dal Messaggero Veneto del 30/12/2001
Gli evangelisti e la storia di Dio
Davvero Gesù fu costretto a riparare in Egitto, esule e rifugiato politico fin da piccolo? Ed Erode era proprio quel tiranno sanguinario che non esitò ad ammazzare «tutti i bambini di Betlemme e del suo territorio dai due anni in giù» (Mt 2,16)? E i magi, la stella, gli angeli che popolano il presepio di Luca e i sogni ricorrenti di Giuseppe sono realtà o finzioni? Interrogativi legittimi, cui però i racconti dei vangeli dell’infanzia non intendono dare risposta.
Forse ancor circola un libro in gran voga qualche decina d’anni fa: La Bibbia aveva ragione, di Werner Keller. Il suo enorme successo sta nel fatto che esso mostrava – con la miglior buona fede suppongo – che tutto ciò che sta scritto nella Bibbia (dalla creazione in sei giorni, al diluvio e all’arca di Noè, dalla caduta delle mura di Gerico allo squillar delle trombe, stelle comete, terremoti del venerdì santo eccetera) troverebbe puntuale riscontro nelle recenti scoperte archeologiche.
Non sono queste le preoccupazioni che ispirano il narratore evangelico.
Leggiamo che appena i magi fecero ritorno alle loro terre, un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli ordinò di prendere «il bambino e sua madre» e di fuggire in Egitto, perché Erode stava cercando il bambino per ucciderlo. Alla morte di Erode, l’angelo gli ricompare in sogno per ordinargli di far rientro in Israele. Ma nella terra di Giuda, Giuseppe si sente insicuro perché Archelao, figlio di Erode, mostra di seguire le orme del padre. E di nuovo, su istruzioni ricevute in sogno, egli sceglie la più tranquilla regione della Galilea, per insediarsi con la famigliola a Nazareth, città quasi sconosciuta nell’Antico Testamento, e anche piuttosto malfamata. («Da Nazareth può mai venire qualcosa di buono?», Gv 1, 45-46).
A noi moderni, questa sequenza di fatti e personaggi, di fughe, insediamenti provvisori, domicili più o meno stabili, con continue irruzioni di angeli e suggestioni oniriche, sa più di mito che di realtà. Ma la “storia” per gli evangelisti, come per tutti gli scrittori dell’Antico e del Nuovo Testamento, non è quella di Erodoto o di noi moderni, e gli “avvenimenti” non sono nudi fatti da raccontare in tutta obiettività. Qui la storia è il teatro in cui Dio realizza i suoi progetti: storia di salvezza (per gli uni) e di perdizione (per gli altri). E gli eventi che si succedono non sono semplicemente fatti ma “segni” in cui leggere come in filigrana le scelte di Dio: il quale sta a fianco di chi è piccolo, povero, disprezzato, scacciato dalla sua terra, disconosciuto nella sua identità, e sconfigge chi lo opprime.
I magi che vengono dal lontano Oriente, la stella che dal cielo li guida, i nuovi faraoni (Erode e Archelao) che vessano il popolo e sterminano i suoi figli innocenti, l’angelo-portavoce di Dio (Dio stesso in una dimensione sopportabile all’uomo) che richiama il suo figlio dall’Egitto, come un tempo il suo popolo schiavo degli antichi faraoni, tutto questo non è mitologia e nemmeno nuda realtà, ma segno: è il disvelamento di un progetto divino che ora si compie definitivamente e trionfalmente in Gesù di Nazareth, morto una quarantina d’anni fa, ma risorto e presente tra i suoi discepoli per «tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,20).
Il vangelo, che Matteo scrisse dopo la distruzione del tempio di Gerusalemme (nel 70 dopo Cristo), era destinato alle comunità cristiane di matrice giudaica che vivevano nella Palestina del tempo e che nelle vicende dell’antico popolo vedevano prefigurata la vicenda stessa di Gesù, figlio di Davide e di Maria, sposa di Giuseppe di Nazareth. Luoghi e spostamenti (Giudea, Egitto, Galilea), angeli che compaiono e ricompaiono in sogno, persecuzioni e stragi, povera gente che vive tra le paure e nel nascondimento, tutto questo è una storia già vissuta e ben nota: la storia di un intero popolo, schiavo ma destinato alla libertà. Non sono nudi fatti da raccontare ma memorie da ricordare.
Consolanti per i poveri, inquietanti per chi li opprime.
La storia di Gesù è la storia che il popolo ha già vissuto in Egitto 1.500 anni prima. Erode e Archelao sono i nuovi faraoni. La strage degli innocenti è già avvenuta per mano di faraone, che aveva ordinato di uccidere i neonati maschi degli israeliti. Gli angeli, che compaiono in sogno a Giuseppe, sono già apparsi durante l’attraversata del Mar Rosso, in testa alla colonna in marcia (Es 14,19).
E anche la stella dei magi è già prefigurata nella nube che accompagna il popolo in cammino. Mosè, il liberatore, abbozza il Gesù Bambino che rimane in Egitto fino alla morte di Erode, «perché si adempisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: dall’Egitto ho chiamato il mio figlio» (v.18).
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