Fb 9 agosto XIX
PAURA SCIOLTA NELL’ABBRACCIO
Vangelo di paure, vangelo di grida: umanissimo vangelo. Gesù dapprima assente, poi come un fantasma, infine come una mano salda che afferra. Un crescendo di fede.
Gesù fatica a lasciare la gente, non se ne va finché non li ha salutati tutti. Era stato un giorno speciale, quello, il laboratorio di un mondo nuovo: un fervore, un moltiplicarsi di mani e di cure per dare pane a tutti.
La fame dei poveri saziata, il suo sogno realizzato.
Ora, desidera l’abbraccio del Padre. Congedata la folla salì sul monte, in disparte, a condividere con lui la gioia: sì, Padre, si può! Portare il tuo regno sulla terra si può! Un colloquio festoso, un abbraccio che dura fino all’alba, quando risente il desiderio dei suoi.
Di abbraccio in abbraccio: così si muoveva Gesù.
Pietro, coraggioso e insieme scriteriato, domanda due cose, una giusta e una sbagliata: che io venga da te! Richiesta bella e perfetta, andare verso Dio. Ma poi sbaglia chiedendo di andarci camminando sulle acque.
A cosa serve uno sfoggio di potenza fine a se stesso, un intervento divino il cui scopo non è il bene comune? A che serve l’opposto di ciò che si era verificato la sera prima, con i pani e i pesci per tutti? E’ infatti un miracolo che fallisce in fretta, e Simone affonda.
Pietro si rivela uomo di poca fede non quando ha paura delle onde nella notte, ma prima, quando chiede questo genere di segni per il suo cammino di fede. E tutto vacilla.
Dubbio, fede, grido. Mi piace questo rude pescatore, uomo d’acqua e di roccia, oscillante tra fede grande, che sfida la tempesta, e fede piccola, impaurita. Ma è proprio lì che Gesù ci raggiunge, al centro del nostro vuoto, per salvarci dalla paura.
Pietro vive sulla sua pelle come il camminare sul mare non serva affatto a rafforzare la fede. Cammina e già dubita. E io lo ringrazio per questo suo grido estremo: Signore, salvami!
Ora so che ogni dubbio può essere sciolto anche da un solo mio grido nella notte, come il suo. Se guardo con occhi bassi le mie difficoltà e i miei fallimenti, scendo nel buio.
Pietro tu andrai verso il Signore, ma non nel brillare illusorio di acque prodigiose, lo farai scendendo nella polvere della strada da Gerusalemme a Gerico.
Forse a Pietro serviva davvero questa paura d’affogare nell’acqua della disperazione, per trovare il coraggio di affidarsi, gridando a Gesù.
Un giorno lo seguirà non più attratto dai segni, ma dal suo calvario; andrà da chi sa far tacere non tanto il vento e il mare, ma tutto ciò che non è amore.
Pietro, emblema dei credenti, imparerà ad affidarsi non contando su imprevedibili miracoli, ma sull’amore quotidiano che resiste, sulla bellezza di una fede nuda.
E noi, con Pietro, a fissare Gesù che ci viene incontro nel buio della bufera, a sentire le sue consolanti parole: Vieni! Tutto è ancora possibile, con me. Vieni!
Avvenire 19 A
Matteo 14,22-33.
“Subito dopo”, dopo i pani che traboccavano dalle mani e dalle ceste, “costrinse i discepoli”, che vorrebbero star lì a godersi il successo, “a salire sulla barca e a precederlo sull’altra riva”. Li deve costringere, non vogliono andarci sull’altra riva, è terra pagana, c’è il rischio di essere rifiutati, è già successo. Infatti: la barca era sbattuta dalle onde, perché il vento era contrario. Un vento che non soffia da fuori, ma da dentro i Dodici, come resistenza a quel viaggio verso gli stranieri.
“Sul finire della notte egli andò verso di loro, camminando sul mare”. Non ha fretta Gesù: tre giorni ha atteso per Lazzaro, attende quasi una notte intera di tempesta, tre giorni aspetterà per risorgere. Ha sempre fretta invece quando in vista c’è una esaltazione, una ovazione. Fretta di andarsene e di portar via i discepoli. Perché il posto vero dei credenti non è nei successi e nei risultati trionfali, ma in una barca in mare, mare aperto, dove prima o poi, durante la navigazione della vita, verranno acque agitate e vento contrario. Ma non saranno lasciati soli.
«Signore, se sei tu, comandami di venire verso di te sulle acque». All’invito di Gesù, Pietro, coraggioso fino all’incoscienza, abbandona ogni riparo e cammina nel vento e sulle onde. Sì, ma verso dove? Pietro non vuole tanto andare da Gesù, quanto metterne alla prova la potenza. Andrà davvero verso Gesù, quando lo seguirà, non sedotto dal suo camminare sul mare, bensì dal suo camminare verso lo scandalo e la follia della croce. Andrà dietro a lui, non perché sa far tacere il vento, ma perché fa tacere tutto ciò che in noi non è amore. Andrà verso il Samaritano buono, nella polvere dei sentieri del tempo e non sul luccichio di acque miracolose. Andrà verso il servo, non verso il taumaturgo.
“E venne da Gesù” dice il Vangelo. Pietro, fino a che ha occhi solo per quel volto visibile anche nella notte, cammina sulle acque. Quando volge lo sguardo al vento, alle onde, al buio, inizia ad affondare. Guardo al Signore, lo ascolto, e vado dovunque, faccio miracoli. Guardo a me, a tutte le difficoltà, e sprofondo.
Se guardo a perché sono qui, a chi mi ha mandato su questa terra, non mi ferma nessuno. Se guardo alla mia storia accidentata, il dubbio mi blocca.
Pietro, in pieno miracolo, dubita: “Signore affondo”; in pieno dubitare, crede: “Signore, salvami!”. Dio salva, qui è tutta la fede: Egli non è un dito puntato, ma una mano che ti afferra.
Un grido nel vento. Che se ne fa Pietro del catechismo mentre affonda? Basta un grido per varcare l’abisso tra cielo e terra. Fino a che, in fondo a ogni nostra notte, il grido di paura diventerà abbraccio tra l’uomo e il suo Dio.
- Disubbidire alla paura! Il terzo momento è il grido. Grido di paura, di ladro morente sulla croce, di figlio prodigo che contende ai porci le ghiande, che non vuole più avere invidia dei maiali. Ma anche di fede: io so che tu puoi salvare la mia vita. Pietro rientra il relazione con Gesù Perché hai dubitato? Ascoltiamo la domanda. Eis ti? Per che cosa, a causa di che?
Ci sono grandi onde, molto vento… ma c’erano anche prima, all’inizio del miracolo, per tutta la notte. Da dove viene il dubbio?
Dalle tempeste della vita, dalla fatica del cuore, da Dio assente. Da Gesù come un fantasma, e non come una voce e una mano.
Ma è proprio là che il Signore ci raggiunge, al centro della nostra debole fede. Non attende, non pretende che abbiamo una fede grande. Ci raggiunge e non punta il dito per accusarci ma stende la mano per afferrarci.
Dubbio e fede. Indivisibili. A contendersi in vicenda perenne il cuore. Non viene a risolvere i miei problemi, sono io che devo essere risolto.