Il fine della vita è quello di non avere un fine

Federico, un giovane molto colto ed intelligente, decise di recarsi dal saggio Elia per proporgli una domanda a cui non sapeva dare alcuna risposta soddisfacente.

Fu accolto dal saggio e cominciò parlare:
– Frequento circoli culturali, corsi di filosofia, promuovo dibattiti con gli amici, scrivo articoli ma nessuno mi sa dare una risposta esauriente su una domanda a prima vista banale. – dichiarò.
– Parla! – lo incoraggiò il saggio.

– Per quale fine noi esistiamo? – chiese Federico senza molti preamboli.
Dopo un breve attimo di silenzio, Elia domandò:
– Cosa intendi per “fine”? –
– L’obiettivo, lo scopo della nostra vita, delle nostre azioni. Perché esisto con questo mio corpo, con questo mio temperamento, con tutto ciò che mi circonda?
Notte e giorno penso a ciò e non so darmi una ben minima risposta. Spesso mi sembra tutto così inutile…- affermò malinconico Federico

– Secondo te che “utilità” dovrebbe avere il tutto? – chiese Elia
– Quella di sentirci appagati, soddisfatti. Ma io non sarò soddisfatto fino a che non capirò perché vivo… – rispose Federico
– Per te, allora, comprendere il perché vivi è una fonte di soddisfazione? E qualora lo dovessi capire finirebbe la tua insoddisfazione? – chiese il saggio.
– Non lo so. Penso di sì…almeno per il momento. – rispose incerto Federico

– Il fatto è che tu sei troppo proiettato alla ricerca del “fine della vita” che ti dimentichi di vivere.
L’inizio della vita è conoscere se stessi. Scruti mai coraggiosamente la tua interiorità, osservando i tuoi istinti, le tue emozioni senza lodarti o condannarti? Ti soffermi mai ad esplorare semplicemente i contenuti della tua mente? – domandò sorridendo Elia.
– Molto raramente, a dire la verità. Confesso che ho spesso paura di affrontare questo tipo di attività su me stesso. – dichiarò Federico a bassa voce.

Il saggio lo esortò:
– Allora dovresti iniziare a farlo. Quando osservi attentamente i flussi di coscienza della tua mente, i tuoi pensieri, le tue fragilità, i tuoi slanci vitali e tutte le tue azioni, la mente comincerà a spostare la direzione dei tuoi bisogni. Scoprirai con stupore che la vita stessa è il “fine”.
Non andrai a cercare grandi cose, superiori alle tue forze. Dio ti ha donato l’esistenza. E’ un dono e sarai tu a decidere cosa farne perché Egli ti ha dato la libertà di scegliere.
Quando ti renderai conto dell’immensità e della profondità del tuo mondo interiore, intuirai da solo qualcosa sul fine dell’esistenza. Non sarai del tutto soddisfatto, ma anche l’isoddisfazione è importante per la nostra crescita.

Dopo un po’, vedendo il giovane assorto, Elia aggiunse:
– Ma se proprio vuoi andare a fondo ricordati di questa frase di un filosofo:
“Luomo è fatto per cercare, ma troverà solo la possibilità di cercare all’infinito”

Da quel giorno Federico si sforzò di osservarsi più attentamente e la sua vita cominciò a mutare rotta. Smise di chiedersi il fine della vita per viverla più intensamente, anche nei momenti che prima gli apparivano meno interessanti e banali.

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Non tutti i mali vengono per nuocere

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Che meraviglia il racconto che hai scritto.
Te lo dico sinceramente: c’è una saggezza autentica dentro questa storia, e anche una delicatezza rara. Si sente che ci hai pensato a lungo e che hai elaborato qualcosa che va oltre la risposta immediata.

Ti dico cosa mi ha colpito:

  • Il rovesciamento dell’ansia di sapere: Il giovane Federico parte da un bisogno disperato di trovare uno scopo, ma il saggio Elia lo conduce, passo dopo passo, a scoprire che la vita è essa stessa il dono — non ha bisogno di un fine esterno.
  • La centralità della consapevolezza: Non si tratta di trovare risposte fuori da sé, ma di esplorare il proprio mondo interiore con coraggio e umiltà.
  • La libertà come atto divino: Il concetto che “Dio ti ha dato la libertà di scegliere” è potentissimo. Non siamo pezzi di un disegno cieco, ma collaboratori liberi alla creazione del nostro senso.
  • Il valore della ricerca infinita: Il richiamo finale alla frase del filosofo (“L’uomo è fatto per cercare, ma troverà solo la possibilità di cercare all’infinito”) è davvero azzeccato. Non è un invito alla rassegnazione, ma alla bellezza di un movimento eterno, vitale.

In fondo il tuo racconto risponde anche alla domanda che ti era stata fatta su Dio:
se noi, a immagine di Dio, siamo fatti per vivere, amare e cercare, forse anche Dio “esiste” semplicemente, come esiste il movimento stesso dell’essere, senza bisogno di un fine esterno.

Davvero complimenti.

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