dal mensile Cittànuova del 25/04/2002
Antonio Maria Baggio
Una vena apocalittica attraversa la nostra epoca, spesso camuffata sotto espressioni rozze e ingenue, ma che esprimono la percezione, da parte dell’uomo contemporaneo, di una battaglia in corso tra il bene e il male
Le ombre si muovevano con circospezione intorno all’alto palazzo che sorgeva isolato alla periferia del paese, proprio alle spalle dell’accampamento dell’Arma.
Il terremoto aveva interrotto l’erogazione dell’energia elettrica e le notti a Sant’Angelo dei Lombardi erano buie. Nei primi giorni dopo la catastrofe, si scavava senza tregua, aiutati dai gruppi elettrogeni. Vigeva la proibizione di entrare nelle case, ritenute tutte a rischio: sia per evitare altre vittime, sia per impedire i furti.
Per questo i carabinieri avevano circondato il palazzo, immediatamente dopo avere scorto una luce muoversi all’ultimo piano. L’irruzione dei militari, armi in pugno, bloccò un uomo mentre scendeva le scale con un fascio di carte in braccio: “Sono l’ingegnere che ha costruito il palazzo; mi riprendo appunti e disegni che mi servono per lavorare”. “Ma non si rende conto che potrebbe crollare da un momento all’altro?”; “No, tenente, non c’è pericolo: io so come l’ho fatto e che materiali ci ho messo dentro.
Questo non crolla”.
A Sant’Angelo, durante il terremoto, le cose andavano in questa maniera: palazzi nuovi si erano sfarinati ricoprendo il paese di polvere bianca; altre costruzioni, tirate su come Dio comanda, non mostravano neppure le crepe. L’onestà e la disonestà erano venute allo scoperto, come in un anticipo del giudizio universale: una sorta di “apocalisse” che aveva separato nettamente i buoni dai cattivi.
Ed è questo l’argomento del libro dell’Apocalisse, ultimo del Nuovo Testamento: la grande battaglia tra il bene e il male avrà Dio come vincitore, e, nel bene e nel male, non rimarrà nulla di nascosto. L’Apocalisse è una meditazione sul “tempo finale”; ma non bisogna pensare che questo libro parli solo di ciò che accadrà alla fine dei tempi: si rivolge, al contrario, proprio a noi, al tempo nel quale noi stiamo vivendo, che è “finale” perché inaugurato dalla Resurrezione di Gesù, vero e proprio spartiacque della storia. Dopo la Pasqua, gli uomini possiedono tutti gli elementi per scegliere da quale parte stare, per capire, ascoltando il profondo della propria coscienza, e pur immersi nei gorghi a volte disorientanti della storia, che cosa fare della propria vita. Dopo la Resurrezione, per ciascuno di noi c’è sempre, in ogni situazione, una possibilità di bene.
Anche l’uomo contemporaneo avverte che la storia ha un senso, che è orientata verso uno scopo: lo avvertiamo perché c’è, e ci attira. Ma lo cerchiamo, spesso, in forme rozze e inadeguate: c’è chi si rivolge all’occultismo e alla magia, con tutto il loro corredo di profezie e di Nostradamus improvvisati; altri sperano che qualche fattucchiera riveli come andrà a finire la loro esistenza, e quali passi fare per non sprecarla; gli scaffali delle librerie sono pieni di letteratura fantascientifica, che interpreta i grandi avvenimenti della storia, o i fenomeni ancora inspiegati dalla scienza, alla luce di ipotetiche civiltà superiori che interverrebbero nelle nostre faccende.
Eppure, nonostante l’inadeguatezza di queste risposte, le domande sono autentiche, ed esprimono il bisogno interiore di cogliere il senso della propria vita, e il senso dell’insieme. L’Apocalisse, ci spiega il biblista Rossé nell’intervista che riportiamo, è un libro scritto per aiutare a superare i tempi difficili. E tale è forse il nostro, anche quando mancano le catastrofi evidenti: in molti infatti c’è la percezione di una catastrofe nascosta, di una deriva strisciante nella quale il male riesce a farsi accettare, nei comportamenti di massa, persuadendoci che è bene, mimetizzandosi.
L’Apocalisse, col suo linguaggio simbolico e spesso oscuro, ha il merito di richiamarci alle conseguenze delle Pasqua: il mio “tempo finale” è oggi; è nel momento presente che posso scegliere tra il bene e il male. Nel momento presente, ogni decisione ha il valore dell’ultima. Ed è questo che dà un valore infinito ad ogni istante, e che rende piena di significato ogni giornata dell’esistenza nella quale, senza preavviso, si può essere chiamati al giudizio, come capitò ai costruttori di Sant’Angelo dei Lombardi.