dal Messaggero Veneto del 07/04/03
Meccanismi dell’ipnosi
Egregio professore, recentemente (ma mi sembra che la storia si sia ripeta spesso) si è sentito di persone che sono state ipnotizzate e che sono state indotte a compiere atti che certamente erano contrari alla loro volontà, tipo farsi derubare, consegnare gli incassi eccetera.
La domanda che un profano come me (e credo come tantissimi altri) si pone in questi casi è la seguente: se è così facile indurre qualcuno in ipnosi, per certe operazioni non servirebbero pistole o minacce col taglierino, ma un semplice ordine del tipo «A me gli occhi».
Se poi estendessimo il concetto, sembrerebbe che chiunque abbia pratica con questi metodi potrebbe far fare agli altri ciò che crede. Tra l’altro, non si legge ogni tanto di interventi chirurgici eseguiti con anestesia ipnotica?
E allora, potrebbe spiegare che cosa succede nell’ipnosi, come funziona il meccanismo, quali sono i suoi limiti?
Cristina Rinaldi , Udine
L’ipnosi e ciò che se ne può fare costituiscono senza dubbio un campo di fascinoso mistero, soprattutto nell’inconscio collettivo, ma non per gli addetti ai lavori; in effetti, a livello scientifico (benché quando ci si avventura nelle pieghe della mente umana raramente si riscontra che due più due faccia quattro…) un’enorme massa di studi sul campo ci hanno insegnato parecchie cosette, che sono molto distanti dalle credenze popolari o dai fenomeni da baraccone, televisivo e no, cui spesso capita di assistere.
L’ipnosi è un particolare stato di alterazione indotta della coscienza durante il quale la persona esperimenta dei cambiamenti di percezione, di memoria, di condotta e quant’altro come risposta alle suggestioni (o ai “comandi”) indotti da un’altra persona.
Va subito detto che è richiesta collaborazione da parte del soggetto: nessuno può essere ipnotizzato contro la sua volontà, tanto per chiarire, e nessuno tanto meno può essere costretto a compiere azioni contrarie alle sue profonde credenze e convinzioni, come atti antisociali, autodistruttivi, immorali eccetera che non corrispondano alla sua natura profonda.
Esiste, poi, una grande variabilità nella suscettibilità a essere indotto in ipnosi: se prendiamo dieci persone a caso, una di queste entra nella trance ipnotica facilmente e subito, un’altra mai; le altre otto si collocano in posizioni intermedie, riscontrandosi fluttuanti possibilità di induzione. Si ricordi anche che soltanto una trance profonda può consentire fenomeni quali l’ipoalgesia o l’anestesia, il riaffiorare di ricordi sepolti, posizioni psichiche e fisiche che allo stato di veglia non si riscontrano.
Durante lo stato ipnotico, che può essere variamente indotto (si contano a decine i sistemi utilizzati, altro che il mitico «A me gli occhi!»), il soggetto appare rilassato e tranquillo, come quando dorme, ma la sua condizione fisiologica è ben diversa da quella del sonno: il suo elettroencefalogramma è simile a quello che si registra durante la “veglia rilassata”, ma il suo contatto con la realtà è ben diverso, chiaramente alterato rispetto al suo normale stato di coscienza.
È un po’ come se si fosse ristretto e passasse unicamente attraverso il filtro delle ingiunzioni che l’operatore gli dà. Su questa base si possono instaurare allucinazioni positive (vedo o sento quello che non c’è) o negative (non si percepiscono fatti o cose che stanno creando stimolazioni sensoriali): ecco come si può usare quest’ultimo dato per produrre insensibilità al dolore, a esempio nel parto, o in interventi chirurgici, come accennavo. Oppure, con specifiche induzioni e comandi post-ipnotici, migliorare qualsiasi rendimento atletico e non, aumentando la resistenza alla fatica, la precisione, la concentrazione, le capacità mnemoniche eccetera.
A questo riguardo si è scoperto che i recettori sensoriali sotto ipnosi rispondono in modo invariato, trasmettendo sempre gli stimoli dagli organi di senso al cervello, ma che si modifica l’ultima parte dell’onda bioelettrica, quella che corrisponde all’elaborazione corticale o subcorticale. In altre parole, più comprensibili, dato che il dolore ha una componente fisiologica e una “affettiva” (o psichica), la spiegazione che viene data a questo fenomeno è che l’ipnosi non blocchi il segnale in arrivo dai sensori del dolore (la componente fisica), ma estingua o smorzi al massimo la reazione all’arrivo di questi segnali (la componente psichica).
Il discorso sarebbe ancora lunghissimo, e mi riprometto di riprenderlo in una prossima rubrica, anche per togliere qualche altro velo da una faccenda certamente affascinante e ancora misteriosa, ma non proprio del tutto…