dall’Espresso del 17/10/02

Sincretismi
Religione fai-da-te
Mischia cattolicesimo e Zen. Il carisma del papa e del Dalai Lama. Riti indù e letture sufi. In una Babele di nuove fedi

di Sabina Minardi

Sul viso una crema chiamata Zen. In tasca un santino di Padre Pio. In ufficio un quarto d’ora di meditazione on line. In palestra a caccia del “qi”, l’energia che parte dall’interno e smuove l’universo.
È à la carte il moderno menu spirituale. Un montaggio di piccole verità ricavate da diverse tradizioni spirituali che danno vita a una nebulosa mistica: gente che si dice cattolica ma pratica l’occultismo, come informa Sylvie Jumel in “La sorcellerie au cr de la République” (Carnot); simpatizzanti del politeismo che riscoprono, secondo Marc Augé, il “Genio del paganesimo” (Bollati Boringhieri); seguaci dei “compagni” marziani, convinti che il marxismo abbia trionfato su Marte, non a caso pianeta rosso; ex-cattolici che abbracciano stravaganti fedi, come quella del Cao dai, culto nato nel Vietnam francese che include tra gli spiriti l’anima di Victor Hugo.

Fede tuttifrutti anche per i Vip: se Richard Gere è testimonial degli ideali tibetani e Bob Geldof dell’Islam, Sinead O’Connor, che un tempo strappava le foto del papa, da quando è in comunità si fa chiamare Madre Bernadette, si sente pagana e induista insieme e dichiara a “The Observer”: «Sono più rasta che cattolica».

“Religione fai-da-te” l’ha definita “Le Monde”, nel riportare i risultati di una ricerca guidata dall’Università di Tilburg. Uno studio di due anni che ha prodotto un’istantanea sui giovani credenti europei: poco legati all’ortodossia di una sola fede e certi che pezzi di verità siano contenuti in ogni credo; bisognosi di una spiritualità viva, incarnata da figure come il papa e il Dalai Lama. Convinti che la fede debba produrre frutti qui e ora: nella solidarietà, nell’ambiente, nel rispetto degli altri. Un nuovo umanesimo, fondato sulla tradizione cristiana, che incorpora tessere di altre fedi.

«C’è una ragione», spiega Franco Garelli, docente di Sociologia della religione all’Università di Torino: «Oggi i giovani non ricevono più una formazione intensiva sui principi della fede cattolica. Si vive in una società aperta dal punto di vista culturale e religioso e tutte le fedi appaiono plausibili».
Il risultato è un patchwork di credenze che creano una concezione religiosa nuova. Dice Garelli: «L’atteggiamento è aperto e selettivo al tempo stesso. Da una parte c’è la disponibilità ad assumere ciò che di buono hanno le varie religioni, dall’altro si tralascia quello che non sembra in linea con la propria sensibilità. È emblematica l’attenzione per le religioni orientali, che promuovono il rafforzamento delle potenzialità individuali. Il cristianesimo, al contrario, appare come una religione ostica su alcuni punti, come quelli dogmatici. Vanno bene gli insegnamenti sulla fratellanza, l’impegno sociale; si tralasciano quelli legati alla trascendenza».

Lo conferma il quinto Rapporto Iard su giovani e religione. L’80 per cento dei ragazzi tra i 15 e i 34 anni dichiara di essere cattolico, ma di avere fiducia in credenze parallele; il 65 per cento ritiene che tutto ciò che ci circonda abbia un’anima, piante e animali compresi; il 20 per cento sostiene che dopo la morte l’anima si reincarnerà in un’altra forma di vita. Una moderna Babele. Registrata ovunque. Nella cattolicissima Spagna, un’indagine condotta da “El Mundo” rivela che, alla domanda: “Come sarebbe oggi Gesù Cristo?”, una larga parte di giovani tra i 18 e i 29 anni risponde che il figlio di Dio non sceglierebbe di essere cattolico; un altro studio dell’Università Complutense di Madrid mette in luce la crescita della religione nei paesi islamici e il declino in quelli cattolici. E per la Christian Encyclopedia di David B. Barrett e Todd M. Johnson (Oxford University Press) 16,5 milioni di persone ogni anno lasciano il cristianesimo per altre religioni.

«Prima di parlare di crisi teniamo presente che l’80-90 per cento degli italiani si dice cattolico», precisa Luca Diotallevi, autore de “Il rompicapo della secolarizzazione” (Rubbettino): «Se parliamo di fede e vita, di fede ed economia o di fede e sessualità, effettivamente ognuno decide in base alla propria sensibilità: rifiuta, per esempio, l’autorità ecclesiale locale, ma sceglie di seguire il papa, autorità simbolica, dunque innocua». Una forma di bricolage sarebbe invece riscontrabile all’interno della Chiesa cattolica. «È un fenomeno analogo a quello dell’indagine europea», afferma Diotallevi, «ma tutto interno.

Se in altri contesti europei la composizione religiosa attinge a tavolozze diverse, in Italia è presto per parlare di sincretismo religioso. Piuttosto si moltiplica l’offerta cattolica: c’è il cattolicesimo del clero, ci sono i movimenti, i fenomeni di culto e devozione, il cattolicesimo “anonimo” in cui confluisce la maggioranza delle persone». Il quadro italiano è il più influenzato dal papa: leader carismatico che ha predicato l’apertura alle diverse religioni e che, nota Diotallevi, «in una società priva di autorità raccoglie largo consenso presso i giovani privi di padri».

«La tendenza alla religione bricolage è evidente in Francia, dove la partecipazione ai riti cattolici è bassissima, inferiore al 10 per cento della popolazione. In Italia, invece, è in rialzo», conferma Massimo Introvigne, direttore del Cesnur, Centro studi sulle nuove religioni: «La riscoperta religiosa nasce dalla delusione della modernità e dal venir meno della fiducia nella scienza. Questo ha portato a riaccostarci al sacro e ha fatto scendere gli atei sotto il 10 per cento».

«Ci si interroga sul significato della vita. Ma si va meno in profondità; si intraprendono cammini autonomi, asfittici, alimentati più da stati d’animo che dalla tradizione e dalla memoria collettiva», commenta Garelli. La sociologa inglese Grace Davie lo chiama «believing without belonging», credere senza appartenere. Eredità di movimenti di risveglio, come la New age, che hanno dato impulso a una varietà di minoranze religiose.

Secondo l’Enciclopedia delle religioni del Cesnur, in Italia ne convivrebbero 615. «Un terzo di italiani, specie al Sud, si riconosce in gruppi valdesi, luterani o nei testimoni di Geova. Gli Hare Krishna ormai sono meno di mille. I satanisti sono pochissimi. Poi ci sono piccoli culti: seguaci di Sai Baba, raeliani, cultori dei dischi volanti», aggiunge Introvigne. Molte organizzazioni, che fanno crescere il livello globale di partecipazione. Proprio come teorizzato negli anni ’80 dall’americano Rodney Stark: se l’economia di mercato si applica alla religione, la concorrenza produrrà svariate scelte che aumenteranno il complessivo livello di partecipazione.
Questo universo ha trovato casa su Internet, come riportano Cristiana Ceci e Marco Restelli in “Religioni on line” (Alpha Test).

«A stupire è la quantità: solo la Chiesa cattolica ha più di 7 mila siti. Moltissimi anche i siti induisti, buddisti, musulmani», racconta Restelli: «On line, ogni religione mantiene la sua specificità. E se il fatto di passare da un sito all’altro con facilità può dare l’impressione di un grande supermercato, Internet rende confrontabili testi di religioni diverse, organizzati secondo i canoni di quella cultura. In più, il web consente una fruizione multisensoriale. Il panorama che emerge è quello di un’Italia multireligiosa».

Tra le fedi in espansione c’è l’Islam. Se “muslimtown” stanno diventando molte periferie francesi, città come Bruxelles e Berlino, Colonia o Bradford, soprannominata la British Islamabad, anche sul territorio italiano la seconda religione residente è quella musulmana: «Le persone provenienti da paesi musulmani in possesso di permesso di soggiorno sono non meno di 700 mila. Ma occorre aggiungere gli irregolari, più alcune decine di migliaia di convertiti e di naturalizzati», dice il sociologo Stefano Allievi.

Riguardo a questi ultimi, il popolo dei convertiti, Allievi racconta «che ci sono conversioni intellettuali, “fredde”, di quelli che si innamorano del sufismo, la mistica islamica. E conversioni relazionali, frutto di incontri con musulmani, di viaggi nel mondo arabo o di rapporti sentimentali». L’Islam attira per il suo radicalismo e per il senso di attivismo delle comunità. Quanto alla sua integrabilità con altre religioni, è la fede che meno su presta. È anche vero che le occasioni di contaminazione non mancano, specie tra i giovani: «Il passaggio dalla prima alla seconda generazione moltiplica le occasioni di “interferenza”, dato che i luoghi della socializzazione, a cominciare dalla scuola per continuare nel mondo socialmente fondamentale del “divertimento” e dei consumi culturali, diventano almeno in parte i medesimi», scrive Allievi in “Musulmani d’Occidente” (Carocci).

Gli sviluppi di un Islam nuovo inquilino d’Europa sono ancora inediti. Punto di partenza, forse, la riscoperta di Abramo, padre comune di musulmani, cristiani ed ebrei: “Time”, in occasione dell’uscita di “Abraham: A journey to the heart of three faiths” di Bruce Feiler, gli ha recentemente dedicato la copertina.
Tra le religioni che ciclicamente esercitano un ascendente sull’Occidente, l’induismo. Una spiritualità che piace anche per il suo forte carattere estetico. «Induisti si nasce.

E si diventa», sostiene Giorgio Renato Franci, docente di Storia delle religioni e autore di “Induismo” (Touring club italiano): «La religione si diffonde con gli immigrati e per conversioni aggiuntive: si parte dalla propria tradizione alla quale si mischiano elementi di altre, risistemando la scala di valori. Gli occidentali sono attratti dalle pratiche meditative e dai rituali. La loro riscoperta è un modo di riconoscersi nel fluire delle generazioni. Gli indiani ritengono che l’umanità, nell’età dell’oro, fosse tutta induista. Forse, se l’induismo torna a espandersi, vuol dire che l’età della decadenza è agli sgoccioli».
Ma non c’è il rischio, in questo combinarsi di elementi, che il risultato sia un puzzle con tessere che non combaciano? Risponde Franci:«La cultura è meticciato, c’è sempre un perdere e un acquistare. Forse c’è una sintesi superficiale, ma l’apertura alla diversità è positiva». n


17.10.2002