Quel dovere che incombe ai vescovi, ai presbiteri e ai diaconi, secondo l’elenco del canone 835, 1-3, crea il diritto nei laici di esigere dai ministri consacrati non un’opera qualunque ma precisamente quella che li porti alla santità. Il detto canone infatti recita:
Parlare, dunque, per i pastori, è un dovere, non certo limitato alla sola omelia festiva, dovere che è ribadito anche nel canone 767, ove si dice che i pastori devono proporre esercizi spirituali e missioni al popolo.
Tale dovere dei pastori crea il diritto dei laici. Non si insiste troppo su questo, ma questa è la verità: i fedeli possono esigere ciò dai loro pastori, vescovi e parroci in prima fila, come è detto nel canone 762.
Il munus sanctificandi comprende anche un’azione extrasacramentale, soggettiva, che si esercita nella vita interiore del credente con l’esercizio delle virtù cristiane.
Si dirà che sono del tutto carenti i servizi sacramentali(messe e sacramenti compresi) in molte parrocchie, per la scarsità di clero. Ciò è purtroppo vero. Ma i diritti dei laici permangono inalterati, per cui è necessario ricorrere a forme di servizio integrativo, formando dei laici alla direzione spirituale e alla predicazione di missioni al popolo.
Il problema del celibato facoltativo dovrà essere risolto con eventuale concilio, perché i diritti dei laici alla santità sono prioritari rispetto a norme giuridiche quali il celibato obbligatorio dei sacerdoti, che escludono, inevitabilmente, molti sacerdoti coniugati che sarebbero ben felici di contribuire alla predicazione e alla santificazione dei fedeli.
Giampaolo Thorel