dal Messaggero Veneto del 27/10/02
Il problema è stato affrontato con l’associazione europea che riunisce le comunità
Bisogna ricercare un nuovo rapporto tra il mondo della chiesa, laici e territorio. Questa l’indicazione emersa dal convegno ecclesiale tenutosi ieri dal tema «Parrocchie oggi. E domani?» organizzato dal Colloquio europeo delle parrocchie (Cep) gruppo italiano e dall’arcidiocesi di Udine, nella parrocchia di San Quirino in sala Madrassi in via Gemona a Udine.
Il cep è una libera associazione di cristiani, laici e preti che ha messo al centro delle sue attenzioni la parrocchia. All’inizio dei lavori l’arcivescovo di Udine monsignor Pietro Brollo e don Claudio Como presidente del Cep e parroco della chiesa di San Quirino hanno portato il saluto alla numerosa platea aprendo la strada alla relazione del professor don Franco Giulio Brambilla docente di antropologia teologica della facoltà teologica dell’Italia settentrionale.
Il docente ha affermato che la parrocchia del 1965 non è certamente quella del 2002. Per rilanciare il proprio ruolo la parrocchia non deve sciogliere le fila sull’esempio delle chiese riformate, ma deve rimanere aperta a tutti. Deve però anche creare un nuovo rapporto con la società civile, è questa la scommessa nel futuro immediato ovvero la creazione di nuove figure ministeriali.
Potranno nascere figure nuove: l’inserimento stabile di diaconi nei campi dell’animazione liturgica e della carità, la figura di coppie di sposi collegate a centri di formazione, la presenza di religiosi nell’assistenza spirituale sanitaria o ad alcune iniziative di volontariato nel territorio.
Per promuovere questa istanza basta cambiare la prospettiva con cui guardare alle parrocchie e veder potenziare il campo dei ministeri. Su questo terreno vi è la possibilità di una crescita di nuove figure laicali.
Lo scenario è variegato. Si pensi a un laico direttore di un centro giovanile con un impegno di regia di catechesi, si pensi a un laico (o religioso/a) che presiede stabilmente l’annuncio della parola e la liturgia in una chiesa rurale (ex parrocchiale), si pensi a laici con incarichi pastorali in carcere, in una casa per anziani per malati di Aids.
Il problema vero non è far spazio al laicato ma favorirne le condizioni di una vera soggettività. Le parole per indicare questa nuova situazione non mancano e si parla di collaborazione e di corresponsabilità o di progetti pastorali.
Don Franco Giulio Brambilla non si nasconde i rischi che una tale prospettiva nasconde. Che cosa avverrà nella comprensione di questi laici a pieno incarico ecclesiale?
La prima parte della densa esposizione è stata dedicata all’analisi dello stato attuale della parrocchia nella società moderna soprattutto in considerazione del grave calo di vocazioni. «E’ solo finito il modello tridentino della parrocchia e oggi il suo ruolo deve guardare al futuro». I cambiamenti della società, la crisi delle vocazioni non tolgono il fatto che la gente chieda sempre alla chiesa di celebrare i tratti fondamentali della vita riconoscendole un significato pubblico, culturale valoriale o solidale.
La risposta deve essere cercata in una nuova visione d’insieme che ripensi i rapporti tra laici e ecclesiastici. Il legame con il territorio era concepito in maniera assai materiale ovvero una chiesa, un campanile, un sacerdote. Tale figura si caratterizzava per la sovrapposizione di comunità cristiana e società civile. «Occorre fare oggi per scelta ciò che si dovrà fare domani per forza», sostiene don Franco Giulio Brambilla.
La giornata di studio è proseguita con l’esposizione di concrete esperienze parrocchiali nell’area milanese e udinese e con 4 gruppi di lavoro.
Gianpaolo Izzo
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