A Dio

Tu mi hai messo nell’anima, nel più profondo e in modo ineffabile, la certezza che sei amore.
Poi mi trattasti paternamente come un bambino, mi inculcasti la stessa convinzione una seconda volta dimostrandomi incessantemente che tu eri amore…
Salvami da una sola inquietudine, dicevo: che questo non sia accaduto per colpa mia.
Canaglia ingrata che ero! Come se tu� mi avessi fin qui dimostrato il tuo amore a causa della mia bontà precedente! Risparmiami una sola preoccupazione, dicevo: che ti sia stancato di me a causa dei miei innumerevoli errori; canaglia ingrata che ero! Come se tu, prima mi avessi amato per la mia saggezza e i miei meriti! O vanità malvagia del cuore! Che vuole arrogarsi scaltramente qualche prozione del passato: non solo l’aver provato la felicità che Dio è amore, e che ce lo dimostra, ma anche, almeno un pochino, che se ne è stati degni, se non altro a paragone della nostra indegnità presente.
Oh! no, no, Dio sia lodato, chè non è stato mai merito mio se egli mi ha amato! E’ questo che ci dà l’intrepidezza naturale, se no si dovrebbe morire all’istante per paura di non essere più degni il momento successivo.
(S.Kierkegaard, Pap. X A 227)

“Le anime ferventi mi consolano della tiepidezza e dell’oblio dei peccatori. Esse però non possono sostituire nel mio cuore le anime che io desidero : ciascuna ha il suo posto nel mio cuore; ciascuna è amata per qualche cosa di unico che le ho dato, e non mi rassegno alla sua perdita finché c’è una speranza che si penta. Alcune pecorelle non possono tener luogo della centesima che si è smarrita. Ciascuna anima è per me un tesoro unico. (Gesù a suor Maria della Trinità p.131)”