Dio dice di se stesso: “Io sono”
Ciò significa che è Lui il vero Essere che dona l’esistenza a tutto ciò che esiste.
Il termine “io” lo riferiamo anche a noi personalmente. Esso in qualche modo coincide anche con l’autopercezione, anche se in realtà noi percepiamo noi stessi perché esiste in noi un principio di appercezione puro e trascendentale, dimostrabile anche con la stessa logica umana.
In effetti, quando penso a me come soggetto, inconsciamente nego di essere altro da me: Io non sono Tu e Tu non sei me.
La nostra mente cosciente può procedere per negazione dell’oggettività, per arrivare ad intuire qualcosa della nostra soggettività.
Dal momento che percepisco il mio corpo opero una sua oggettivazione…
Quando penso alla mia mente, anche qui procedo per oggettivazione di tutti i suoi contenuti…
Quando penso alla mia auto-coscienza non posso fare a meno del processo di oggettivazione…
In questo modo intuisco che nel più profondo del mio essere c’è un principio non oggettivabile che sfugge ad ogni applicazione della mia logica umana e non è rappresentabile in alcun modo, quindi è trascendente.
Un principio che in qualche modo ci ricorda “l’Io sono” divino, in quanto noi siamo fatti ad immagine e somiglianza di Dio.
RIELABORO IL TUTTO CON CONCETTI PIÙ SEMPLICI:
Sto cercando di esplorare i concetti di soggettivazione e oggettivazione della nostra mente, ovvero come il nostro pensiero e la nostra percezione ci portano a comprendere il nostro “io” e il mondo che ci circonda. Il termine “io” è strettamente legato alla nostra identità personale e alla nostra autopercezione, che può essere vista come un riflesso di un principio di appercezione puro e trascendentale. Questo principio può essere dimostrato attraverso la logica umana, poiché la nostra capacità di percepire noi stessi implica l’esistenza di un “io” che è consapevole e cosciente.
Quando pensiamo a noi stessi come soggetti, implicitamente affermiamo la nostra unicità e distinzione dagli altri. Dire “io” implica automaticamente una negazione di tutto ciò che non è “io” — un’affermazione che sottolinea la nostra soggettività e il nostro distacco da qualsiasi altra entità o persona. Questo processo di distinzione è cruciale per la costruzione della nostra identità.
La nostra mente cosciente ha la capacità di comprendere la propria soggettività attraverso la negazione dell’oggettività. Per esempio, nel momento in cui percepiamo il nostro corpo, lo stiamo oggettivando, vedendolo come qualcosa di distinto dal nostro “io” puro. Allo stesso modo, quando riflettiamo sui contenuti della nostra mente, stiamo oggettivando i nostri pensieri e le nostre emozioni, osservandoli come se fossero oggetti esterni al nostro “io” centrale.
Questo processo di oggettivazione si estende anche alla nostra auto-coscienza. Anche se la nostra consapevolezza di essere coscienti ci sembra immediata e diretta, il semplice atto di riflettere su questa consapevolezza comporta una forma di oggettivazione. Tuttavia, c’è un punto in cui questo processo si arresta: nel momento in cui tentiamo di oggettivare il nostro “io” più profondo, ci rendiamo conto che esiste un principio che sfugge a qualsiasi tentativo di rappresentazione o categorizzazione. Questo principio non può essere oggettivato; è un’essenza trascendente che va oltre le capacità della nostra logica umana.
Questa intuizione ci porta a riconoscere che nel profondo del nostro essere c’è qualcosa che non può essere compreso o spiegato interamente attraverso la ragione o la percezione sensibile. Questo principio è un riflesso della nostra somiglianza con il divino, richiamando l’idea dell'”Io sono” di Dio. Così come Dio è l’essenza suprema e incondizionata, il nostro “io” più profondo è un riflesso di questa essenza, un punto di connessione tra la nostra natura umana e il mistero della creazione divina.
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