Fb 19 febbraio 23 – VII dom
Mt 5,38-48
La catena rotta
Vi fu detto: occhio per occhio… Ma io vi dico: se uno ti dà uno schiaffo tu porgigli l’altra guancia. Sii disarmato, mostra che non hai nulla da difendere. Riallaccia tu la relazione, fai tu il primo passo e l’altro capirà.
Il cristianesimo non è una religione di servi che non reagiscono; non è «la morale dei deboli che nega la gioia di vivere» (Nietzsche). Ma la religione dei re, degli uomini liberi padroni delle proprie scelte anche davanti al male, capaci di disinnescare la spirale della vendetta, di inventare reazioni nuove attraverso l’amore, che non ripaga con la stessa moneta, scombina le regole ma poi rende felici.
Siate perfetti come il Padre (Mt 5,48), siate santi perché io, il Signore, sono santo (Lev19,2). Santità, perfezione, parole che ci paiono lontane, per gente che fa un’altra vita. E invece quale concretezza nella Bibbia! “Non coverai nel cuore odio verso tuo fratello, non gli serberai rancore, lo amerai come te stesso” (Lev 19,17-18). Niente di astratto, ma il quotidiano, santità che profuma di casa, di pane, di gesti.
E di cuore, perché vediamo il Maestro indignarsi, e quante volte, per un’ingiustizia, per un bambino scacciato, per il tempio fatto mercato, per il cuore di pietra dei pii e dei devoti.
Non passività né sottomissione; quello che Gesù propone è una presa di posizione che crede all’incredibile: amate i vostri nemici perché violenza produce violenza in una catena infinita, e io scelgo di spezzarla, di non replicare su altri ciò che ho subito, di non far proliferare il male. Ed è così che inizio a liberare me stesso.
Allora siate perfetti come il Padre… non quanto, una misura impossibile che ci schiaccerebbe; ma come il Padre, con il suo stile di combattiva tenerezza.
A seguire, una serie di verbi difficili: ad amici e nemici voi porgete, prestate, fate, benedite, amate e pregate. E fatelo perché – senso ultimo del vivere – perché siate figli del Padre vostro che fa sorgere il sole sui buoni e sui cattivi.
Noi siamo più della storia che ci ha partorito. Siamo come il Padre. Io che non farò mai sorgere o tramontare nessun sole, ma posso far spuntare un grammo di luce, una minima stella a indicare la strada.
È straordinario, verrà il giorno in cui il nostro cuore, che con fatica ha imparato l’amore, sarà il cuore stesso di Dio, e allora ameremo con il suo cuore, con un amore che sarà la nostra anima, per sempre.
Amate i vostri nemici. Ancora una volta Gesù va contro la legge, intende eliminare il concetto stesso di nemico, ancora una volta va contro ogni logica. Tutto il Vangelo è qui: «Amatevi, altrimenti vi distruggerete» (D.M. Turoldo). Amatevi, e la catena infinita di violenza che si nutre di violenza si romperà.
Avvenire VII DOMENICA Matteo 5,38-48
Da tre domeniche camminiamo sui crinali da vertigine del discorso della montagna. Vangeli davanti ai quali non sappiamo bene come stare: se tentare di edulcorarli, oppure relegarli nel repertorio delle pie illusioni.
Ci soccorre un elenco di situazioni molto concrete che Gesù mette in fila: schiaffo, tunica, miglio, denaro in prestito. E le soluzioni che propone, in perfetta sintonia: l’altra guancia, il mantello, due miglia. Molto semplice, niente che un bambino non possa capire, nessuna teoria complicata, solo gesti quotidiani, una santità che sa di abiti, di strade, di gesti, di polvere. “Gesù parla della vita con le parole proprie della vita” (C. Bobin).
Fu detto occhio per occhio. Ma io vi dico: Se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu porgigli anche l’altra. Quello che Gesù propone non è la sottomissione dei paurosi, ma una presa di posizione coraggiosa: “tu porgi”, fai tu il primo passo, tocca a te ricominciare la relazione, rammendando tenacemente il tessuto dei legami continuamente lacerato.
Sono i gesti di Gesù che spiegano le sue parole: quando riceve uno schiaffo nella notte della prigionia, Gesù non risponde porgendo l’altra guancia, ma chiede ragione alla guardia: se ho parlato male dimostramelo. Lo vediamo indignarsi, e quante volte, per un’ingiustizia, per un bambino scacciato, per il tempio fatto mercato, per le maschere e il cuore di pietra dei pii e dei devoti. E collocarsi così dentro la tradizione profetica dell’ira sacra.
Non ci chiede di essere lo zerbino della storia, ma di inventarsi qualcosa – un gesto, una parola – che possa disarmare e disarmarci. Di scegliere, liberamente, di non far proliferare il male, attraverso il perdono “che strappa dai circoli viziosi, spezza la coazione a ripetere su altri ciò che hai subito, strappa la catena della colpa e della vendetta, spezza le simmetrie dell’odio” (Hanna Arendt). Perché noi siamo più della storia che ci ha partorito e ferito. Siamo come il Padre: “Perché siate figli del Padre che fa sorgere il sole sui cattivi e sui buoni”. Addirittura Gesù inizia dai cattivi, forse perché i loro occhi sono più in debito di luce, più in ansia.
Io che non farò mai sorgere o tramontare nessun sole, posso però far spuntare un grammo di luce, una minima stella. Quante volte ho visto sorgere il sole dentro gli occhi di una persona: bastava un ascolto fatto col cuore, un aiuto concreto, un abbraccio vero! Agisci come il Padre, o amerai il contrario della vita: dona un po’ di sole, un po’ d’acqua, a chiunque, senza chiederti se lo meriti o no. Perché chi ha meritato un giorno di abbeverarsi all’oceano della Vita, merita di bere oggi al tuo ruscello.