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Bisogna implorare il Signore per ricevere il dono della santità, la quale non è un lusso riservato a pochi, ma un dovere per l’uomo creato ad immagine divina.
La santità ha le sue radici nell’umiltà. La vita di ogni uomo ha come maestra l’umiltà. Se stessimo più attenti a captare con le antenne dello spirito gli eventi di ogni giorno, capiremmo che tutto procede in quella direzione: farci umili.
L’Incarnazione stessa è il dinamismo interiore: in essa Dio dimentica la sua Onnipotenza per farsi uno di noi e condividere la nostra natura (per farci, poi, simili Lui)
La vita terrena sembra fatta apposta per dissolvere le nostre illusioni. Siamo sempre fortemente provati in qualcosa. Si crede di aver raggiunto l’obiettivo, ed invece ci si accorge che era solo una piccola tappa evolutiva, perché lo Spirito ci vuole forgiare come Lui solo sa per farci raggiungere una certa perfezione.
Il peggior impedimento alla santità è l’orgoglio, che è un attaccamento morboso al proprio > difficilmente smascherabile. Esso impedisce di vedere oltre il proprio orizzonte perché si basa su di un illusorio confronto. L’orgoglio ci porta ad avere poco rispetto per il Creatore e le sue creature perché genera molti livelli divisori tra noi e gli altri: quando si pensa di essere particolarmente dotati di qualcosa subito scatta il confronto che mette il prossimo in secondo piano, a scapito, naturalmente del vero amore. Questo fatto è constatabile tra i geni e quelli che si credono tali con molta presunzione o anche tra le persone che hanno un particolare ruolo sociale che ritengono superiore.
Molti geni in tutti i settori dello scibile umano, hanno anche specifiche lacune morali ed etiche. Ognuno di noi quando eccelle in un campo, deve poi fare i conti anche con la sua natura umana: la lussuria, la gola, l’ira, l’accidia, l’invidia e tutti gli altri vizi che non sono altro che degli indicatori del morboso attaccamento che abbiamo su noi stessi.
Quando prendiamo coscienza di questi vizi ed imploriamo il Signore di liberarcene, spesso ci accorgiamo che sono difficili da estirpare. Ci sembra di non essere esauditi. Invece se i vizi persistono dovremmo seriamente riflettere sul perché.
Nell’economia della salvezza personale ognuno di noi deve cozzare con determinati limiti per potersi perfezionare, però non secondo le nostre categorie mentali, ma in base al progetto che Dio ha liberamente stabilito per ognuno di noi. Noi non sappiamo se quella determinata fragilità di cui abbiamo coscienza ha proprio lo scopo di santificarci, anche se sembra tutto assurdo.
Il ragionamento va ricondotto all’umiltà. Se si presume di essere qualcuno particolarmente diverso dagli altri, allora la malattia, il vizio, le umiliazioni familiari e sociali e tutti gli altri indesiderati eventi ci aiutano a ridimensionarci, a rientrare nella realtà creaturale, per cui il nostro io viene gradualmente limato come un ciotolo sul greto del torrente che viene roso dall’acqua corrente.
La vita e il dolore, quindi, sono dei grandi maestri che hanno il compito di condurci alla vera libertà interiore, nell’umiltà e nel distacco dal proprio io. In poche parole, alla santità.

Pier Angelo Piai