L’illusione del tempo cronologico e la realtà dell’eternità
Da cosa deriva molte volte il nostro senso di noia e stanchezza interiore? Spesso è dovuto ad una visuale troppo contingente e restrittiva del tempo. E’ una concezione che si disperde nella molteplicità in cui siamo immersi. Crediamo che il tempo sia realmente “limitato”: stentiamo a proiettarlo nell’eterno della resurrezione. C’è dell’ipocrisia in noi ad aderire all’ottica della risurrezione : nella pratica stentiamo a credere e diciamo : ma…forse…sarà…così dicono…chi vivrà vedrà…!
Ma ha veramente un’inizio ed una fine il tempo? Oggettivamente le azioni iniziano e terminano. Decidiamo di intraprendere qualcosa e le nostre azioni iniziano e poi terminano. Noi le collochiamo in un tempo immaginario che ci serve per archiviare i singoli fatti nella memoria, la quale alimenta la nostra logica.
Quando cominciamo a scomporre in molteplici frazioni le unità cronologiche, ci accorgiamo che l’operazione può ripetersi all’infinito.
Ogni istante è preceduto e seguito da altri. E altri ancora…e ancora altri. Può essere concettualizzato un’atomo cronologico? Ecco che intravediamo il paradosso della nostra logica scagliata all’estremo: viene sfuocato il concetto di principio e fine. In una visione “microcosmica” le unità cronologiche vengono assorbite dall’atemporalità : un tempo senza principio e senza fine non può essere denominato tale dalla nostra pura razionalità. Tende a collocarsi sul piano spaziale, diventandone la quarta dimensione (come del resto affermano gli scienziati dell’attuale secolo)
E’ proprio immergendoci nella riflessione autentica sul tempo che molto spesso possiamo dare credibilità al concetto di Resurrezione così paradossalmente incredibile. Gran parte della nostra noia e stanchezza è dovuta al fatto che frazioniamo il tempo con eccessiva razionalità matematica: anni, giorni, ore, minuti, secondi..e ci dimentichiamo della “durata interiore”, che è quella più adeguata alle categorie dello Spirito. Essa ci fa considerare il tempo passato come una serie di memorie volte sempre al presente, ed il futuro come delle semplici proiezioni che vengono ancora effettuate al presente.
Questo “presente” sempre attuale corrode nella nostra riflessione concreta l’opprimente razionalismo che vede il principio e la fine in ogni frazione di tempo. Quando ci fissiamo su un termine ultimo relativo al tempo cronologico non facciamo altro che generare in noi dei meccanismi d’attesa: ci alieniamo dal presente per anticipare un futuro che non è ancora presente. Sicché la nostra mente si preoccupa di un qualcosa d’irreale, presunto e quindi fantastico. Si sente oppressa e tediata da contenuti astratti, ipotetici.
La coscienza diventa prigioniera di una mente tiranna che toglie la serenità della visione pura dell’Assoluto. Egli ha bisogno di una coscienza libera, per potersi manifestare liberamente perché è già nella creazione ed in noi. Ma quando occupiamo la coscienza con preoccupazioni inutili, Egli non può manifestarsi nella sua pienezza. Non può essere limitato dalle nostre categorie spazio-temporali. Egli, eterno, è tutt’intero nell’attimo che non ha né principio, né fine, proprio perché è Lui l’Alfa e l’Omega.
Del resto la stessa nostra logica, scagliata nei più profondi abissi del pensiero umano, ci avverte che il nostro sapere e lo stesso linguaggio sono costellati di contraddizioni. Anche su ciò che si dice del tempo, che ormai (è stato appurato da numerosi filosofi) non è altro che un’astrazione della nostra mente e non ha alcuna oggettività.
Diceva Giovanni Vannucci, un santo monaco che ho conosciuto personalmente :
” Il regno di Dio in noi è la coscienza della propria eternità; chi ne è consapevole germoglia e cresce spontaneamente come il grano verso la mietitura. Chi matura nel regno di Dio distrugge il tempo e lo spazio e vede se stesso eterno. Seduto sulla riva del divenire vede la corrente trascinare mille e mille cose, non si getta nell’onda per salvare il ciarpame che essa trascina. Ha compreso che una cosa è il fiume del tempo e una cosa è l’uomo; l’onda che implacabile passa non potrà nuocergli. Non pensa alla brevità della vita, avendo la certezza di vivere sempre; non l’angoscia della morte, ma l’ansia di vivere la verità.”
Pier Angelo Piai