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XVI DOMENICA

La zizzania  (Matteo 13,24-30)

 

di p. Ermes Ronchi

 

Questa per me è una parabola speciale, perché mi ha cambiato la vita e il volto di Dio. Era il 1965, a un corso di esercizi, guidato da p. Giovanni Vannucci.

Non avevo mai sentito parlare di Dio così. E da allora ho cercato di vedere tutte le cose come con gli occhi di Dio.

Vannucci diceva che la parabola, portata sul piano della persona, racconta che il nostro cuore è un pugno di terra, seminato di buon seme e assediato da erbacce. Che nella nostra zolla di terra crescono insieme grano e zizzania, ombre e luci, virtù e difetti e le loro radici sono spesso intrecciate.

Vuoi che andiamo a togliere la zizzania?” domandano i servi.

La risposta è perentoria: “No, perché rischiate di strappare il buon grano!”

Noi tutti abbiamo regolarmente una fretta violenta di fare giustizia, di mettere a posto le cose. In noi, ma soprattutto negli altri. Dio no! Attende il frutto buono.

La morale del Vangelo è quella delle mani piene di vita, la morale del frutto, della fecondità, di granai pieni, di spighe gonfie di vita.

L’uomo violento che è in me dice: strappa subito tutto ciò che è immaturo, sbagliato, cattivo, puerile. Il Signore dice: ‘Abbi pazienza, non agire con violenza, perché il tuo spirito è capace di grandi cose solo se ha grandi motivazioni positive, non se ha reazioni violente.

Non siamo sulla terra per essere perfetti, ma per essere incamminati! E non so di quanta esposizione al sole di Dio avrò bisogno per maturare

Come dobbiamo agire, allora, per adottare verso noi stessi lo stile di Dio? Mettiamoci sulla strada dove Dio agisce:

per vincere la notte, accende il suo mattino,

per far fiorire la steppa sterile, getta infiniti granelli di senape,

per far lievitare la massa immobile, mette un pizzico di lievito.

Questa è la attività solare, positiva, vitale che dobbiamo avere verso noi stessi.

Dobbiamo liberarci dai falsi esami di coscienza negativi, centrati sul male, a sfogliare la margherita: questo è peccato, questo è veniale, questo è più grave. La nostra coscienza chiara, illuminata e sincera deve scoprire prima di tutto ciò che di vitale, bello, buono, promettente, Dio ha seminato in noi. E farne memoria gioiosa e ringraziare e far sì che porti frutto.

La parabola racconta due modi di guardare.

I servi vedono soprattutto le erbacce; Il Padrone fissa il suo sguardo innanzitutto sul buon grano. Dobbiamo conquistare lo sguardo di Dio, verso noi stessi e verso gli altri.

Io guardo e cerco. Cerco, come fa Dio, spighe di buon grano. Le cerco in me e in ogni creatura. E nessuno ne è privo. Io non sono le mie debolezze ma le mie maturazioni.

Non sono creato a immagine del Nemico e della sua notte, ma a immagine del Creatore e del suo giorno. Nessuna persona coincide con la sua zizzania.

Allora il nostro lavoro religioso è portare a maturazione il buon seme, che Dio immette in noi con l’ostinazione fiduciosa del buon seminatore; il nostro lavoro religioso è aiutare gli altri a maturare spighe.

Portiamo avanti le forze positive e tutto il nostro essere maturerà nel sole, la zizzania scomparirà da sé, soffocata perché non troverà terreno.

Chi è il santo secondo il Vangelo? Il santo non è colui che non ha zizzania nel cuore, che non ha difetti, il perfetto, ma è colui che ricopre il male di bene, colui che mette in minoranza il male nel suo cuore. E’ colui che pecca sette volte al giorno, ma fa il bene settanta volte sette. E il male, che pure morde sulla carne viva di ciascuno, noi tutti possiamo ricoprirlo di bene, soffocarlo di bontà, di generosità, di coraggio, di canto, di luce.

Allora non preoccupiamoci prima di tutto delle erbacce, cioè delle fragilità, delle debolezze; ma preoccupiamoci delle erbe buone, dei talenti, di avere una venerazione profonda per le forze di bontà, di bellezza, di accoglienza, di tenerezza che Dio ci consegna.

Facciamo che queste erompano in tutta la loro forza, in tutta la loro bellezza, in tutta la loro potenza, e vedremo le tenebre scomparire.

Dobbiamo amare il positivo che c’è nel mondo e in noi, amarlo con libero e forte cuore, e allora fiorirà la vita in tutte le sue forme.

E fare così perché così fa Dio.

Il centro delle nostre preoccupazioni spirituali e umane, perché reale e spirituale coincidono, sia allora non la mancanza, l’oscuro, l’erbaccia – di cui nessuno è completamente libero – ma sia il positivo, il luminoso, il buon grano.

Quando apri il vangelo che sapore senti? Un sapore di peccati, un’atmosfera di colpe, o non piuttosto di granai ricolmi e di pane che sazia?

Il Signore sogna in me una stagione di maturazioni; ha fiducia, perfino, nella canna incrinata, nello stoppino fumigante, nel campo del mio cuore dove attorcigliano le loro radici il bene e il male, qualche virtù e molti vizi. Dio avvia la primavera del cosmo, a noi spetta diventare l’estate profumata di messi.

E anche l’ultimo giudizio – perché la parabola non è una favola dove alla fine tutti vissero insieme felici e contenti per sempre, ma c’è una separazione, un giudizio – ebbene anche l’ultimo giudizio non sarà l’indagine sul male ma proprio sul bene compiuto,

sul buon grano giunto a maturazione dentro di te e attorno a te: “Avevo fame, freddo, sete, ero l’ultimo e tu mi hai consolato, hai asciugato una lacrima, mi hai dato un sorso di vita”.

Lo sguardo di Dio cercherà, anche nell’ultimo giorno, non il nostro punto debole ma i nostri punti forti. Il male non revoca il bene che tu fai, anzi, è il bene che revoca il male compiuto.

E questa deve essere anche la nostra gioiosa, positiva, solare attenzione quotidiana.

Davanti a Dio una spiga di buon grano conta più di tutta la zizzania del campo, il bene è più importante del male, la luce conta più del buio.

Conquistiamo lo sguardo di Dio, mettiamoci dalla sua parte: non ci è chiesto di giudicare la notte ma di accendere il mattino, o almeno, di essere testimoni della luce, testimoni che la luce sta sorgendo.

Questo è il messaggio: venera la vita che Dio ha posto in te, proteggila, e la zizzania avrà sempre meno terreno. Preoccupati del buon seme, ama i tuoi germi di vita, custodisci ogni germoglio, sii indulgente con tutte le creature. E sii indulgente anche con te stesso. Abbi fiducia nel bene e tutto il tuo essere fiorirà nella luce.

 

 

 

Preghiera

 

Ogni uomo è una zolla di terra

Capace di dare la vita ai tuoi germi divini, o Signore.

Ogni uomo è anche un pugno di terra

Pronto a ricevere il seme del Nemico e della notte.

E siamo così: campo dove crescono insieme buon grano e zizzania,

stesso spazio di bene e di male.

Non sono un santo, Signore,

ma tu vegli con infinita pazienza sui miei germogli

Tu indovini nei miei giorni sterili

un domani di bontà; tu vedi me oltre me ;

tu hai avviato la primavera e ora attendi la mia estate.

Tu sai che io non sono il mio peccato,

io non sono i miei giorni vuoti e sterili.

Io non sono le mie paure, ma le mie maturazioni.

Tu vedi, nel mio desiderio di vivere il Vangelo,

un seme incamminato, un albero nascente.

Dio della dolce speranza che il bene è più forte,

che il buon grano conta di più,

che l’uomo è più grande del suo peccato,

che la terra fiorirà di compiuta bellezza.

Dio della grande fiducia, Dio dell’infinita pazienza,

Mio Dio, impaziente solo di abbracciare questo pugno di terra

che io sono, perché possa dare vita ai tuoi germi divini!

Amen.

 

p. Ermes Ronchi