dal Messaggero Veneto del 10/10/02

Il governo Berlusconi ha varato una legge finanziaria “senza precedenti”. In effetti, il metodo usato è del tutto nuovo. Per la prima volta nella storia della Repubblica il governo si deresponsabilizza sulla questione dei servizi sociali e assistenziali da fornire ai cittadini, essendo divenuta forse un peso, un gravame, un fastidio a causa di una gestione “allegra” dell’economia italiana.

Richiamato dall’Europa, che ha imposto all’Italia una correzione di rotta, il governo, invece di dire la verità sulla situazione che non ha saputo controllare, si defila, pilateggiando dalla responsabilità di porre rimedio agli errori. Venute meno le condizioni fallacemente previste per sostenere le abnormi promesse fatte in campagna elettorale, il governo non si ferma davanti all’evidenza e continua nell’attuazione del suo programma.

Facendo lo gnorri, riduce le tasse dei lavoratori con stipendi medio-bassi, pagando il conto con i tagli alle spese per la scuola, per la sanità e per i servizi sociali e assistenziali. In realtà, afferma Berlusconi, non si tratta di tagli allo stato sociale, ma di diminuzione di fondi da erogare alle Regioni. È questa la consueta modalità d’intervento del manager al quale è affidato un budget minore in relazione alle necessità. La sua professionalità consiste nel riuscire a salvare i servizi anche con minori risorse finanziarie, nella convinzione che spremendo il limone si riducono gli sprechi.

In genere l’unico capitolo sensibile ad aggiornarsi e a contenersi per riuscire nell’impresa è la qualità delle prestazioni offerte alle persone. E, la qualità, è ciò che si chiede alla scuola, alla sanità, ai servizi e all’assistenza sociale. In base a uno stravolto e distorto concetto di federalismo, richiamato quando conviene, la Regione dovrebbe, dunque, garantire gli stessi servizi con meno soldi a disposizione, eliminando gli sprechi. In questo caso tali sprechi sarebbero: gli insegnanti di sostegno per i bambini e i ragazzi disabili, che privati di aiuto verrebbero gravati di un handicap indotto maggiore; i bidelli che aiutano a garantire una maggiore assistenza agli insegnati e ai bambini; i posti letto negli ospedali la cui progressiva diminuzione doveva essere compensata dall’assistenza territoriale, rimasta solo una promessa; i medicinali per i malati; la lotta contro la solitudine degli anziani; la qualità del vita.

Questa visione, che si accomoda bene con la neo-cultura dell’antisolidarietà, che lascia affogare un naufrago di pelle scura, che non lo accoglie se fugge dalla fame e dalla violenza, è profondamente disumana, ma finalizzata all’aumento dei consumi, predicato dallo stesso Berlusconi che invitava gli italiani ad acquistare, a spendere e non a risparmiare come ha fatto lui, creandosi una fortuna.

Ora gli italiani, sgravati dalle tasse, potranno comodamente comperare di tutto, i loro figli avranno gli zainetti firmati per andare all’asilo dove troveranno un ambiente teso, nervoso, più ostile per l’eccessivo carico di lavoro a cui dovrà piegarsi il personale sempre più ridotto dal blocco delle assunzioni a tempo indeterminato.
Di fatto, allora, entrando nel sottile meccanismo adoperato dalla finanziaria, i cittadini sono stati raggirati con tanto di dolo e artifizio, da un sottile regressus logico circolare.

Questa circolarità perversa consente al governo di tagliare senza tagliare, di annunciare sacrifici per gli italiani, smentendoli poco dopo, di non assumersi responsabilità per il proprio fallimentare operato, ma scaricandola, secondo una tradizione ormai consolidata nel comune argomentare dei politici, su un altro ente o istituzione che lo tiene in scacco. Analizziamo la questione: i cittadini europei avevano dato mandato al governo europeo di rendere più efficiente l’economia dei loro paesi favorendo maggiore ricchezza e qualità di vita. Per ottenere ciò è stato necessario concordare un patto di stabilità obbligando gli Stati nazionali a rispettare specifici parametri economici.

L’Italia, divenuta inadempiente in questo senso è stata richiamata all’ordine, costringendo secondo logica il governo a dover prendere misure impopolari, in netto contrasto con il cosiddetto patto o contratto con gli italiani. Con estremo tempismo, però, il governo ha passato la bega alle Regioni con una devoluzione strana: meno fondi, più responsabilità morale verso i cittadini.

A questo punto Regioni e Comuni non hanno scelta, o tagliano i servizi sociali, già molto scadenti, con l’acquiescenza dei cittadini o i cittadini stessi devono pagarseli, restituendo con gli interessi la diminuzione delle tasse. Il circolo si è chiuso rendendo i cittadini più poveri, ma favorendo l’economia. Invece di distribuire risorse, il meccanismo serve per raccogliere alla periferia e portare al centro delle banche e dell’interesse di pochi.
I cittadini europei avevano dato mandato all’Europa di favorire loro una vita sociale più qualitativa, facendo molti sacrifici per aumentare l’efficienza economica; ora l’Europa, di fatto, non ritorna il dovuto che si è perso nelle reti bucate del governo Berlusconi, il quale defilandosi dalla situazione, in spregio a ogni rispetto etico-morale, si prende i meriti, la riduzione delle tasse, e allontana da sé gli oneri, demandando i tagli agli altri.

I cittadini, invece, tali privilegi non se li possono permettere. Sceglieranno, lo speriamo, la via etica e pagheranno i servizi sociali per i loro figli, per gli anziani, per i disabili, aprendo di colpo gli occhi annebbiati dall’ipnotica persuasione manageriale.

Responsabile nazionale Dipartimento Politiche sociali
Italia dei Valori Lista Di Pietro