24° Capitolo

I veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità; perché il Padre cerca tali adoratori. (Gv.4,23)

Cosa adoriamo nella nostra breve vita terrena? Se riflettessimo a fondo su come effettivamente spendiamo il nostro tempo, ne rimarremmo delusi. Dovremmo fare uno sforzo enorme per metterci nella prospettiva del Padre che ci ha creati per un fine soltanto: conoscerlo e servirlo in questa vita per poi contemplarlo nell’altra. E’ necessario “adorarlo”: farne oggetto di devozione, amarlo con trasporto, entusiasmo – mi suggerisce il dizionario. Il Padre ci ascolta, insieme al Figlio ed allo Spirito Santo. Ma ahimè, trova ben poco trasporto e passione.

Ci si lascia occupare da ben altre cose spesso completamente estranee a Lui: il nostro onore, il benessere psicofisico, le curiosità e i divertimenti. Anche se tutto fosse lecito moralmente, molto spesso le preoccupazioni della vita prendono il sopravvento e Dio viene relegato all’ultimo posto, quasi fosse un “optional”. Quanti di noi chiedono “Signore cosa vuoi che faccia?” La sua risposta potrebbe essere “amami”, ma ci fa paura, perché l’amore è anche impegno radicale, è sottomissione della nostra volontà alla sua.

Eppure il Padre cerca tali adoratori. Se li cerca, significa che ne ha bisogno. Questo bisogno non limita la sua natura divina (sappiamo che Egli è perfettamente autosufficiente). Paradossalmente il “bisogno” di tali adoratori fa parte della sua stessa perfezione insita nell’Amore. Egli “ama” e l’amore vero desidera anche essere riamato, perché “amare la Verità è la perfezione”. Se io, pur essendo amato da Lui, vero Amore, non corrispondo, in me abita l’imperfezione perché non cammino sulla stessa onda di Colui che mi ha creato per questo.

Egli mi vuole “perfetto amante” proprio perché in me abiti la pienezza della gioia vera. E’ importante lasciarsi coinvolgere dalla passione per Lui. Passione costituita dalla ricerca, dalla riflessione, dalla meditazione e dalla preghiera. La sua più amara delusione è la nostra indifferenza nei suoi confronti. Il non ringraziarlo, il non riconoscere che ci ha donato l’esistenza e che ha sofferto tramite l’Incarnazione di suo Figlio la passione e la morte per cancellare il nostro peccato, il non considerarlo nei nostri progetti quotidiani, il relegarlo in un cantuccio del nostro inconscio…lo amareggia terribilmente, perché Egli è un Padre solerte che desidera ardentemente la perfezione dei suoi figli per condividere con tutti la sua felicità. Egli cerca “adoratori”, non persone spente e fredde nei suoi confronti.

Cos’è che spesso ci raffredda in questo mondo? Molte volte è la viltà, spesso è la superficialità: non dedichiamo sufficientemente tempo alla sua “persona”. Allora diamo tutto per scontato fino a ritenere la sua presenza una scomodità eccessiva per i nostri calcoli egoistici: non può rientrare nelle nostre banali occupazioni quotidiane, nelle nostre ambizioni narcisistiche, nella voglia di protagonismo, nel nostro desiderio di sicurezza economica, nella nostra cupidigia e sensualità. E’ la più grande umiliazione per Colui che ci ama fino a donarci la stessa sua vita attraverso l’Incarnazione, assistere all’indifferenza dei suoi figli che si annoiano nei momenti liturgici, che tralasciano i sacramenti (mezzi di crescita spirituale), che non lo ritengono importante nelle loro decisioni, che non lo mettono al primo posto nella graduatoria degli interessi, che non lo adorano…Eppure il Padre cerca adoratori!

Si sente a suo agio in coloro che gli danno spazio nello spirito ed è disposto a perdonare i loro numerosi peccati, per un atto di attenzione nei suoi confronti. Il Padre “mendica” presso i suoi figli la loro attenzione : la sua discrezione non conosce limiti. E’ proprio così la natura del vero amore, cioè quella di non imporsi, ma di proporsi. I figli devono dirigersi verso il Padre in piena libertà di scelta. Solo così l’Amore trionfa!

Ma come adorare? Alcuni pensano che si possa adorare solo in Chiesa davanti al Santissimo. Ma se siamo convinti che Dio è presente ovunque, oltre lo spazio ed il tempo, la vera adorazione incessante avviene dentro di noi che siamo “Tempio dello Spirito Santo”. Non importa quello che stiamo lecitamente facendo. Possiamo adorare Dio in qualsiasi spazio e tempo se sappiamo metterci alla sua presenza.

L’importante che lo amiamo accettando gioiosamente la sua volontà nella pura fede, convinti che tutto concorre alla sua gloria. Lo possiamo adorare seduti o in piedi, da svegli o da addormentati. Se il nostro sguardo interiore lo percepisce nella purezza, allora lo potremo vedere ed adorare nel fiore che tocchiamo, nell’aria che respiriamo, nel dolore che sopportiamo, nella calma che gustiamo, nell’amico che si confida, nel coniuge o nei figli che ci amano, nel cibo che ci nutre e nell’acqua che ci disseta, nella solitudine della campagna e nel chiasso della folla indaffarata, nei bimbi che schiamazzano e nel rombo di un temporale, nella musica che eleva l’animo, nell’estasi di un brano poetico, nella concentrazione della preghiera e della meditazione, nella fatica dei doveri quotidiani e negli ozi meditabondi, negli oggetti che tocchiamo e nella terra che calpestiamo.

Tutto sarà sempre occasione di profonda adorazione nella gratitudine di un Dio così immenso e magnanimo. Se ci abbandoniamo in Lui completamente nulla sarà sacro o profano, ma tutto verrà ricondotto ad un’unità misteriosa, dalla quale sgorga la vera gioia che nessuno potrà mai togliere. Dobbiamo realmente chiedere al Signore questo Spirito d’adorazione, perché da soli non saremmo capaci nemmeno di formulare un buon pensiero:

Vieni o Spirito Santo! Entra in noi, tuo tempio, che dall’eternità hai preparato. Entra nella nostra coscienza e vivifica il nostro cuore di pietra, in modo che diventiamo di carne! Rivesti il nostro spirito con il tuo calore e donaci occhi per vedere ciò che da solo non riusciamo nemmeno ad intravedere! Fa che per noi nulla sia profano, eccetto il peccato ed il tempo in cui ti escludiamo dalla nostra vita interiore.

Tutto ciò che hai creato è buono e segno della tua presenza: quell’uccello appoggiato sul ramo del salice e pronto a spiccare il volo ci indica la libertà a cui siamo destinati; quelle miriadi di foglie agitate dal vento che ci guardano sono segno della vitalità che doni allo spirito; le stelle che palpitano nella volta celeste sono i tuoi occhi di padre amorevole che ci osservano nel buio cammino della nostra vita terrena; i lunghi momenti di noia ed angoscia che sopportiamo sono segno del desiderio che la nostra anima ha inconsapevolmente di Te e del tuo mistero; il dolore fisico che tormenta le nostre carni sono il segno dell’amore sviscerato che tu provi per ognuno di noi fatto a tua immagine e somiglianza; le aberranti ingiustizie a cui assistiamo impotentemente ci additano la vera giustizia che troviamo in te; la repentina morte di un conoscente ci suggerisce come il regno dei cieli è già presente tra noi, se abbiamo fede; la scomparsa di un caro amico o congiunto ci convincono della fugacità di questa dimensione spazio-temporale; la consapevolezza della nostra infinita miseria attira la tua infinita misericordia; l’esaltante ed angosciante progresso della tecnologia umana e dei mass-media per analogia ci richiamano la comunione perfetta di tutti gli uomini redenti in te alla fine di questo mondo, i quali non avranno bisogno di alcun mezzo per trasfondersi le meraviglie del mistero; la freschezza dell’aspetto giovanile ci rammenta che nel tuo regno ogni cosa è nuova, mentre le rughe sulla pelle degli anziani ci dicono che nel tuo regno nulla verrà disperso ma ogni esperienza, affanno, dolore costituiranno le stigmate del nostro corpo trasfigurato dalla risurrezione.
Sostiene Padre Albino : Noi perdiamo tempo a voler conoscere Dio: bisogna ascoltarlo, contemplarlo, godercelo invece di capirlo. (Diario, p.221)

Ascoltarlo : Egli è dentro di noi, nelle cose, negli eventi. Tutto procede da Lui. Quando riportiamo ogni evento a Lui e ci interroghiamo sul suo significato, facciamo come Maria, la grande ascoltatrice (ella si domandava che cosa potesse significare un tale saluto Lc.1,29). In Lui non esiste più banalità, insulsaggine, ma tutto è importante. Ascoltiamo il nostro corpo, la nostra mente, la nostra anima. Ascoltiamo i nostri familiari, i nostri amici, i nostri conoscenti, gli sconosciuti. Ascoltiamo ogni vibrazione cosmica: il ronzio dell’ape, il fruscio del vento, il movimento dei rami, le gocce di pioggia, il fragore dei flutti marini. “Che significa tale saluto?” E’ Dio che ci parla e ci saluta attraverso la creazione.

Contemplarlo : Egli vuole che ci rendiamo conto che ci ama: mi avvenga secondo la tua parola (Lc.1,38) Con l’ascolto deve consolidarsi la fiducia e l’amore per Lui. Egli non ci inganna. Ogni cosa è, per chi crede, a fin di bene, anche il dolore più assurdo. Contemplarlo significa osservare con ammirazione le sue meraviglie in noi e fuori di noi. Dalla vera contemplazione scaturisce lo stupore per un Dio infinitamente misterioso, misericordioso, magnanimo.

Come non amare un Dio che opera sempre, di continuo, nonostante i miei limiti, il nostro torpore, l’ ingratitudine, la superficialità? Un Dio che, nonostante la nostra cocciutaggine, spera nella nostra salvezza attraverso l’opera della Redenzione. Tutte le infinite considerazioni sulle sue opere, sul suo amore, non devono terminare in aride speculazioni sulla natura del suo Essere (il mare è un poco come Dio : ti pare di abbracciarlo tutto con lo sguardo ma a qualche passo dalla riva diventa così profondo da ingoiarti di mistero: P.Albino, Diario, p.221). Esse devono portarci a cercare e ad amare concretamente Dio attraverso la preghiera e le buone opere.

Goderlo : è importante accendersi di vera passione per Lui. Nel cercarlo il nostro cuore deve ardere di vero desiderio. Il suo amore non tarderà a manifestarsi ancora più concretamente. Egli estinguerà la nostra sete attraverso l’acqua pura e zampillante che sgorga dal suo seno. Già nella vita terrena ci dà la possibilità di goderlo: “gustate e vedete quanto è buono il Signore”, dice il salmista. Quello che ci sta riservando non è ancora del tutto manifestato, proprio perché abbiamo di fronte l’eternità, che non sarà mai noiosa o monotona. In Lui ogni cosa sarà una continua novità perché frutto dell’armonia del suo immenso amore.

La vera felicità consiste nel vivere alla presenza di Dio con fede, speranza e amore. Tutto qui. Il Creatore e noi, noi creature e il Creatore. Quando siamo consapevole che Egli ci ama, come sempre ci ha dimostrato nel continuo dono della vita e della salvezza, allora cambia anche il modo di percepirci e di porci verso gli altri. Abbiamo a che fare con il Dio eterno, misericordioso, onnipotente. Nulla succede se Egli non lo permette.

Sappiamo che la sua Onnipotenza oltrepassa ogni possibile fantasia e che nulla gli è impossibile. Conosce la nostra vita, ogni cellula del mio corpo, ogni fibra dell’Universo in cui agiamo, ogni flusso spontaneo del nostro pensiero, ogni meandro del nostro inconscio, ogni più piccola intenzione passata, presente e futura. Nulla è realmente “nostro”: tutto ci è stato donato e prestato. Tutto possiamo donargli e restituirgli. Egli va amato in sè, per Colui che è, sapendo che è purissimo Amore. L’adorazione deve partire da questa consapevolezza: siamo in relazione con un Padre celeste che ci ama infinitamente e che vuole la nostra felicità. La felicità è nello stesso amore che Egli ha per noi e che noi abbiamo per Lui. L’amore è unito al desiderio di conoscerlo e di sapere quale è realmente la sua volontà.

“La santità consiste nel lasciarmi dimorare dentro di voi, sono io stesso che la realizzo in voi. Consiste nel donarmi la vostra umanità, sicché io riviva ancora tra voi” (Colloquio interiore, p.233)
Quanto si è sciocchi pensando che la felicità sia fuori di noi! Il vero Regno è lo stesso amore. Se amiamo siamo nel Regno dei cieli già su questa terra. L’aldilà sarà solo un perfezionamento. Santa Teresa d’Avila aveva un amore così acceso e profondo per il suo Creatore che dichiarava che per Lui avrebbe affrontato mille morti ed il martirio. Ella stava bene e si sentiva felice solo nel compiere la volontà di Dio.
“Ma Gesù gli rispose: Sta scritto: adorerai il Signore Dio tuo e servirai a lui solo”(Lc.4,8)

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Il senso della gratuità