42° Capitolo
…ecco che veniva portato al sepolcro un morto, figlio unico di madre vedova; e molta gente della città era con lei. Vedendola, il Signore ne ebbe compassione e le disse: “Non piangere!”…(Lc.7,11)
Quando i giovani ci chiedono il perché di una morte prematura desiderano da noi una risposta chiara, senza raggiri o sotterfugi. Secondo molti Dio non agisce con giustizia. Non può essere giusto in quanto interrompe la vita di un giovane senza esperienza. Ci si sente inermi, schiacciati da un problema così grave, a causa del quale molti dubitano dell’esistenza di Dio.In quel momento siamo chiamati a difendere la causa di Dio. Come se fossimo il suo portavoce!
Ci si sente investiti di una enorme responsabilità. Interiormente avvertiamo un senso di smarrimento perché ci pongono tutti gli interrogativi che avevamo sempre covato in noi, molti dei quali rimossi da gran tempo. Attraverso la voce di quei ragazzi permeata ancora di innocenza, si sente che Dio attende da noi una risposta sul dolore e la sofferenza dell’innocente. Che risposta dare? E’ necessario comunicare le “ragioni della speranza”. E più domande ci fanno più sprofondiamo nell’assurdità del mistero che ci avvolge da tutte le parti.
Ecco un tipico dialogo:
– Se il Signore é giusto, perché ha interrotto la vita terrena di quel giovane?
– Se lo ha fatto c’é un motivo. Non é Egli il Signore di tutto l’Universo?
– Sì, ma non vedo il motivo per cui tronca le giovani vite. Non mi venga a dire che a diciotto anni questo mio amico abbia potuto fare tutte le esperienze di uno che muore a novant’anni! Trovo la cosa molto ingiusta.
– Chi siamo noi per dire che Dio é ingiusto e non fa bene quello che Egli fa? Se lo permette c’é sempre un motivo. Attualmente noi non lo possiamo capire perché la nostra mentalità é piuttosto materialista e legata alla terra. Cosa significa per te esperienza di vita?
– Vivere come la gran parte di noi: divertirsi, studiare, lavorare, amare…
– Cosa ne sai della vita di quel giovane? Per te la vita ha un significato, per lui ne aveva un altro. Il Signore lo ha colto nel momento che riteneva più opportuno, se é vero che nessuno muore per se stesso. Nell’ottica di Dio egli ha raggiunto l’apice della sua evoluzione terrestre, che non deve necessariamente coincidere con il tuo o con quello di tutti gli altri uomini.
– Ma i bambini di pochi mesi che muoiono prematuramente che coscienza potrebbero aver raggiunto se non sanno nemmeno di esistere?
– La creatività di Dio non ha limiti. In un campo tutti i fiori, piccoli e grandi, per un occhio non superficiale sono belli, anche la veronica che se ne sta nascosta dietro un grande foglia. Se credi che dopo la morte noi risplenderemo della luce di Dio, per te nulla sarà banale o assurdo.
La potenza di Dio non ha confini, e così la sua giustizia. La vita di un bambino é preziosissima ai suoi occhi come quella di un novantenne. Nell’aldilà ci accorgeremo chiaramente che un secondo di vita terrena vissuta intensamente ed autenticamente può riscattare cento anni di vita superficiale. Che cos’è un secondo di fronte all’eternità?
Il nostro errore umano è l’eccessivo spavento di fronte alla nostra ed altrui morte. I motivi sono tanti. Tra questi elenchiamo alcuni che sono presenti in maniera diversa nell’uomo occidentale:
1) La paura di non essere giudicati degni del Regno e sprofondare all’inferno
2)L’angosciosa sensazione di non “appartenerci” più : il cadavere richiama lo stato di inerzia e decomposizione di un corpo che prima era vitale ed autonomo.
3) Il rammarico per non aver consumato le più piacevoli esperienze terrene.
4) La perdita fisica delle persone che amiamo durante la vita terrena
5) L’assurdità di una fine che ci getta nell’ignoto anche dopo atroci sofferenze fisiche.
Questa mentalità può essere gradualmente trasformata in noi alla luce della fede e della Parola di Dio:
1) Credere fermamente che Dio ama ciascuno di noi in modo del tutto particolare e che desidera più di noi la nostra salvezza eterna. Egli non lascerà niente di intentato, pur rispettando la nostra libertà e dignità. Non gode della rovina dell’uomo perché è infinitamente misericordioso. Come può permettere che una sua creatura, fatta a sua immagine e somiglianza, per la quale suo Figlio ha terribilmente sofferto, possa perire nell’eternità? Si sa che ognuno di noi è debole e di vita breve, ma destinato alla gloria eterna.
Chi può realmente glorificarlo e lodarlo agli inferi? Se veramente dovesse esserci qualcuno all’inferno, costui lo ha coscientemente voluto, non accettando la salvezza offerta gratuitamente da Gesù Cristo. Nessuno si danna senza volerlo, come sostengono molti mistici e la stessa Scrittura. Chi si danna, pur consapevole delle numerose opportunità, ha rifiutato coscientemente la grazie, ben sapendo a cosa sarebbe andato incontro. Se crediamo nel Dio misericordioso e ci abbandoniamo fiduciosi in Lui, anche se la nostra povera anima dovesse essere piena di macchie e cicatrici, ritornerà a risplendere della gloria a cui è stata destinata, perché Dio Onnipotente ha la facoltà di trasformare anche le pietre in cuore di carne.
L’inferno è la morte di ogni speranza, è il completo indurimento interiore, è la totale chiusura alla grazia. Non disperiamo: anche se ci dovessimo ritenere i più indegni, qualora la nostra ultima speranza fosse riposta solo alla sua misericordia divina, Egli ci salverà in virtù della passione e morte di Gesù Cristo. Ci ha fatto altri grandissimi doni : la Chiesa e i suoi sacramenti, ottimi e sicuri mezzi per ottenere la salvezza.
Il metodo più sicuro per ricevere la sua misericordia è pregarlo: la preghiera ci aiuta a desiderarlo, a metterlo al primo posto e ad amarlo. Dio non respinge chi lo ama.
2) L’angosciosa sensazione di non “appartenerci” più : il cadavere richiama lo stato di inerzia e decomposizione di un corpo che prima era vitale ed autonomo.
Siamo sicuri che nell’arco della nostra breve vita terrena ci apparteniamo realmente? Quante volte siamo cadaveri, zombie, e non ce ne accorgiamo? Quando crediamo di essere nel pieno della nostra vitalità, spesso non facciamo altro che rimestare energie a vuoto, mentre la mente vaga soltanto all’estrema superficie di noi stessi. Quanti momenti di sobria autocoscienza viviamo.? Dobbiamo essere d’accordo sul fatto che più la vita è autocosciente, e più autentica. Sprigionare inutili energie non serve all’accrescimento spirituale della nostra persona destinata ad evolversi in Dio, prendendo come riferimento e modello Gesù Cristo. (Marta…tu ti agiti per troppe cose)
Se la mia vita non è strettamente correlata a quella di Gesù Cristo, (il quale deve essere “contemporaneo” e “vivo”, non un personaggio vissuto duemila anni fa) allora è inutile e dispersiva. E’ già inanimata, perché non ha lo Spirito vivificante in sé. In questo caso ogni istante è morto e rischia la decomposizione. Non è detto che il cadavere in decomposizione che noi vediamo o immaginiamo appartenga più alla persona che è vissuta accanto a noi.
Esso ritorna alla materia da dove è emerso. Ma l’essenza della persona può trovarsi in una situazione assai più vitale di quella che avevamo visto e considerato pregiudizialmente. Centrata in Cristo risorto abbraccia una dimensione superiore alla carne corruttibile e vive con stupore l’immortalità.
3) Il rammarico per non aver consumato le più piacevoli esperienze terrene.
Dio ci ha immersi anche in un mondo ricco di piacevoli opportunità. Ma spesso scambiamo piacere con gioia. Non sempre vanno d’accordo. Tutto ciò che ci reca un onesto piacere e gioia anticipa semplicemente piaceri e gioie riservate dopo questo breve periodo terreno. E saranno gioie autentiche, perché realmente innestate nell’immortalità e nell’incorruttibilità.
Perché Dio abbia deciso così, è realmente misterioso, non potremo mai capirlo a fondo su questa vita terrena. Intuiamo, però, che Dio ci ha creati non per la sofferenza ma per la vera gioia che si conquista nel cercare di raggiungere la sua somiglianza. Gesù Cristo, il vero maestro, ci ha insegnato la via da seguire: la passione e la croce. Tappe dolorose ma che dischiudono la via della vera libertà dei figli di Dio.
Le esperienze terrene, quindi, non sono solo quelle piacevoli. Esse possono invece condurre all’inerzia dello spirito narcotizzato, che non ha esercitato la propria volontà in conformità con quella divina. Se siamo destinati a diventare figli di Dio dobbiamo assimilare la sua natura : creatrice, libera, pura, semplice, essenziale, rispettosa, discreta, amorevole e amabile. Nella sua infinita amorevolezza ed umiltà Dio ci ha dato la possibilità di “autocrearci”, pur intervenendo discretamente lo Spirito senza il quale non possiamo fare nulla. Il respiro dell’amore è la libertà.
Se non scegliamo la via indicata dal Figlio non entriamo nel regno della libertà: tutte le gioie ed i piaceri della vita saranno solo la nostra condanna. Le esperienze della nostra vita devono costituire lo stimolo per amare Dio ed il prossimo in Lui. Ma Dio non guarda l’età terrena della persona che chiama a sé: Egli è padrone di cogliere tutti i fiori del suo giardino in qualsiasi momento della loro evoluzione. Ha un progetto misterioso per tutti. Non centra l’età biologica: nel giardino del Signore sono belli tutti i fiori piccoli e grandi, con tutte le varietà dei loro colori: in ciò si manifesta la sua infinita creatività.
4) La perdita fisica delle persone che amiamo durante la vita terrena
La scomparsa fisica di una persona che amiamo è sempre un grande dolore. Il fatto che non è più presente fisicamente come soggetto del nostro dialogo e oggetto delle nostre premure amorose ci sconvolge. Ma qui ci viene richiesta la fede in ciò che crediamo che non si esaurisce in quattro concetti imparati dal catechismo o dalla pia riflessione: si esperimenta concretamente nel nostro animo trafitto il dolore immenso della scomparsa terrena ma ci conforta il fatto che il defunto è entrato nella “supervita” dello Spirito, dove non ha più senso la nostra dimensione spazio-temporale, ma la vita divina. Tutti noi, prima o dopo, dobbiamo affrontare quel trapasso.
E’ importante anche credere che l’anima del trapassato entrerà nella resurrezione anche grazie all’aiuto delle nostre incessanti preghiere e dei nostri amorosi sacrifici.
Mi piace ricordare, a questo punto, un fatto realmente accaduto qualche anno fa ad un religioso che ho personalmente conosciuto, riportato da autentici testimoni. Egli aveva raccontato alla sua comunità dei Servi di Maria di Isola Vicentina un sogno della notte precedente: un’immensa folla che piangeva per lui .
Ma egli non capiva il motivo perché sentiva in sé una pace immensa ed una gioia indescrivibile e si chiedeva stupito come mai provassero tanta amarezza nei suoi confronti. Dopo qualche giorno morì martirizzato da alcuni fanatici che gli avevano sfondato il cranio con un martello, insieme ad un confratello,su una stradina di Monteberico a Vicenza. Ci fu un solenne funerale nella Basilica, al quale partecipò la cittadinanza commossa e sbalordita per questo assurdo eccidio. Fatto, questo, che ci fa riflettere realmente sul nostro modo di vedere la scomparsa degli altri e quella nostra.
5) L’assurdità di una fine che ci getta nell’ignoto anche dopo atroci sofferenze fisiche.
Per il cristiano non è un ignoto assoluto. Misterioso, ma non assoluto perché egli sa che risorgerà in Cristo, quello stesso che egli amava consciamente od inconsciamente nei fratelli sofferenti ed emarginati. Lo ha rivelato: ero affamato, assetato, ignudo, prigioniero, ammalato. Ero dietro i poveri bisognosi. Mi rivelo così all’uomo di ogni tempo. Un Dio misericordioso non può fare di meglio. La sua manifestazione concreta, la sua incarnazione è realmente attuale nell’umanità sofferente, bisognosa di un Dio bisognoso che rispetta per amore il principio di reciprocità inscritto nella legge dell’amore.
E’ come se ci dicesse: “Quando voi uomini vi amate è proprio me che amate. Perché siete nati in questo limite spazio-temporale lo capirete meglio dopo. Per ora dovete solo intuire alla luce della fede il valore delle beatitudini che ho proclamato solennemente sulla montagna. Constaterete con i vostri occhi spirituali la verità espressa con vigore dalle beatitudini. Non vi ho presi in giro: mi sono fatto uno di voi per amore.
Uno di voi fino in fondo, accettando ogni sorta di sofferenza morale e fisica. Persino la morte e la sepoltura. Avrei potuto anche rifiutare il calice amaro della passione e risparmiarmi tutte le umiliazioni. No. Ho compiuto interamente la volontà del Padre per amore. Perché non volete capire l’intensità del mio amore per voi? Vi sto dando tante luci nella vostra vita per aiutarvi ad amarmi di più. Ci tengo al vostro amore, perché vuol dire crescita, evoluzione spirituale. Potrei anche darvi tutta la luce di colpo. Ma non lo faccio perché vi amo. So che è assurdo: una mentalità carnale stenta a capirlo. Con il mio Spirito potrete invece intuire altezze mai raggiunte. Io permetto la sofferenza per un bene molto più grande di quello che non immaginiate. Nella sofferenza avete l’occasione di contraccambiare parzialmente il mio amore.”
Temiamo la morte soltanto quando ci aggrappiamo alla vita. La comprensione dell’intero processo del vivere è anche la comprensione del significato della morte. La morte è la mera cessazione della continuità e noi abbiamo paura di non poter continuare; ma ciò che continua non può mai essere creativo.(Krishnamurti, La ricerca della felicità, ed.BUR, p.234)
La morte coincide con il nuovo. Il nuovo può essere apprezzato solo con il distacco totale dalle cose vecchie, simboleggiato dalla croce. Distacco dalla terra, distacco dalla stima e dal giudizio degli altri, distacco dalla propria visuale, distacco dalla propria volontà.
Se la paura si dissolve, entriamo nel regno della libertà!
La morte viene vista da Cristo come un sonno dal quale ci si può svegliare grazie a Lui.
“Il nostro amico Lazzaro s’è addormentato; ma io vado a svegliarlo…Gesù parlava della morte di lui (Gv.11,13)”
Perché ci si addormenta? I meccanismi del sonno non sono ancora del tutto noti dalla scienza. Si conoscono alcune sue funzioni tra la quali la più importante è quella di eliminare il senso di spossatezza che lo precede. Quando ci si risveglia da un buon sonno ristoratore si sentono in noi nuove energie e la vita ci appare meno monotona. Le cose che prima ci sembravano scialbe e reiterate ci appaiono con una nuova luce e cariche di novità. Chi non ha provato ad assaporare il silenzio e le infinite varietà cromatiche di un’alba?La morte, dunque, è un sonno. Noi pensiamo che il sonno non sia uno stato reale: il cervello stesso, diciamo, si mantiene attivo attraverso i sogni che riteniamo solo una rielaborazione del materiale pensato da svegli. Ma quando ci riteniamo svegli fino a che punto lo siamo? Il sonno della morte non è altro che l’epigono del sonno della vita terrena. L’alternanza realtà-sogno è meno definibile di quanto non si creda.
Abbiamo la coscienza di essere “svegli” :
Osserviamo gli alberi ancora spogli, i profili dei casolari e l’orizzonte coperto da una leggera foschia. Una tortora cerca il cibo sul campo del contadino che abita di fronte alla mia casa. Ogni tanto passa qualche automobile sulla strada oltre il campo. E poi eccoci qui a riflettere sul senso delle parole di Cristo “Lazzaro s’è addormentato”. Poi un barlume: non siamo forse tutti addormentati in questa vita? Alla nostra coscienza si impongono degli stimoli esterni ed interni che rielaboriamo spesso automaticamente.
Ma qual è la realtà più profonda del tutto? Di quell’albero vediamo il tronco ed i rami scheletrici. Lo osserviamo nella sua apparente immobilità. Riusciamo a creare nella nostra fantasia moltissime associazioni e simbolismi. Ma la sua essenza è per noi in gran parte sconosciuta. La sua stessa essenza biologica costituita dal pullulare di miliardi di cellule è quasi del tutto ignota come sono per noi completamente ignote le sensazioni stesse dell’albero, o del cane che vediamo scodinzolare in lontananza, o del contadino che sta potando le viti. Ci ritroviamo di fronte a un mondo spaventosamente ignoto di cui captiamo a malapena il senso meno recondito.
Ci sentiamo persino sconosciuti a noi stessi, in quanto non riusciamo ad intuire il senso più profondo del nostro esistere. Viviamo spesso da addormentati, e nemmeno ce ne accorgiamo. Chi ci sveglierà?
Ecco allora che Cristo ci viene incontro con le sue parole: “ma io vado a svegliarlo”. In che senso ci sveglia? Egli ci attiva la coscienza facendoci cogliere l’unità del tutto, oltre ogni apparenza e ci fa agire di conseguenza indicandoci la via unificante dell’amore. Ma ci vuole un punto di riferimento, che è il suo Centro. In Lui dobbiamo centrarci per agire come Lui stesso agisce. In Lui scompare ogni brama che genera sonnolenza e narcotizza la coscienza. Nell’amore tutto è presente come anche in Dio tutto è eternamente presente e scompare ogni divenire spazio-temporale.
Ogni stadio della nostra vita segna il flusso del tempo, che, come dice Giovanni Vannucci, è simile a una spirale ascendente, lungo la cui linea troviamo dei momenti identici, ma trasferibili su un livello più alto. (Verso la luce,p.67)
I livelli inferiori sono più permeati dal sonno. Ogni volta che ascendiamo la spirale evolutiva ritroviamo una nuova unità in Colui che è il centro di ogni unità ed ha la facoltà di “svegliarci”.
Difatti Egli dice di se stesso: “Io sono la Risurrezione e la vita; chi crede in me anche se muore vivrà. Chiunque vive e crede in me, non morrà in eterno”
Non è una promessa astratta: credere in Lui significa aderire e lasciarsi coinvolgere dalla sua vita divina che è eterna, non ha limiti spazio-temporali e non è mai ripetitiva, ma è sempre novità. L’unico desiderio è riposarci in Lui per amare come Egli ama.
Non si addormenterà il tuo custode. Non si addormenterà il tuo custode. Non si addormenterà, non prenderà sonno , il custode d’Israele. (salmo 120,3)
Distogli i miei occhi dalle cose vane, fammi vivere sulla tua via. (salmo 119, 37)