In questi giorni si ha, nelle varie diocesi, l’apertura dell’anno pastorale. L’impegno dei vescovi e dei loro collaboratori è quanto mai complesso, perché deve far quadrare, per così dire, il cerchio. In altre parole, dinanzi alla crescente scarsità di clero, la chiesa sta chiamando “alle armi” tutti i laici e quanti siano disponibili a integrare le deboli forze del clero attivo.

I Vescovi sono, almeno a parole, disposti a riconoscere ai laici la loro vocazione specifica, anche all’interno delle singole parrocchie, e persino nelle stanze delle foranie.
Occorre creatività, come recita il nostro sito friulicrea, per ripartire per una nuova evangelizzazione.
Soprattutto capire cosa essa significhi dinanzi alle altre religioni.

Uno dei problemi più grossi sarà quello di rispettare le reciproche competenze: tra preti e laici. Se i parroci non daranno spazio ai laici, se faranno sentire sempre il fiato sul collo, per sfiducia o per gelosia, il progetto pastorale sarà vanificato.
I laici sarebbero deputati, soprattutto, alla “consacrazione” delle realtà terrene(consecratio mundi), ma soprattutto in tempi difficili come è il nostro, vengono chiamati a svolgere anche misterialità più attinenti al sacro.

Non deve, però, essere una forma di clericalizzazione.
I laici devono avere una loro autonomia, seppure rispettosa del clero; devono essere laici adulti, non sotto tutela. Bisogna incoraggiarli a crescere, ad assumersi, cioè, le loro responsabilità.

Accade che molti laici vogliano stare sempre sotto le gonne… dei preti, un po’ come tanti giovani avanti negli anni che non vogliono andar via da casa, perché è più comodo così. I loro genitori li proteggono ed evitano loro i problemi della vita e della società attuale.
Giustamente Ernesto Diaco, responsabile dell’area formazione e cultura dell’Azione cattolica italiana, ha detto a Udine:

“I tempi sono maturi per forme nuove di partecipazione, che aprono la parrocchia al territorio e alle altre parrocchie, e per un nuovo rapporto tra pastori e laici.
Il binomio preti-laici è superato da quello comunità ministerialità, che meglio esprime l’unità nella diversità. La Chiesa sa che non può evangelizzare senza laici perché non sarebbe pienamente se stessa”.

Giampaolo Thorel