fa ripartire, che alle volte fa fare pazzie.
Tutta la bibbia inizia con un “sei amato” e termina con un “tu amerai”. Chi non vuole questo, ama il contrario della vita.
Io sento però che faccio fatica a realizzare, a concretizzare l’amore, è sempre così poco, così a rischio, così fragile. Faccio fatica anche a capire in che cosa consiste l’amore, vi si mescola tutto: passione, tenerezza, sessualità, emozioni, sentimenti, lacrime, paure, sorrisi.
L’amore è sempre meravigliosamente complicato, e sempre imperfetto, che vuol dire incompiuto. E perciò è amore artigianale, e come ogni lavoro artigianale chiede mani e tempo e cura.
Allora ecco arrivare Gesù, l’artigiano dell’amore, a dirci: vi spiego io come si fa ad amare.
E la prima cosa che dice: osservate i miei comandamenti. Ma come Signore, chiudi dentro i comandi l’unica cosa che non si può comandare? Mi fai cascare le braccia: il comandamento è regola, costrizione, sanzione. Un guinzaglio che mi strattona. L’amore invece deve essere libero.
Ma Gesù non è moralista, non si riferisce alle regoline.
Le persone, per una norma non cambieranno mai il cuore.
Una regola non cambierà il cuore di nessuno.
Attenzione al moralismo, che non è solo brutto, è inutile.
E allora spiega: questo è il comandamento, quello mio, non come quelli di Mosè, ma il solo, l’unico: che vi amiate come io ho amato voi.
Eccolo qui il maestro del cuore, l’artigiano guaritore dell’unico nostro peccato che è il disamore, con la sua pedagogia in due tempi:
Nella reciprocità. Il fatto di amare qualcuno può bastare a riempire una vita, ma amare riamati riempie molte vite.
lui che lava i piedi ai grandi e abbraccia i bambini; che vede uno soffrire e prova un crampo nel ventre, un’unghiata sul cuore; lui che quando si commuove va vicino e tocca, tocca la carne, la pelle, gli occhi; che non manda via nessuno mai. In cerca dell’ultima pecora, combattivo contro i lupi, alle volte coraggioso come un eroe, alle volte tenero come un innamorato.
Lui che ci obbliga a diventare grandi, che accarezza e pettina le nostre ali perché pensiamo in grande e voliamo lontano.
Chi ti ama davvero? Non chi ti coccola e ti riempie di cose, ma ti ama davvero chi ti spinge, ti obbliga a diventare il meglio di ciò che puoi diventare. È la risposta di un grande dell’umanità, Rainer Maria Rilke.
Così voi, genitori, con i vostri figli: non date loro cose, date loro grandi orizzonti e grandi ali e incalzateli a diventare il meglio di ciò che possono diventare.
Anche quando sembra che si dimentichino di voi.
Ma poi ho un’altra obiezione: perché dovrei scegliere questa logica? La risposta è semplice, per essere nella gioia: questo vi dico perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena.
L’amore è da prendere sul serio, ne va del nostro benessere, della nostra gioia.
Dio, un Dio felice (“la mia gioia”), spende la sua pedagogia per tirar su non già figli ubbidienti, ma figli felici, che amino la vita con libero e forte cuore, e ne provino piacere, e ne gustino la grande bellezza, e godano di essa.
La gioia è un sintomo: ti assicura che stai camminando bene, che sei sulla via giusta, che la tua strada punta diritta verso il cuore caldo e vivo dell’esistenza.
La “gioia piena” , la felicità di questa vita in che cosa si misura se non nel dare e nel ricevere amore?
Poi Gesù aggiunge un secondo perché: se ami porti frutto. Forse non subito, ma il frutto che tarda verrà; magari non te ne accorgi, ma lo irradi intorno e qualcun altro lo riceverà da te.
Quali frutti dà un tralcio innestato su una pianta d’amore? Un vigore che monta, e poi pace, guarigione, liberazione, bellezza, giustizia: questi nostri frutti continueranno a germogliare sulla terra anche quando noi l’avremo lasciata.
Perché non va perduto nessun gesto d’amore,
non va perduta nessuna cura amorosa,
nessuna pazienza e nessuna generosità,
tutto questo circola attraverso le vene del mondo come una energia di vita.
Se ami, non sbagli.
Se ami, non fallisci la vita.
Se ami, la tua vita è stata un successo, comunque.
V di Pasqua, Gv 15,1-8
Omelia (di p. Ermes Ronchi)
Stupendo brano di Giovanni, dove Gesù fa piazza pulita di tanto cascame di fede stantia e di pesi caricatici sulle spalle.
E ci comunica Dio attraverso lo specchio delle creature più semplici… Cristo vite, io tralcio: io e lui la stessa cosa! Stessa pianta, stessa vita, unica radice, una sola linfa. Lui in me e io in lui come figlio nella madre, madre nel figlio.
Indipendentemente da ciò che faccio o non faccio, dai miei sbagli e dalle mie virtù. Perché: Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato: siamo già puri per intervento solo suo, per la sua parola, che libera. Che ci fa liberi dalla sterilità e dal senso di colpa, resi ala leggera per poter volare al soffio dello Spirito.
E poi la meravigliosa metafora del Dio contadino, un vignaiolo profumato di sole che si prende cura, si affanna, suda intorno alla pianta della mia vita, che adopera tutta la sua intelligenza, per farmi fiorire e fruttificare.
La Bibbia è piena di viti e di vigne. Per capire ritorno alle mia casa contadina, nel Friuli sotto le colline. Fra tutti i campi, la vigna era il campo preferito di mio padre, quello in cui andava più volentieri, dove investiva più tempo e cura, quello da cui si aspettava il raccolto più importante. E credo sia così per tutti i contadini.
Narrare di vigne è narrare di un amore di preferenza da parte del nostro Dio contadino. Noi, io, tu sei il campo preferito di Dio.
“Io sono la vite, quella vera”. E mentre nei profeti e nei Salmi dell’Antico Testamento, Dio appariva come il proprietario, il contadino sapiente e operoso, il vendemmiatore, tutt’altra cosa rispetto alle viti, ora Gesù afferma qualcosa di inedito: “Io sono la vite, voi siete i tralci”. Facciamo parte della stessa pianta, siamo come scintille di quel fuoco, come una goccia di quella sorgente.
Con l’incarnazione è accaduta una cosa straordinaria: il vignaiolo si è fatto vite, il seminatore si è fatto seme, il vasaio si è fatto argilla, il Creatore si è fatto creatura.
Perché? Per passione di unirsi, per ansia di comunione.
Rimanete in me e io in voi. Non sono parole astratte, ma quelle che usa anche l’amore umano. Lo stare insieme dei due che si amano, nonostante tutte le distanze e gli inverni, e tutte le forze che ci trascinano via: tu in me, io in te.
Ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto.
Potare la vite non significa amputare, significa dare forza, qualsiasi contadino lo sa.
Inaccettabile leggere la potatura come le sofferenze portate dalla vita.
Potare è rinunciare al superfluo, per concentrarsi sull’essenziale.
Potare è togliere il vecchio perché nasca il nuovo.
Potare ci fa capire che “meno è di più”. Che si costruisce bene solo sull’essenziale, non sulla ridondanza o sull’accumulo.
Gesù è quasi sempre semplice nel suo parlare e non chiede interpretazioni complicate.
Mi chiede: vai in una vigna e guarda le viti. Io vado, e quando guardo per queste colline qualche vigna abbandonata, vedo un’immagine di sofferenza, questa sì!
La vite non potata soffre, si aggroviglia su se stessa, cade dal palo, si allunga in tralci sempre più esili e arruffati, si ammala, dà pochissimi acini minuscoli e aspri, persino le foglie sbiadiscono.
La vite potata invece è rigogliosa e bella, le foglie sono grandi e di un verde brillante, sostenuta sta eretta e riesce così a non perdersi neppure un raggio di sole, che convoglia nei suoi grandi grappoli dagli acini gonfi e pieni di succo dolcissimo. Esplode di vita, è tracimante di una gioia di vivere. Nessuna vite sofferente porta buon frutto.
Prima di tutto, devo essere sano io, gioioso io. La potatura è per gustare meglio la vita.
E lo dice nel versetto successivo: vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi (un Dio gioioso!). E la vostra gioia sia piena.
Tra il ceppo e i tralci della vite la comunione è data dalla linfa che sale. Questo è il tesoro che portiamo nei nostri vasi d’argilla. Un DNA divino scorre in noi.
Il Dio contadino dice a me, piccolo tralcio:
“Ho bisogno di te per una vendemmia di sole e di miele”.
Non ho bisogno di sacrifici ma di grappoli saporosi;
non di penitenza io ho bisogno, ma che tu maturi;
non di mortificazione, ma di più gusto di vivere,
da donare a grappoli, per la pienezza dell’uomo e la pienezza di Dio.
C’è un amore che ascende lungo i ceppi di tutte le viti del mondo, l’ho visto aprire esistenze che sembravano finite, far ripartire famiglie che sembravano distrutte. E perfino le mie spine ha fatto rifiorire. Dobbiamo salvare il cromosoma di Dio in noi.
“Per portare frutto!” ripetuto tre volte.
A partire da me, ma non per me: la vite non produce grappoli per se stessa, nessun albero fa e consuma i propri frutti, essi sono per la creazione, per le creature tutte della terra e dell’aria.
Se una pianta vivesse per se stessa, con il solo scopo di riprodursi, basterebbe un frutto ogni dieci anni, ogni 20 anni, invece ad ogni estate è uno spreco, uno scialo, un eccesso, una gioia, per uomini e animali
Ma qual è il frutto che io devo portare?
Se la mia radice è Dio, io devo fare i frutti di Dio.
Allora mi immergo nella Bibbia e cerco le sue azioni,
mi immergo nel mondo e cerco le mani di Dio,
mi chino sulla Bibbia e scopro che Dio è il liberatore,
il costruttore di alleanze, il guaritore, la tenerezza.
Allora mi chinerò sul mondo e anch’io farò alleanza con tutto ciò che vive. Il mio frutto saranno relazioni solari e benedicenti con tutti!
Un’altra parola centrale: “Rimanete in me, rimanete nel mio amore”
E non è difficile!
Non è qualcosa che devo conquistare. Siamo già nel suo amore! Devo solo aprirmi. C’è un amore che scorre già in noi, che ci ha raggiunto, ci avvolge, bussa alla porta, penetra, e non verrà mai meno, una sorgente a cui possiamo sempre attingere. Il nostro compito è mantenere aperto e libero il canale.
Il nome nuovo, il nome vero della morale evangelica non è sacrificio ma fecondità, non rinuncia ma centuplo: una terra che non maturi più grappoli rossi di sangue e amari di lacrime. Ma che produca una vendemmia di giustizia e di pace, la rivoluzione della tenerezza, un vino di gioia.
Sento la tua voce che suona in mezzo all’anima,
voce che rende spazioso il cuore e che mi dice:
“Ho bisogno di te, di te piccolo tralcio,
ho bisogno che tu mi accolga e che tu fiorisca,
ho bisogno anche di un grappolo solo
ma che sia pieno di sole e di bontà,
ho bisogno di te, piccolo tralcio,
piantato come un giardino amato
nel cuore della terra perché di un vino migliore
anche tu possa dissetare l’arsura del mondo e l’arsura di Dio. Amen.
Dal libro di Tobia (5)
Ogni giorno, o figlio, ricordati del Signore; non peccare né trasgredire i suoi comandi.
Compi opere buone in tutti i giorni della tua vita e non metterti per la strada dell’ingiustizia. Se agirai con rettitudine, riusciranno le tue azioni, come quelle di chiunque pratichi la giustizia. Dei tuoi beni fa’ elemosina.
Non distogliere mai lo sguardo dal povero, così non si leverà da te lo sguardo di Dio. La tua elemosina sia proporzionata ai beni che possiedi: se hai molto, da’ molto; se poco, non esitare a dare secondo quel poco. Così ti preparerai un bel tesoro per il giorno del bisogno, poiché l’elemosina libera dalla morte e salva dall’andare tra le tenebre. Per tutti quelli che la compiono, l’elemosina è un dono prezioso davanti all’Altissimo.
Guardati, o figlio, da ogni sorta di fornicazione. Ama, o figlio, i tuoi fratelli; nel tuo cuore non concepire disprezzo per i tuoi fratelli. L’orgoglio infatti è causa di rovina e di grande inquietudine.
Nella pigrizia vi è povertà e miseria, perché l’ignavia è madre della fame. Non rimandare la paga di chi lavora per te, ma a lui consegnala subito; se così avrai servito Dio, ti sarà data la ricompensa.
Poni attenzione, o figlio, in quanto fai e sii ben educato in ogni tuo comportamento. Non fare a nessuno ciò che non piace a te. Non bere vino fino all’ebbrezza e non avere per compagna del tuo viaggio l’ubriachezza.
Da’ il tuo pane a chi ha fame e fa’ parte dei tuoi vestiti agli ignudi. Da’ in elemosina quanto ti sopravanza e il tuo occhio non guardi con malevolenza, quando fai l’elemosina. Chiedi il parere ad ogni persona che sia saggia e non disprezzare nessun buon consiglio.
In ogni circostanza benedici il Signore e domanda che ti sia guida nelle tue vie e che i tuoi sentieri e i tuoi desideri giungano a buon fine, poiché nessun popolo possiede la saggezza, ma è il Signore che elargisce ogni bene.
Il Signore esalta o umilia chi vuole fino nella regione sotterranea. Infine, o figlio, conserva nella mente questi comandamenti, non lasciare che si cancellino dal tuo cuore.
ALCUNI LIBRI DI PIER ANGELO PIAI
GUARIRE LA MENTE PER GUARIRE IL CORPO: http://www.edizionisegno.it/libro.asp…
LA SPIRALE DELLA VITA (riedizione) : http://www.edizionisegno.it/libro.asp…
L’ANIMA ESISTE ED È IMMORTALE ed. Segno http://www.edizionisegno.it/libro.asp…
“LA FORZA DELLA FRAGILITÀ” ed.Segno (In questo mio libro troverete preghiere per molti stati d’animo e situazioni personali) http://www.edizionisegno.it/libro.asp….
VERSO L’ETERNITÀ (commenti su 4 anni di messaggi della Regina della Pace) http://www.edizionisegno.it/libro.asp…
LA STIMMATIZZATA DI UDINE (Storia autentica di Raffaella Lionetti, dotata di speciali carismi) http://www.edizionisegno.it/libro.asp…
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Il Vangelo – a cura di Ermes Ronchi
XX Domenica – Tempo Ordinario – Anno A –
agosto 2017
E Dio si arrese alla fede indomita di una madre
Matteo 15,21-28
In quel tempo, partito di là, Gesù si ritirò verso la zona di Tiro e di Sidòne. Ed ecco una donna Cananèa, che veniva da quella regione, si mise a gridare: «Pietà di me, Signore, figlio di Davide! Mia figlia è molto tormentata da un demonio». Ma egli non le rivolse neppure una parola. Allora i suoi discepoli gli si avvicinarono e lo implorarono: «Esaudiscila, perché ci viene dietro gridando!». Egli rispose: «Non sono stato mandato se non alle pecore perdute della casa d’Israele». Ma quella si avvicinò e si prostrò dinanzi a lui, dicendo: «Signore, aiutami!». Ed egli rispose: «Non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini». «È vero, Signore – disse la donna –, eppure i cagnolini mangiano le briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni». Allora Gesù le replicò: «Donna, grande è la tua fede! Avvenga per te come desideri». E da quell’istante sua figlia fu guarita.
La donna delle briciole, una madre straniera, intelligente e indomita, che non si arrende ai silenzi e alle risposte brusche di Gesù, è uno dei personaggi più simpatici del Vangelo. E Gesù, uomo di incontri, esce trasformato dall’incontro con lei.
Una donna di un altro paese e di un’altra religione, in un certo senso “converte” Gesù, gli fa cambiare mentalità, lo fa sconfinare oltre Israele, gli apre il cuore alla fame e al dolore di tutti i bambini, che siano d’Israele, di Tiro e Sidone, figli di Raqqa o dei barconi, poco importa: la fame è uguale, il dolore è lo stesso, identico l’amore delle madri. No, dice la donna a Gesù, tu non sei venuto solo per quelli di Israele, ma anche per me, tu sei Pastore di tutto il dolore del mondo.
Anche i discepoli sono coinvolti nell’assedio tenace della donna: Rispondile, così ci lascia in pace. Ma la posizione di Gesù è molto netta e brusca: io sono stato mandato solo per quelli della mia nazione, quelli della mia religione e della mia cultura.
La donna però non si arrende: aiuta me e mia figlia! Gesù replica con una parola ancora più ruvida: Non si toglie il pane ai figli per gettarlo ai cani. I pagani, dai giudei, erano chiamati “cani” e disprezzati come tali.
E qui arriva la risposta geniale della donna: è vero, Signore, eppure i cagnolini mangiano le briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni. È la svolta del racconto. Questa immagine illumina Gesù. Nel regno di Dio, non ci sono figli e no, uomini e cani. Ma solo fame e figli da saziare, e figli sono anche quelli che pregano un altro Dio.
Donna, grande è la tua fede! Lei che non va al tempio, che non conosce la Bibbia, che prega altri dei, per Gesù è donna di grande fede.
La sua grande fede sta nel credere che nel cuore di Dio non ci sono figli e cani, che Lui prova dolore per il dolore di ogni bambino, che la sofferenza di un uomo conta più della sua religione. Lei non conosce la fede dei catechismi, ma possiede quella delle madri che soffrono. Conosce Dio dal di dentro, lo sente all’unisono con il suo cuore di madre, lo sente pulsare nel profondo delle sue piaghe: «è con il cuore che si crede», scrive Paolo (Rm 10,10). Lei sa che Dio è felice quando una madre, qualsiasi madre, abbraccia felice la carne della sua carne, finalmente guarita.
Avvenga per te come desideri. Gesù ribalta la domanda della madre, gliela restituisce: Sei tu e il tuo desiderio che comandate. La tua fede e il tuo desiderio sono come un grembo che partorisce il miracolo.
Matura, in questo racconto, un sogno di mondo da abbracciare: la terra come un’unica grande casa, con una tavola ricca di pane e ricca di figli. E tutti, tutti sono dei nostri.
(Letture: Isaia 56,1.6-7; Salmo 66; Romani 11,13-15.29-32; Matteo 15,21-28)
Nelle pagine 46-54 del libro “La verità che conduce alla vita eterna” i Testimoni di Geova hanno condensato la loro dottrina su Gesù Cristo.
Tutti i loro errori su questo argomento si possono riassumere in uno solo che esprimeremo così:
I TESTIMONI DI GEOVA INSEGNANO CHE GESÙ CRISTO NON È DIO.
Per i Testimoni di Geova Gesù è una semplice creatura umana “creata sì prima delle altre creature… ma lui stesso creatura di Geova Dio” (pag. 47).
Questo errore è collegato strettamente alla negazione della Santissima Trinità: infatti negando l’esistenza delle tre Persone divine si nega la possibilità che una di esse (il Figlio) prenda una natura umana.
San Tommaso, dopo aver toccato il Signore risorto, ha esclamato: “Mio Signore e mio Dio” (Gv.20,28). Gesù non nega la verità della sua esclamazione, non gli dice: non chiamarmi “Dio” perché uno solo è Dio. Invece incoraggia coloro che crederanno in Lui come Signore e Dio!
Stranamente i Testimoni di Geova in Gv.20,28 hanno lasciato intatta l’esclamazione di Tommaso “Mio Signore e mio Dio”, loro che non credono nella divinità di Gesù Cristo!
+ Dal Vangelo secondo Giovanni (Bibbia CEI)
Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo». Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!».
Bibbia tradotta dai TESTIMONI DI GEOVA https://www.jw.org/it/pubblicazioni/bibbia/bi12/libri/giovanni/20/
”.+ 24 Ma Tommaso, uno dei dodici, che era chiamato Il Gemello, non era con loro quando venne Gesù. 25 Quindi gli altri discepoli gli dicevano: “Abbiamo visto il Signore!” Ma egli disse loro: “Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco,+ certamente non crederò”.+ 26 E otto giorni dopo i suoi discepoli erano di nuovo in casa, e Tommaso con loro. Gesù venne, benché le porte fossero serrate, e stette in mezzo a loro, dicendo: “Abbiate pace”.+ 27 Poi disse a Tommaso: “Metti il tuo dito qui, e vedi le mie mani, e prendi la tua mano+ e mettila nel mio fianco, e smetti di essere incredulo ma divieni credente”. 28 Rispondendo, Tommaso gli disse: “Mio Signore e mio Dio!”+ 29 Gesù gli disse: “Perché mi hai visto hai creduto? Felici quelli che non vedono e credono”.+ 30 In realtà, Gesù compì davanti ai discepoli anche molti altri segni, che non sono scritti in questo rotolo.+ 31 Ma questi sono stati scritti+ affinché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e affinché, credendo,+ abbiate la vita per mezzo del suo nome.
Irene Bergamasco e Bruno Temil ci parlano dei 5 sassi di Medjugorje.
Chi ha non ha mai gettato un sasso nell’acqua del lago, o di uno stagno, per vedere i cerchi concentrici sulla superficie dell’acqua, provocati dall’impatto con la massa d’acqua, allargarsi sempre più e irradiarsi sulla superficie dello stagno?
Avviene la stessa cosa per chi va pellegrino a Medjugorje: sente allargarsi il cuore, si tuffa nella preghiera come non mai, gli nascono nell’intimo tante speranze che balzano alla mente e che portano pace all’anima.
Famosi sono i cinque sassi, quei cinque ciottoli lisci che Davide scelse dal torrente per abbattere il gigante Golia (cfr. 1 Sam 17,40). Nel singolare duello tra il giovane Davide, fulvo di capelli e di bell’aspetto, e il formidabile guerriero filisteo Golia, la meglio toccò a Davide che si era fidato di Dio (Tu vieni a me – dice Davide – con la spada, con la lancia e con l’asta. Io vengo a te nel nome del Signore degli eserciti, Dio delle schiere d’Israele, che tu hai insultato).
Chi ha incontrato p. Jozo nel pellegrinaggio a Medjugorje, ha certamente sentito parlare dei cinque sassi, immagine che evoca e sintetizza i messaggi della Madonna nelle sue apparizioni ai 6 veggenti di Medjugorje: Vicka, Mirjana, Marija, Ivan, Jakov e Ivanka.
La Vergine Maria ci mette tra le mani 5 sassi per abbattere Satana che tenta di spaventarci e di rovinarci. Infatti Satana, che nella sua grande superbia presume di essere simile a Dio, vorrebbe asservirci a sè; ma nonostante tutta la sua spavalderia e la forza che possiede, non è capace di vincerci, se con umiltà ci affidiamo a Dio e alla sua Santa Madre. Non può creare un solo filo d’erba, perchè Dio solo è capace di creare. E Dio, attraverso Maria SS., crea figli suoi anche tra le pietre di Medjugorje: e ce ne sono tante. Quante conversioni in questi anni, attraverso la Regina della Pace.
Ella chiama tutti i suoi figli, li vuole tutti salvi. È possibile, dunque, vincere Satana, ma occorre usare i mezzi adatti.
Esiste purtroppo una triplice alleanza di morte: tra Satana, il mondo e le nostre passioni (o il nostro io orgoglioso). Per rompere questo legame, questa alleanza, ecco i cinque sassi che la Vergine SS., angosciata per la rovina di tanti suoi figli, ci porge nella sua materna sollecitudine:
1. La Preghiera con il cuore: il Rosario
2. L’Eucarestia
3. La Bibbia
4. La Confessione Mensile.
5. Il Digiuno
Bruno Temil articolo Medjugorje
UDINE – Giovedì 01 Giugno 2017
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LE PRESUNTE APPARIZIONI?
Vorrei esprimere una mia personale riflessione riguardo le ultime vicende legate a Medjugorje e in particolare sulle considerazioni espresse dal Santo Padre di ritorno dal viaggio a Fatima. È giusto che la Chiesa si preoccupi della fede di quanti vanno a pregare a Medjugorje anche perché sono migliaia le persone che vi si recano da 36 anni è molti tornano a casa con grande beneficio personale. Innanzitutto desidero evidenziare che il sottoscritto era presente alla prima messa celebrata dall’inviato speciale del Papa monsignor Henryk Hoser nella chiesa di San Giacomo a Medjugorje e con piacere ho ascoltato le belle parole di apprezzamento del Vescovo polacco nei confronti dei francescani che guidano la parrocchia ma soprattutto per il clima di grande fervore spirituale che lì si vive e per la partecipazione assidua ai sacramenti dell’Eucaristia e della Confessione. Chi scrive è spesso presente in questo luogo quale accompagnatore spirituale di gruppi di pellegrini a titolo di volontario da ormai 20 anni. In tutti questi anni ho potuto constatare che molte persone arrivate a Medjugorje hanno cambiato radicalmente la loro vita tornando a frequentare, una volta rientrati a casa, la Chiesa, la Parrocchia , l’ambiente ecclesiale. Persone che dopo anni di lontananza da Dio hanno deciso di accostarsi al sacramento della Confessione e pianto i loro peccati per ore. Ho visto durante questi viaggi nei volti di tante persone la gioia di aver ritrovato la pace e il desiderio di ripartire con fiducia e speranza dopo tanti fallimenti e miserie accumulati nella loro vita fino a quel momento. Ho visto persone deluse dalla Chiesa che a Medjugorje hanno riscoperto la bellezza della fede e dei sacramenti. Ho accompagnato persone gravemente ammalate che a Medjugorje hanno compreso il valore redentivo della sofferenza e sono tornati poi a casa convinti che la sofferenza non è una disgrazia ma un dono da accettare. Ogni persona che arriva a Medjugorje percepisce ancora oggi dopo 36 anni questo amore di Dio per ogni creatura attraverso la presenza sensibile della Madre Maria Regina della Pace la quale in occasione delle “apparizioni” chiama i tanti suoi figli feriti dal peccato e allontanati dal cuore di Dio Padre. Con tutta onestà ho provato amarezza nel apprendere che solo le prime sette apparizioni saranno riconosciute probabilmente dalla Santa Sede. Ho partecipato in questi anni a diverse apparizioni pubbliche della veggente Mirjana che si tengono il giorno 2 di ogni mese alla Croce Blu a Medjugorje. Posso testimoniare soprattutto in prima persona quanta gioia si riceve e quanto amore si sperimenta durante quei momenti di preghiera e di raccoglimento spirituale e questo non capita solo a me ma a migliaia di persone presenti. Ciò che accade nella vita delle persone che giungono in questo luogo non è influenzato dalla riconosciuta bravura e capacità dei sacerdoti francescani di Medjugorje , non è il paese in se che condiziona il pensare delle persone ma piuttosto è la presenza di una madre che è davvero preoccupata per i suoi figli che si stanno allontanando sempre più da Dio. Ella ci parla da 36 anni con le sue apparizioni e ci esorta a vivere il Vangelo di suo figlio Gesù! È proprio su questo aspetto e cioè il perdurare delle apparizioni che a mio avviso la Chiesa farebbe bene a considerarne l’importanza perché da queste teofanie di Maria ci vengono continuamente dispensate Grazie spirituali. Oggi molti cristiani stanno riscoprendo i fondamentali della fede grazie a questi inviti di Maria (messaggi) che ci insegna e ci fa scoprire l’importanza della preghiera, della Bibbia, dell’Eucaristia, della Confessione, del Digiuno. Sono le cosiddette cinque pietre di Medjugorje che ricordano i cinque sassi lanciati con una fionda dal piccolo Davide con i quali sconfisse il gigante Golia e i filistei. La Vergine Maria ci dona queste cinque pietre per sconfiggere il male di questo mondo. E lo sta facendo durante tutti questi anni perché molte persone si sono convertite non con le prime apparizioni ma lungo tutto questo periodo che dura da 36 anni. Dovremmo essere felici quando sentiamo dire questo: “Cari figli… la Preghiera opera miracoli nella vostra vita; nella Sacra Scrittura è contenuto il messaggio che è per voi; vivete coscientemente la Santa Messa, adorate mio Figlio con il cuore; confessatevi con regolarità se farete così presto intere regioni guariranno; fate digiuno e sacrificatevi per la salvezza del mondo”. Come una vera mamma la Madonna invita ancora oggi a fare nostri questi 5 punti che sono come ho detto i fondamentali della nostra fede. Le persone che hanno accolto questi inviti hanno visto trasformarsi in bene non solo la loro vita ma anche di quanti erano a loro vicini E perché allora facciamo tanta fatica ad accettare queste “presunte apparizioni?” Eppure la situazione che vediamo attorno a noi da un punto di vista religioso dovrebbe interrogarci sulla urgenza di rimettere al centro della nostra vita cristiana questi punti importanti della nostra fede. È fin troppo evidente la forte secolarizzazione delle nostre comunità cristiane in Italia, la riduzione sempre più marcata di sacerdoti soprattutto nei paesi di montagna, le vocazioni ridotte al lumicino nei seminari, adulti che non frequentano più la messa domenicale, giovani che abbandonano la pratica religiosa, famiglie che si dividono ecc. In questo quadro desolante in cui versano le nostre parrocchie fanno da contraltare i frutti spirituali che provengono da questo luogo che è Medjugorje dove molte persone come ho detto si convertono e riscoprono la bellezza dell’essere cristiano e la testimoniano nelle loro comunità. Di cosa abbiamo ancora bisogno per aprirci con decisione a queste grazie che il Cielo ci dona da così lungo tempo?
Bruno Temil
![]() verso etern.DOC |
I 10 SEGRETI DI MEDJUGORJE (di Padre Livio Fanzaga):
![]() segretimedjugorje.MP3 |
VIDEO RELATIVI AI MESSAGGI DELLA MADONNA DI MEDJUGORJE
PLAYLIST RELATIVA A MEDJUGORJE (MESSAGGI E COMMENTI IN VIDEO)
https://www.youtube.com/playlist?list=PL_I8V9Z5YmOY_O1E9krjhlTo3O_k-L-6y
LE APPARIZIONI DELLA MADONNA A PORZUS – Nuova versione
6 luglio 2005
IL CATECHISMO DELLA CHIESA CATTOLICA IN AUDIO
Catechesi e omelie di padre Lino Pedron