Fb 31 gennaio 21
p. ERMES RONCHI
Mc 1, 21-28
Le ali guarite
C’è nella sinagoga un uomo prigioniero di qualcosa che è più forte di lui. Gesù interviene, e non pronuncia discorsi su Dio o sul male, ma si immerge nella vita ferita e, come Dio, combatte contro ciò che imprigiona ogni persona.
Cosa vuoi da me? So che Cristo vuole le mie mani, i miei occhi, i miei sentimenti, il mio andare e venire. Ma io tentenno, non voglio brecce aperte sulle mura del mio mondo. Una fede senza sapore di pane, di vino buono, di lavoro, di carezze, di scelte concrete. Fede di sole parole.
Gesù parlava e si stupivano del suo insegnamento. Ecco lo stupore da difendere sempre, perché la nostra capacità di gioire è proporzionale alla capacità di incantarci ogni volta che incontriamo parole di sapienza, nate dal silenzio, dal dolore, dal profondo, dalla vicinanza al Roveto di fuoco.
L’autorità di Gesù stava nelle parole di chi è credibile, di chi dice ciò che è ed è ciò che dice. Se messaggio e messaggero coincidono, ciò non significa “dire” il Vangelo, ma diventare tutt’uno con l’annuncio. Così per noi, se non vogliamo essere scribi inascoltati. Coltiviamo il coraggio del seme silente che nasce senza che tu sappia come! Spesso i testimoni silenziosi sono i più efficaci. “Sono sempre i pensieri che avanzano con passo di colomba quelli che cambiano il mondo” (Albert Camus).
L’autorevole Gesù è Dio che si oppone al laccio, e i demoni se ne accorgono: che c’è fra noi e te? Sei qui per rovinarci?
L’uomo di Cafarnao frequenta il luogo sacro, recita le benedizioni e lo Shemà Israel, eppure in lui vive un demone che vuole la fede del sabato, quella limitata al sacro e alle devozioni. Il Dio vero, no! Quello che spazia come libera brezza nella vita, nella polvere di casa e della strada.
Sì, Gesù è venuto a rovinare la fede del dèmone che sente Dio come un predatore della mia libertà, che lo immagina come colui che toglie, non come colui che dona; un Moloch avido e rovente cui sono tenuto a immolare la parte migliore di me stesso. E’ venuto per demolire ogni prigione che divora le nostre ali; è qui con il fuoco per bruciare ciò che inganna, per rovinare il regno di chi si genuflette davanti a idoli bugiardi: potere, denaro, successo, paure, depressioni, egoismi.
È a questi desideri che Gesù dice due sole parole: taci, esci da lui!
Tace e se ne va questo mondo illuso, dal cuore sbagliato. Va in rovina, come aveva sognato Isaia. E le spade diventano falci, si spezzano conchiglie ed ecco le perle.
Nel conflitto eterno tra il mio cuore d’ombra e luce, Cristo entra come lievito che solleva l’inerzia, colpo d’ala, respiro che dilata, vento che sospinge, tarlo o bruco che rode la mia falsa pace, e fa volare la farfalla sul mondo.
Perla della creazione è l’uomo libero, uomo dalla vita grande. Lo sarò anch’io, se il Vangelo diventerà mio patimento e mio parto, mio incanto e mia dolcezza.
La gente si stupiva del suo insegnamento, come quando nel deserto del sempre uguale ci si imbatte nell’inaudito. Si stupiva, e l’ascolto si faceva disarmato.
E il motivo: perché insegnava con autorità. Gesù è autorevole perché credibile, in lui messaggio e messaggero coincidono: dice ciò che è, ed è ciò che dice. Non recita un ruolo. Autorevole, alla lettera significa “che fa crescere”. Lui è accrescimento di vita, respiro grande, libero orizzonte.
Non insegnava come gli scribi… Gli scribi sono intelligenti, hanno studiato, conoscono bene le Scritture, ma le ascoltano solo con la testa, in una lettura che non muove il cuore, non lo accende, non diventa pane e gesto.
Molte volte anche noi siamo come degli scribi con noi stessi, ci basta accostare il vangelo con la ragione, ci pare anche di averlo capito, spesso ci piace, ma l’esistenza non cambia. La fede non è sapere delle cose, ma farle diventare sangue e vita.
Gesù insegnava come chi ha autorità. Il mondo ha un disperato bisogno di maestri autorevoli. Ma noi chi ascoltiamo? Scegliamoli con cura i nostri maestri e con umiltà, camminando al passo di chi è andato più avanti. Da chi imparare? Da chi ci aiuta a crescere in sapienza e grazia, cioè nella capacità di stupore infinito. Dobbiamo scegliere chi dona ali. I maestri veri non sono quelli che metteranno ulteriori lacci alla mia vita o nuovi paletti, ma quelli che mi daranno ulteriori ali, che mi permetteranno di trasformarle, le pettineranno, le allungheranno, le faranno forti. Mi daranno la capacità di volare (A. Potente).
Nella sinagoga di Cafarnao ha luogo poi il primo miracolo. Un indemoniato sta pregando nella comunità, è un habituè del sabato. Ne aveva ascoltate di prediche…
Si può passare tutta una vita andando ogni sabato in sinagoga, ogni domenica in chiesa, pregare e ascoltare la Parola, eppure mantenere dentro uno spirito malato, un’anima lontana che non si lascia raggiungere. Si può vivere tutta una vita come cristiani della domenica senza farsi mai toccare dalla Parola di Dio (G. Piccolo), senza che entri davvero a fare nuova la vita.
Belle e coinvolgenti le due domande che seguono: Che c’entri con noi, Gesù, con la nostra vita quotidiana? Tu sei nel rito della domenica, stai in chiesa, o nell’alto dei cieli; ma cosa c’entri tu con la nostra vita di tutti i giorni? Vuoi sapere se credi? Se questo ti cambia la vita.
Sei venuto a rovinarci? La risposta è ‘sì!’: è venuto a rovinare le spade che diventano falci; è la rovina delle lance che diventano aratri, delle dure conchiglie che imprigionava la perla. “Mia dolce rovina” (D. M. Turoldo), che rovini maschere e paure, e tutto ciò che rovina l’umano.
Lui ci aiuta a liberare la fede, a sdemonizzarla.
Ieri un’amica diceva: la gente non si interessa più delle cose della fede, solo se tu come persona porti una testimonianza diretta, allora ti guardano e attraverso di te si aprono a una attenzione e poi chissà…la nostra generazione ha bisogno di testimoni…
Sdemonizzare la fede.
L’indemoniato sa chi è Gesù, non lo ignora. Ma la fede non è sapere delle cose. Ma la fede è vieni e vedi, prova, sperimenta.
Sta chiuso nel tabernacolo, guai se esce di lì.
Alle volte è proprio chi sa meglio chi è Gesù che se ne sta alla larga, non vuole essere toccato, colpito. Abbiamo messo una barriera. Il vangelo può non essere indolore, può mettere in discussione, e allora preferiamo tenerlo lontano,
Sei venuto a rovinarci? abbiamo l’idea che è forzato una fregatura essere cristiani che Dio sia venuto per rovinarci. uomini e donne pienamente realizzati.
Sì, a far cadere in rovina il nostro mondo di maschere e bugie, a rovinare la vita sdraiata; a portare spada e fuoco per tagliare e bruciare tutto ciò che si oppone all’amore.
Ascolto disarmato Noi pensiamo che non centri niente con la nostra vita
QUARTA DOMENICA B
Mc 1, 21-28
Abbiamo messo una barriera, per paura che il vangelo provochi un cambiamento…andare
Come loro, anche noi ci siamo incantati quando abbiamo avuto la fortuna di incontrare una persona che consegnava non parole spente o per sentito dire, ma autorevoli, nuove, accese. Quelle che trasmettono una sapienza del vivere, una sapienza sulla vita e sulla morte, sull’amore e sulla paura. Che sanno toccare il centro della vita, perché nascono dal silenzio, dal dolore, dal profondo, dall’abbraccio.
E la gente allora si apre al nuovo.
Le nozze nuove con la vita avvengono perché abbiamo lasciato entrare qualcos’altro o qualcun altro, forse nella notte del dolore o nell’alba dell’innamoramento.
I quattro pescatori che chiamerà di lì a poco, non sono preparati alla novità, non hanno fatto corsi di teologia, non sono pronti, come non lo siamo noi. Ma rispetto a noi hanno qualcosa in più: sono stupiti, affascinati dal giovane rabbi, sono sorpresi come per un innamoramento improvviso, per un’estasi che sopraggiunge.
Sentono di essere davanti ad una fessura d’infinito.
La gente si stupiva, e allora teneva le porte aperte.
Amo le porte aperte che fanno entrare notti e tempeste, polline e spighe. Libere porte che rischiano l’errore e l’amore.
Amo le porte aperte: Buchi nella rete, brecce nei muri, presagio e profezia di una umanità in rivolta per diritto di tenerezza.
Amo le porte aperte dei pericolosi visionari, dei testardi amanti, di chi ha fatto voto di libertà. Che diventano strade per tutti noi.
Amo Gesù quando dice io sono la porta: per me entreranno ed usciranno e troveranno pascolo. Amo le porte aperte di Dio.
E allora svitare e togliere e buttare giù chiusure, serrature, chiavistelli, catenacci, sbarre, paletti. Buttar giù muri. E fare voto di meraviglia e di apertura.
“Che c’entri con noi, Gesù di Nazaret? Sei venuto a rovinarci?”
Due grandi domande. La prima dice: Cosa c’entra con la mia vita quest’uomo di Galilea di duemila anni fa? Mi importa, mi sfiora, mi scontro? Cosa c’entra Cristo con il mio agire, con la mia professione, con la famiglia, con il divertimento?
L’umanità ha avuto migliaia di dei. Che cosa c’entra con noi Iside, dea dell’Egitto, o Astarte dei Fenici, o Zeus dei greci?
E Gesù? E’ forse uno di questi innumerevoli dei, passati come meteore nel cielo dell’umanità, oppure c’entra ancora con la mia vita?
Lui venuto a mostrare che è possibile vivere meglio, per tutti.
Che un altro mondo è possibile, dove il violento non abbia ragione per sempre del costruttore di pace:
dove chi è falso non inganni i puri di cuore e i bambini;
dove il corrotto non detti leggi sporche alle nazioni;
dove il ricco non venda il povero per un paio di sandali, come dice Amos.
Dove diventare tutti piccoli profeti di un altro mondo possibile; persone nuove che osano immaginare il futuro diverso. Con una lunga, grande, profonda immaginazione che serva ad aiutare tutti a contribuire in qualche modo alla pace e all’armonia di questo universo.
E la seconda domanda: Sei venuto a rovinarci? Non è solo il grido di un indemoniato, è la sintesi di tanti nostri conflitti. Lo dice con un verso bellissimo padre Turoldo: Cristo, mia dolce rovina, gioia e tormento insieme tu sei. Impossibile amarti impunemente, Impossibile amarti e poi accontentarsi; impossibile amarti e poi vivere di cose, di potere, di maschere e di paure.
E sentiamo dentro di noi il conflitto tra la nostra parte d’ombra e la nostra parte di luce: ‘Signore, per favore lasciami tranquillo nel mio angolo, con le mie piccole cose, con i miei piccoli amori e divertimenti. Perché mi vuoi mandare al largo, controcorrente, in un mondo che non ne vuol sapere di te?
Tempo fa un giovane prete mi raccontava il suo esame di pastorale, alla fine il professore gli fa l’ultima domanda: dimmi come spiegheresti a un bambino di sei anni perché tu credi in Cristo e vai dietro a Lui. E il pretino si lancia in ragionamenti e citazioni, parla di senso del vivere, della verità profonda delle cose… ma mentre parla capisce che non va, e che si sta incartando “o Dio, adesso mi boccia…”
Allora il professore interviene e fa: digli così “lo faccio per essere felice!” Grande docente, di vangelo e di vita.
La vera religione è quella che fa bene, che reca piacere, che fa fiorire. Se la mia fame di bene non è saziata, la fede non mi interessa.
Mi giro verso Cristo, perché è la strada per stare bene.
Con me stesso, con gli altri, con il creato.
Lui tira fuori dal bruco che credevo di essere, la farfalla che sono.
Mi obbliga a diventare il meglio di ciò che posso diventare.
Amplia la vita
Perché io sono frate? perché incontrare Cristo è stato l’affare migliore della mia vita!
Allora la scelta ultima è tra l’appassire dietro piccoli desideri, in una vita sdraiata, oppure l’incamminarci dietro l’appello di un cuore grande: ti darò cento fratelli e sorelle; dietro l’appello di Colui che ti dà il mondo intero come casa e l’eternità come futuro.
Preghiera alla comunione (da Fondi)
Signore, donami di amare le porte aperte
che fanno entrare notti e tempeste,
polline e spighe. Volti e desideri.
Libere porte che rischiano l’errore e l’amore.
Signore, io amo le porte aperte:
Buchi nella rete, brecce nei muri,
presagio e profezia di una umanità
in rivolta per diritto di libertà.
Amo le porte aperte
dei pericolosi visionari,
dei testardi amanti,
di chi ha fatto voto di tenerezza.
Saranno le mie strade.
Amo Gesù quando dice:
io sono la porta, e non il recinto:
per me entreranno ed usciranno, liberamente,
e troveranno pascolo.
Amo le porte aperte di Dio.
Ed erano stupiti del suo insegnamento. Lo stupore, quella esperienza felice che ci sorprende e scardina gli schemi, che si inserisce come una lama di libertà in tutto ciò che ci saturava: rumori, parole, schemi mentali, abitudini, che ci fa entrare nella dimensione della passione, quella che smuove anche le montagne.
Salviamo lo stupore, la capacità di incantarci ogni volta che incontriamo qualcuno che ha parole che trasmettono la sapienza del vivere, che toccano il centro della vita perché nate dal silenzio, dal dolore, dal profondo, dalla vicinanza al Roveto di fuoco.
La nostra capacità di provare gioia è direttamente proporzionale alla nostra capacità di meravigliarci.
Gesù insegnava come uno che ha autorità. Autorevoli sono soltanto le parole che nutrono la vita e la fanno fiorire; Gesù ha autorità perché non è mai contro l’uomo ma sempre in favore dell’uomo, e qualcosa dentro chi lo ascolta lo sa.
Autorevoli e vere sono soltanto le parole diventate carne e sangue, come in Gesù: la sua persona è il messaggio, l’intera sua persona.
Come emerge dal seguito del brano: C’era là un uomo posseduto da uno spirito impuro. Il primo sguardo di Gesù si posa sempre sulle fragilità dell’uomo e la prima di tutte le povertà è l’assenza di libertà, come per un uomo “posseduto”, prigioniero di uno più forte di lui.
E vediamo come Gesù interviene: non fa discorsi su Dio, non cerca spiegazioni sul male, Gesù mostra Dio che si immerge nelle ferite dell’uomo; è Lui stesso il Dio che si immerge, come guarigione, nella vita ferita, e mostra che “il vangelo non è un sistema di pensiero, non è una morale, ma una sconvolgente liberazione” (G. Vannucci).
Lui è il Dio il cui nome è libertà e che si oppone a tutto ciò che imprigiona l’uomo. I demoni se ne accorgono: che c’è fra noi e te Gesù di Nazaret? Sei venuto a rovinarci? Sì, Gesù è venuto a rovinare tutto ciò che rovina l’uomo, a demolire prigioni; a portare spada e fuoco per tagliare e bruciare tutto ciò che non è amore. A rovinare il regno dei desideri sbagliati che si impossessano e divorano l’uomo: denaro, successo, potere, egoismi.
Ad essi, padroni del cuore, Gesù dice due sole parole: taci, esci da lui.
Tace e se ne va questo mondo sbagliato.
Va in rovina, come aveva sognato Isaia,
vanno in rovina le spade e diventano falci,
si spezza la conchiglia e appare la perla.
Perla della creazione è l’uomo libero e amante. Posso diventarlo anch’io, se il vangelo diventa per me passione e incanto. Patimento e parto. Allora scopro “Cristo, mia dolce rovina” (Turoldo), che rovina in me tutto ciò che non è amore, che libera le mie braccia da tutte le cose vuote, e che dilata gli orizzonti che respiro.