8 Maggio 2021

NELLA SINFONIA DI DIO (p.Ermes Ronchi)

Fb 9 maggio ’21 – VI di Pasqua

 

Gv 15,9-17 

 

Nella sinfonia di Dio (p.Ermes Ronchi)

Giovanni propone una pagina in cui pare custodita l’essenza del cristianesimo, un canto d’amore al cuore degli insegnamenti di Gesù. Musica dolcissima e profonda, ritmata sul lessico degli amanti: rimanere, amore, amare, gioia, pienezza, frutti… E’ la melodia della nostra fede.

Come il Padre ha amato me, io ho amato voi. Di amore parliamo come di un nostro compito. Ma non possiamo far sgorgare amore se non ci viene prima donato. Siamo letti di fiume che Dio trasforma in sorgenti, e che diventeranno cascata.

Rimanete nel mio amore. Nell’amore si entra e si dimora. Rimanete, non andatevene, non fuggite dall’amore. Credi in lui, sebbene la sua voce possa frantumare sogni e strappare fiori nel giardino della tua anima (Gibran).

Gesù indica la strada per stare dentro l’amore: osservate i miei comandamenti. Che non sono il decalogo ma il modo di agire di Dio, colui che libera e fonda alleanze, che pianta la sua tenda in mezzo al nostro accampamento. Resto nell’amore se faccio le cose che Dio fa.

Il brano è tutto un alternarsi di misura umana e di misura divina nell’amore. Gesù non dice semplicemente: amate. Non basta amare, potrebbe essere solo mero opportunismo, dipendenza, sentimentalismo, oppure una necessità storica, perché se non ci amiamo ci distruggiamo. Non dice neanche: amate gli altri con la misura con cui amate voi stessi. Conosco gli sbandamenti del cuore, i testacoda della volontà, io non sono misura a nessuno. Dice invece: amatevi come io vi ho amato. E diventa Dio la misura dell’amore, musica per il cuore dell’uomo, per stare alla pari, per dire uguaglianza e affetto.

Non vi chiamo più servi, ma amici. Parola dolce, sinfonia nel cuore. L’amicizia, qualcosa che non si impone, non si finge, non si mendica, che è l’incontro di due libertà.

Vi chiamo amici: un Dio tenerissimo che non vuole stare solo. Amico è un nome di Dio, per noi la più bella avventura. Amicizia è umanissimo rito e alta teologia: parla di Dio come ne parlava Gesù, e nel farlo conforta la nostra vita.

Ma perché rimanere dentro questa logica? Tutto inizia da un fatto: tu sei amato; ne deriva che ogni essere respira non solo aria, ma amore, e se questo respiro cessa, non vive più. Tutto procede ad un traguardo, dolce e fedele: per essere nella gioia! Ecco la risposta, semplice, che cercavamo: questo vi dico perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena.

L’amore ha ali di fuoco (sant’Ambrogio) che incidono di gioia il cuore. Gioia che è un attimo immenso, un sintomo grande a dire che il tuo cammino è buono.

Vangelo che mi dà una certezza: l’amore non è un sentimento, qualcosa prodotto da me o un mio desiderio, ma una realtà come un luogo, un continente, una tenda dove ci puoi vivere dentro. L’amore è.

Minacciato dal nostro vivere inesatto, sottile come il respiro e possente come le grandi acque, l’amore è la materia di cui è fatto Dio. Di cui sono fatti i suoi figli.

VI di Pasqua Gv 15, 9-17

I pochi versetti del vangelo di oggi ruotano intorno al magico vocabolario degli innamorati: amore, amato, amatevi, gioia. “Tutta la legge inizia con un “sei amato” e termina con un “tu amerai” Chi astrae da questo, ama il contrario della vita” (P. Beauchamp).

Roba grossa. Questione che riempie o svuota la vita: questo vi dico perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena. L’amore è da prendere sul serio, ne va del nostro benessere, della nostra gioia. Anzi, ognuno di noi vi sta giocando, consapevole o no, la partita della propria eternità.

Io però faccio fatica a seguirlo: l’amore è sempre così poco, così a rischio, così fragile.  Faccio fatica perfino a capire in che cosa consista l’amore vero, vi si mescola tutto: passione, tenerezza, emozioni, lacrime, paure, sorrisi, sogni e impegno concreto.

L’amore è sempre meravigliosamente complicato, e sempre imperfetto, cioè incompiuto. Sempre artigianale, e come ogni lavoro artigianale chiede mani, tempo, cura, regole: se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore. Ma come, Signore, chiudi dentro i comandamenti l’unica cosa che non si può comandare? Mi scoraggi: il comandamento è regola, costrizione, sanzione. Un guinzaglio che mi strattona. L’amore invece è libertà, creatività, una divina follia… Ma Gesù, il guaritore del disamore, offre la sua pedagogia sicura in due tempi:

1. Amatevi gli uni gli altri. Non semplicemente: amatevi. Ma: gli uni gli altri, Non si ama l’umanità in generale o in teoria. Si amano le persone ad una ad una; si ama quest’uomo, questa donna, questo bambino, il povero qui a fianco, faccia a faccia, occhi negli occhi.

2. Amatevi come io vi ho amato. Non dice “quanto me”, perché non ci arriveremmo mai, io almeno; ma “come me”, con il mio stile, con il mio modo unico: lui che lava i piedi ai grandi e abbraccia i bambini; che vede uno soffrire e prova un crampo nel ventre; lui che si commuove e tocca la carne, la pelle, gli occhi; che non manda via nessuno; che ci obbliga a diventare grandi e accarezza e pettina le nostre ali perché pensiamo in grande e voliamo lontano.

Chi ti ama davvero? Non certo chi ti riempie di parole dolci e di regali. L’amore è vero quello che ti spinge, ti incalza, ti obbliga a diventare tanto, infinitamente tanto, a diventare il meglio di ciò che puoi diventare (Rainer Maria Rilke).

Così ai figli non servono cose, ma padri e madri che diano orizzonti e grandi ali, che li facciano diventare il meglio di ciò che possono diventare. Anche quando dovesse sembrare che si dimenticano di noi.

Parola di Vangelo: se ami, non sbagli. Se ami, non fallirai la vita. Se ami, la tua vita è stata già un successo, comunque.

 

p. Ermes Ronchi