depagnello pictureNell’Eucaristia si rivela l’Umiltà divina

L’umiltà di Dio e l’Eucaristia


Mangiare la Carne di Cristo è accettare tutte le sofferenze che incontriamo nell’esistenza, e accettarle per un amore che distrugge le nostre durezze e ci rende pane vivo sulla mensa degli uomini; bere il suo Sangue è amare tutte le creature che esistono con noi, creatura e creatura, istante e istante. Nella misura in cui ci dischiudiamo agli altri nell’offerta di noi stessi a tutte le fami, con il Pane, il nostro essere si nutre della Carne e del Sangue del Verbo. Al termine dell anostra terrena vicenda, si attuerà in noi l’identificazione dell anostra essenza spirituale con l’essenza spirituale di Cristo, e questa identificazione compirà la trasfigurazione del nostro corpo terreno in quelloglorioso dei risorti. (G.Vannucci, Verso la luce p.150)

“Cristo nella sua totalità è Carne e Parola, Pane vivo; mangiarlo vuol dire consumare e digerire la sua Carne e la sua Parola. Analogamente alla digestione, mangiare e digerire Cristo, la sua Parola e la sua Carne, significa scomporre la Carne e la Parola nei loro elementi di base ed estrarne quell’alimento che meglio risponde alla nostra individualità. Per utilizzare questi elementi nella costruzione di una personalità conforme alla nostra natura, differente da quella di qualsiasi altra. ..Mangiare e digerire il Pane disceso dal cielo significa sostituire ai ritmi della carne e del sangue, quelli propri dell’uomo celeste”
(G.Vannucci, Verso la luce p.147)


A pensarci bene ci viene chiesto di mangiare un semplice frammento di pane reso sottile nella particola e di bere del vino. L’uomo-Dio è là, presente sotto quelle “specie”. Lui, il Creatore di tutto ciò che esiste, si offre continuamente a noi, povere creature, in una forma che appare quasi banale ed estremamente quotidiana. L’umiltà di Dio è sempre molto sconvolgente e disarmante.
Il pane è l’alimento per antonomasia. Dal pane comune a quello eucaristico ci sono molti significati e significanti.

1) Esso indica la fatica che ognuno compie per ottenerlo. E’ il frutto del proprio lavoro. Lavorare è un’attività che riflette l’atto creatore di Dio. E’ un modo per l’autosostentamento vitale e la solidarietà con gli altri. Il lavoro comporta la promozione umana di ogni persona e di tutta la società.

2) La fabbricazione del pane in sé sottende una serie di operazioni molto significanti: la preparazione del terreno, la semina, l’attesa, la mietitura, la macinazione del grano, l’impasto e la lievitazione, introduzione di vari ingredienti e la cottura. Gesù usa molto frequentemente queste attività per significare nei racconti e nelle parabole il Regno di Dio. Il terreno siamo noi. Se è ben predisposto può accogliere il seme della parola di Dio che lo sparge dove lo Spirito soffia. Dio è paziente ed attende che il seme fruttifichi. Prima, però, ogni seme deve morire. Poi miete le spighe e tutto il grano ripulito dalle imperfezioni verrà macinato per poter ottenere la farina. Ogni chicco di grano, così, viene frantumato l’uno sull’altro. Durante l’impasto il lievito dovrà essere dosato insieme ad altri ingredienti per dare alla focaccia la dimensione voluta. La giusta cottura garantirà la digeribilità dell’alimento che verrà consumato nelle mense più comuni.
Però…non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio.

3) Il pane viene consacrato da Gesù stesso che lo benedice, lo spezza e lo dà in cibo ai suoi intimi ordinando : “prendete e mangiatene tutti, questo è il mio corpo”.
Gesù Cristo si lascia “mangiare” nel pane consacrato. Egli è dunque presente in quell’alimento che sintetizza tutte le fatiche di ogni uomo e il suo estremo sacrificio comprendente l’incarnazione, la sua vita in obbedienza al Padre, il suo messaggio, la sua passione e morte, la sua Risurrezione. Si dona ad ogni uomo di buona volontà come alimento corporale e spirituale. Tramite esso ognuno di noi ha così la possibilità di divinizzarsi in Cristo. Assimila il suo corpo, la sua anima e la sua divinità per essere da Lui assimilato e partecipare così alla vita trinitaria come un altro Cristo. Diventa a tutti gli effetti figlio e coerede del Padre che spera la salvezza di tutti.

Anche il vino presuppone molte operazioni significanti che Gesù considera nelle sue gesta e nelle sue parabole. E’ Lui la vite e noi i tralci che devono portare frutto. L’uva è a sua volta composta di acini che, dopo la vendemmia, dovranno essere frantumati nel torchio. Il mosto dovrà fermentare in appositi contenitori fino alla trasformazione finale in vino, che richiede costanza, cautela, pazienza. Il vino è presente nelle nozze di Caana per significare la gioia degli invitati. E’ chiaro il riferimento allo Spirito. Nell’ultima cena viene indicato come il sangue dello stesso Gesù Cristo versato per noi. E ci viene comandato di berlo. Bere il suo sangue significa ricevere la vera vita di Cristo attraverso lo Spirito, il quale rimette i peccati, rigenera gli animi, ricrea l’interiorità, trasmette la gioia e il senso del dono reciproco, fa della nostra stessa vita un sacrificio perenne gradito a Dio rendendoci simili a Lui e quindi veri figli adottivi.

Pier Angelo Piai