dal Messaggero Veneto del 10/06/2002
Gentile professore, di fronte a problemi psichici così importanti (tipo per esempio gli attacchi di panico), che lei spesso ha trattato, la mia domanda potrebbe anche sembrare banale, ma sono certa interessi un gran numero di persone. Voglio intendere le piccole paure che più o meno tutti (o quasi) abbiamo: quella di certi animali, dell’ascensore, dell’aereo, dell’altezza, del sangue, degli aghi e via dicendo. Si tratta di disturbi destinati ad aggravarsi nel tempo, oppure a scomparire, oppure ancora tutto ciò va considerato quasi “normale”?
Rita Rizzi, Udine
Caro professore, credo di essere tutto sommato una persona normale; non ho infatti particolari problemi a livello psicologico, tranne uno: non sopporto la vista del sangue. Ogni volta che devo sottopormi a un prelievo, per esempio, sono dolori: anche se cerco di calmarmi, di distrarmi, di non pensarci, vivo invariabilmente una situazione angosciante. Se, poi, per caso, mi capita di tagliarmi, rischio di svenire, con le forze che mi abbandonano subito, e lo stesso mi succede se vedo sanguinare qualcun altro, anche se, forse, in misura minore. Come si sarà capito, non è un problema gravissimo, né io lo vivo come tale, ma è lo stesso un problema. Dovrò decidermi a farmi vedere da qualche specialista?
Lettera firmata, Udine
Il termine clinico con cui si definiscono le paure descritte dalle lettrici (e mille altre paure ancora) è quello di fobia semplice; ciò indica il persistente timore di uno stimolo bene circoscritto (oggetto o situazione) di fronte al quale si produce invariabilmente una risposta ansiosa. Ci sarebbe anche, a voler essere più precisi, un’ulteriore identificazione di tali disturbi nelle cosiddette fobie specifiche, ma i contenuti sono sempre quelli.
Di norma, se questa è la preoccupazione neanche tanto velata, non occorrono trattamenti psicoterapici: lo dico contro il mio “interesse”, sapendo che alcuni non la pensano così, ma mi sembra assurdo volere a tutti i costi “psicologizzare” ogni condotta umana, anche quelle alquanto bizzarre.
Tutto questo, è ovvio, se il disturbo non diventa di insopportabile consistenza e tale da incidere pesantemente nella vita di un individuo. Ne faccio subito un paio di esempi: diversa è la situazione per chi abita in un paese di campagna, e ha paura di entrare in un ascensore, rispetto a chi abita in un condominio di dieci piani in città; o quella di un chirurgo che non sopportasse la vista del sangue paragonata a quella di un’altra persona qualunque.
Diffuse abbondantemente nella popolazione generale (di più, statisticamente, in quella femminile), le fobie semplici riguardano gli animali (significativamente: cani, gatti, topi, serpenti, insetti), la vista del sangue e delle ferite, gli spazi chiusi, l’altezza, l’ascensore, l’aereo.
L’elenco potrebbe dilungarsi e dilatarsi a dismisura, nelle infinite pieghe della mente umana, e ognuno potrebbe raccontare di quella sua particolare paura: lo stampo è quello, ma ciascuno riesce a fornire esemplari unici. Benché chi ne soffra riconosca che il timore è eccessivo e irrazionale, l’ansia e la sgradevole situazione che nascono (anche come fenomeno anticipatorio) di fronte a certi stimoli inducono di regola a evitarli, perché così facendo non si incorre negli spiacevoli sintomi correlati: tachicardia, difficoltà di respiro, senso di panico, sudorazioni, brividi, tremori e via dicendo.
L’età di insorgenza è varia: nei confronti degli animali le fobie insorgono solitamente nell’infanzia, quelle del sangue nell’adolescenza, quelle dell’aereo nell’età adulta, tanto per citare. Come strizzacervelli devo aggiungere che, mentre le prime normalmente possono anche scomparire senza trattamento, le altre raramente svaniscono in modo spontaneo. Però, sono tenuto anche a precisare che, visto che nella gran parte dei casi non comportano marcate compromissioni, non è frequente la richiesta di intervento.
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