III domenica C
Giornata della memoria, oggi, perché il passato non diventi presente.
Giornata della gioventù a Panama: della speranza.
Attentato nelle Filippine, in chiesa. Decine di Morti in Brasile per una diga di rifiuti minerari che ha ceduto.
I pochi migranti della Sea Wacth che 27 tra i paesi più ricchi e potenti del mondo non sanno, non vogliono accogliere.
Si popola questa chiesa come la sinagoga di Nazaret nel vangelo di oggi, di poveri, oppressi…
Siamo venuti davanti a te che abbracci ogni creatura,
davanti a te, Dio amante della vita, per dirti grazie.
Nonostante tutto, grazie: per la vita, per l’amore, per gli amici,
per la bontà e la bellezza di tante persone, grazie.
Per il vangelo che ci aiuta a “scollinare gli orizzonti del nostro io”.
Guardando questo Cristo dall’abbraccio infinito, preghiamo:
Signore, come il figlio che torna cerco il tuo conforto, per questo ti prego: donami il tuo abbraccio
Signore, come le donne amiche che ti accoglievano, ti prego: donami il tuo abbraccio
Come il naufrago che ha attraversato mari e respingimenti, dopo tanti rifiuti, almeno tu ti prego: donami il tuo abbraccio
Omelia
Luca ci racconta una scena da stampare nel cuore. Lo fa quasi al rallentatore, per farci comprendere l’estrema importanza di questo momento. Gesù si alza, prende, cerca, legge. Poi arrotola il volume, lo riconsegna, si siede. Tutti gli occhi sono fissi su di lui.
E nel grande silenzio le prime parole ufficiali di Gesù: “oggi la parola di Isaia si realizza”. Ed è così bella questa affermazione: il vangelo non è una chiacchiera, la parola non è teoria è pratica. È efficace. Cambia le cose. Ognuno di noi è vangelo, una parola di Dio, una decisione di Dio, che diventa, può diventare una storia provvidenziale.
Lo abbiamo sperimentato. Ci sono parole mal dette che feriscono e parole belle, di affetto, di accoglienza, che segnano nel bene il cuore delle persone.
Gesù cerca un brano nel rotolo. Conosce bene le Scritture, ci sono mille passi che parlano di Dio, ma lui sceglie questo, dove l’umanità è definita con quattro aggettivi: povera, prigioniera, cieca, oppressa.
E ne fa il programma della sua vita: portare gioia, libertà, occhi nuovi, liberazione, un rabbi che non impone pesi, ma li toglie, un messia che non porta precetti, ma libertà.
Testo fondamentale e bellissimo, che non racconta più, come nei primi capitoli, ‘come’ Gesù è nato, ma ‘perché’ è nato.
Che ridà forza per lottare, apre il cielo alle vie della speranza.
Poveri, ciechi, oppressi, prigionieri: questi sono i nomi dell’uomo. Adamo è diventato così, per questo Dio diventa Adamo.
E poi spalanca il cielo, delinea uno dei tratti più belli del volto di Dio: “Sono venuto a predicare un anno di grazia del Signore”, un anno, un secolo, mille anni, una storia intera fatta solo di benevolenza, a mostrare che Dio non solo è buono, ma esclusivamente buono, incondizionatamente buono.
Gesù censura il profeta Isaia e non legge il versetto successivo che dice: a predicare la vendetta del Signore. No, Dio non sprecherà l’eternità in vendette. E neppure un minuto.
Tutti gli occhi erano fissi su di lui. Sembrano più attenti alla persona che legge che non alla parola proclamata. Sono curiosi, lo conoscono bene quel giovane, sparito per un po’, e appena ritornato a casa, nel villaggio “dov’era cresciuto” nutrito appunto, come pane buono, dalle parole di Isaia. Quelle che ora si è alzato a leggere: ‘parole così antiche e così amate, così pregate e così desiderate, così vicine e così lontane.
Gesù davanti a quella piccolissima comunità presenta il suo sogno di un mondo nuovo. E sono solo parole di speranza per chi è stanco, o è vittima, o non ce la fa più: sono venuto a incoraggiare, a portare buone notizie, a liberare, a ridare vista. Annuncio di un anno di grazia, di cui Gesù soffia le note negli inferi dell’umanità’ (R. Virgili).
E mi domando: è un tempo di grazia questo che viviamo? Sentite annunci di grazia? Vi mette gioia sapere quello che accade ai poveri oggi? Ai disperati? Ai migranti? Dove è finita la bella notizia di Gesù per i poveri: è finito il mondo dell’accumulo, inizia quello della condivisione?
Solo un poco / Di paura in meno /Già basterebbe./ E domani con queste mani/ Servire il mondo/ O difenderlo.
Alle parole di Gesù, la sinagoga di Nazaret si riempiva di volti di poveri. Allo stesso modo ogni chiesa, ogni casa, ogni cuore, sa da dove cominciare, dalla periferia del mondo, dagli sbalzati a terra dal convoglio del progresso, dagli affamati di tenerezza, dagli uomini dal pane amaro, ricacciati in mare dalle coste ricche dell’Occidente.
Sono loro i principi del Regno. E Dio sta alla loro ombra.
Una cosa mi commuove: Dio non mette come scopo della storia se stesso, ma l’umanità; non è un Dio che vuole essere servito, lodato, ubbidito, da questi figli distratti, meschini e splendidi che noi siamo, che riporta all’ubbidienza una umanità ribelle, ma il suo sogno è fatto di uomini e donne dal cuore libero e forte. E guariti, e con occhi nuovi che vedono lontano e nel profondo. E che la nostra storia non produca più poveri e prigionieri.
Un sublime capovolgimento. Dio dimentica se stesso, mette noi più importanti di lui; e non offre liberazione in cambio di qualcosa, sarebbe anche lui il grande narcisista, bisognoso di gratificazioni,
lui ama per primo, ama in perdita, ama senza condizioni.
La buona notizia è che Dio mette l’uomo al centro di tutto, e schiera la sua potenza di liberazione contro tutte le oppressioni esterne, contro tutte le chiusure interne. Il lieto annuncio è che Dio sarà sempre in favore dell’uomo e mai contro l’uomo.
Gesù non si interroga se quel prigioniero sia buono o cattivo; a lui non importa se il povero o il cieco sia onesto o peccatore, se il lebbroso meriti o no la guarigione. C’è buio e dolore e tanto basta per far piaga nel cuore di Dio.
- Delbrêl : Forse Dio è stanco di solenni e austeri devoti, di eroi dell’etica, di eremiti pii e pensosi, forse vuole dei giullari felici, alla san Francesco di vivere. Prigionieri usciti dalle segrete che danzano nel sole.
Impensabili sulla bocca di Gesù frasi come: “ se è colpevole, deve marcire in galera”. E questo perché la grazia sia grazia e non calcolo o merito.
Il programma di Nazaret ci mette di fronte ad uno dei paradossi del Vangelo. Il catechismo che abbiamo mandato a memoria diceva: “siamo stati creati per conoscere, amare, servire Dio in questa vita e poi goderlo nell’altra in paradiso”. Ma nel suo primo annuncio Gesù dice altro: non è l’uomo che esiste per Dio ma è Dio che esiste per l’uomo. C’è una commozione da brividi nel poter pensare: Dio esiste per me, io sono lo scopo della sua esistenza. Il nostro è un Dio che ama di amore unilaterale. Il nostro Dio è differente:
considera ogni povero più importante di se stesso.
Io sono quel povero. Un povero felice e fiero di avere un Dio così.
Preghiera dei fedeli
Invece della preghiera dei fedeli, leggo i versi che un poeta di 95 anni dedica a un ragazzo di 14 anni del Mali, annegato nel Mediterraneo, con la pagella cucita alla giacca. Come facevano i pellegrini medievali con pagine della Bibbia cucite al loro mantello.
PAGELLA DI SCOLARO IN FONDO AL MARE
La portavi cucita sul petto
Medaglia al tuo valore
Risorsa estrema per avere almeno un poco di rispetto
L’orgogliosa pagella di scolaro
Tu, solitario ragazzino,
perso nell’immensa incertezza del migrare…
non t’è servita a salvarti la vita
ma t’è rimasta stretta sopra il cuore
fedele come il cane di famiglia
a custodir del tuo abbandono l’onta
e finalmente sbatterne l’orrore
in faccia all’impunita indifferenza
della presente umanità
di automi.
(Aldo Masullo) 18 gennaio 2019
ALLA COMUNIONE
Solo un poco
Di paura in meno
Già basterebbe.
E domani con queste mani
Servire il mondo
O difenderlo.
I prossimi anni
Le prossime ore
Siano così
Senza barriere.
Con qualche minuto almeno
In cui l’anima è comoda
Dietro la nuca
Dentro le costole
E voi con me e io con voi
Senza veleno
E il libro e il buio e le mani aperte.
Quello che vi accade
Sia benedetto.
(Franco Arminio)