13° Capitolo

Chi perde la sua vita la troverà….

Durante la nostra breve vita terrena prendiamo molti abbagli sulla consapevolezza che abbiamo del nostro vero “io”.
Quando ascoltiamo le lodi degli altri spesso ci immedesimiamo in quello che dicono di noi. Ci fanno sentire sapienti, scaltri, attivi, dinamici, simpatici, giovanili, esteticamente affascinanti, intelligenti, saggi, buoni, altruisti, etc. Poche volte ci accorgiamo dell’illusione che ci avvolge come una ragnatela. Se Il nostro “io” si crede Bontà, “fascino”, “intelligenza”, “dinamismo”, opera una certa discriminazione nei confronti delle altre creature e commette l’errore di identificarsi con alcune categorie che non lo aumentano affatto.

Anche se gli altri esprimono determinati pareri sulla nostra persona, il nostro “io” dovrebbe starsene tranquillo e imperturbabile perché siamo esattamente quello che Dio ci ha fatto ed abbiamo le caratteristiche che solo LUI conosce a fondo. Nessuno può aumentarci o diminuirci. Nemmeno noi stessi. Perché sarebbe una vera presunzione sostenere che ci conosciamo a fondo. Forse conosceremo alcune caratteristiche del nostro temperamento e della nostra personalità: in base al nostro vissuto potreimo intuire certe nostre reazioni di fronte a determinati stimoli ambientali, disagi o frustrazioni.

Ma l’ inconscio è gran parte sconosciuto al nostro “io”, anche se sappiamo che ogni giorno, ogni ora, ogni secondo contengono esperienze rivelatrici.
Del resto basta soffermarci alla dimensione fisica e biologica : abbiamo realmente consapevolezza di ogni cellula del nostro corpo, del suo ciclo vitale, della sua riproduzione? Sono presenti alla nostra mente i miliardi di micro-organismi che costituiscono il dinamismo vitale del nostro fisico? La risposta negativa sembra molto ovvia.

Se dunque siamo così sconosciuti a noi stessi, per cui tante risposte emotive o reazioni ambientali sono incontrollabili, cosa sarà del nostro inconscio, frutto dell’interazione di infinite esperienze effettuate negli infiniti istanti della nostra vita? Se poi consideriamo i fattori ereditari, il vissuto intrauterino,le prime esperienze vitali e gli infiniti fattori e condizionamenti ambientali, affettivi,educativi, sociali, culturali, ideologici che continuamente subiamo…avvertiamo in noi un mistero insondabile, ci sentiamo pressoché sconosciuti.

A questo punto dobbiamo ammettere che in noi esiste un “io” che trascende ogni esperienza e che deve rimanere perfettamente immutabile. Solo l’immutabilità percepisce i mutamenti, perché è un punto di riferimento rispetto ad essi. E’ così anche nel Cosmo: ogni movimento viene percepito in relazione ad un punto immaginato immobile (luna-terra-sole-galassia- Universo). Questo “io” è a immagine e somiglianza di Dio, il vero “Motore immobile”, come amava definirlo San Tommaso. Per questo è da Lui perfettamente conosciuto. Il nostro “io” è infinitamente più conosciuto da Dio che da noi stessi.

Abbiamo ragione, allora, quando inconsciamente diciamo il “mio corpo”, la “mia mente”, la “mia” anima.
Il nostro vero “io” li trascende.
Quando ci giudicano, ci disprezzano, ci insultano, noi non siamo quel giudizio, quel disprezzo, quell’insulto: l’identificazione è un grave errore. Rimaniamo noi stessi, così come siamo conosciuti da Dio: ai suoi occhi innocenti non diminuiamo se permette che altre creature credono di farlo.
Come facciamo a giudicare un’altra creatura se siamo così sconosciuti a noi stessi? Ogni creatura è quello che è, e non ciò che appare alla nostra mente ingannata dai pregiudizi.

Così nemmeno il nostro giudizio personale ci diminuisce quando ci disprezziamo o ci aumenta quando ci elogiamo.
Noi siamo ciò che siamo per grazia di Dio e tutte le prove a cui ci sottopone nella vita terrena dovrebbero semplicemente aiutarci a prendere coscienza di questo : che Dio ci ama semplicemente così come siamo.

Ma ci vuole tanta solitudine orante per intuirlo. Via dal tumulto della folla, dei falsi amici e lontano dalle illusioni. Dobbiamo desiderare solo di essere noi stessi in relazione a Lui. Tutto il resto appesantisce e rende opaco il nostro essere

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La vigilanza perpetua