SECONDA dopo NATALE 2015
Sir 24, 1-12; Rom 8, 3b-9a; Lc 4,14-22
Oggi la liturgia ci racconta non come Gesù è nato, ma perché
è nato. Ci porta nel luogo e nel momento più solenni: di sabato, nella
sinagoga, durante il culto. Qui tra i suoi, Gesù propone il suo programma, e
dentro c’è tutta la parabola della nostra vita.
Sono venuto ad annunciare libertà ai prigionieri. Dalle tante cose che ci tengono legati, donaci
liberazione, Kyrie eleison
Sono venuto a portare la vista ai ciechi. Nessuno che veda lontano e chiaro; Signore, semina tu
occhi nuovi sulla terra, Kyrie eleison
Sono venuto per la gioia dei poveri. Per l’assedio dei poveri che non sappiamo saziare,
donaci un cuore sensibile, Kyrie
eleison
OMELIA
Un racconto magistrale, che si
svolge come al rallentatore, per creare un’aspettativa, una tensione: Gesù si alzò a leggere, gli fu dato il
rotolo, aprì il rotolo, trovò il passo, lesse… riavvolse il rotolo, lo consegnò all’inserviente, sedette.
Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. E seguono parole
che fanno alzare la testa a quelli cui la vita e l’ingiustizia l’hanno fatta
piegare.
E poi le prime parole
ufficiali di Gesù: oggi la profezia si è
fatta carne. Dall’antico Profeta a un Rabbi che non impone pesi ma li
toglie, non porta precetti ma libertà, che non abbasserà mai la testa davanti
all’ingiustizia.
Guardate la
profezia: è realtà! Ma che cosa è accaduto, cosa c’è da vedere? Niente altro che Gesù, Parola di Dio fatta realtà. E’ Lui l’uomo sognato da Isaia,
libero come nessuno, dall’occhio luminoso e penetrante, povero eppure gioioso,
che accoglie tutti e tutti rimanda liberi nel sole.
Sono venuto per
poveri, prigionieri, ciechi, oppressi. Non per Dio, per l’uomo!
Adamo è diventato queste quattro cose, ed è per lottare
contro di esse che Dio diventa Adamo. Ed ha quattro obiettivi: portare
gioia, libertà, occhi nuovi, liberazione. E poi, con un quinto per, spalanca uno dei
tratti più belli del volto di Dio: per proclamare l’anno di grazia del
Signore. Un anno, un secolo, mille anni, una storia intera fatta solo di
bontà. L’uomo è diventato una povera cosa e Dio, invece di portare una sentenza
di condanna, porta un decreto di grazia. Perché Dio non è solo buono, è esclusivamente,
incondizionatamente buono.
Gesù infatti non legge il seguito di Isaia: “Sono
venuto a predicare la vendetta del Signore”. Non la legge, il giovane profeta
censura l’antico profeta, Dio non sprecherà l’eternità in vendette.
Da subito, dall’inizio della
sua missione, Gesù sgombra tutti i dubbi su ciò che è venuto a fare: sceglie di
abitare la carne degli umani, la debolezza dell’uomo, la misura povera, è qui
per togliere via tutto ciò che impedisce la fioritura e la maturazione
dell’uomo. Non ha mai compiuto un miracolo per punire o intimidire…
Perché sia chiaro a tutti che
cosa è il Regno di Dio: vita in pienezza, qualcosa che porta gioia, che libera,
che dà luce, che rende la storia un luogo senza più disperati.
E si schiera, non è
imparziale, non sta con tutti: sta con gli ultimi e mai con gli oppressori.
Viene come fonte di libere vite, e da
dove può cominciare se non dai prigionieri?
Gesù non è venuto per
riportare i lontani a Dio, ma per portare Dio ai lontani, a uomini e donne
senza speranza, che non si aspettavano più niente. Dio viene e apre prigioni,
cammina a fianco dei poveri, e libera tutte le loro potenzialità di vita, di
lavoro, di creatività, di relazione, di intelligenza, di amore. Con Dio tu
puoi!
Cuore semplice del vangelo: è
possibile vivere meglio, per tutti. E Gesù ne possiede la chiave.
‘Cristo non ci ha dato nessun sistema di pensiero,
nessuna teoria religiosa. Ci ha comunicato vita e ha creato in noi l’anelito
verso una vita più grande’
(Vannucci).
La differenza di Gesù possiamo
dirla così: c’è crisi e noi sogniamo di cambiare l’economia; lui, Gesù, sogna
di cambiare l’uomo, cambiandone il respiro.
Il primo sguardo di Gesù non
si posa mai sul peccato della persona, il suo primo sguardo va sempre sulle
lacrime, e sulla povertà dell’uomo. Per questo nel Vangelo ricorre più spesso
la parola poveri e piccoli, che non la parola peccatori. Si parla più di
piccolezza che di peccato. Non è moralista il vangelo, noi l’abbiamo
moralizzato il vangelo e così l’abbiamo depotenziato, devitalizzato.
Il vangelo è creatore di
uomini liberi, veggenti, gioiosi, liberanti. Scriveva il nostro p. Giovanni
Vannucci: ‘Il cristianesimo non è una
morale ma una sconvolgente liberazione’.
La buona notizia non è una
morale più nobile; la storia è ricca di etiche nobili.
Buona notizia di Gesù non è
neppure il perdono dei peccati. Come se la vita dell’uomo non fosse altro che
il tentativo, sempre fallito, di placare Dio. Come se Dio non riuscisse a perdonare
l’uomo se non a un prezzo della Croce del Figlio.
La buona notizia è che Dio
mette non se stesso, ma l’uomo al centro di tutto, e schiera la sua potenza di
liberazione contro tutte le oppressioni esterne, contro tutte le chiusure
interne. Il lieto annuncio è un Dio sempre in favore dell’uomo e mai contro
l’uomo.
Il Regno che Gesù inaugura è
l’avvio di una storia totalmente altra, che non generi più poveri, prigionieri,
ciechi, oppressi. La storia di una umanità che si rialza, che riprende la sua
marcia con occhio penetrante, con cuore libero e forte, con una breccia nelle
mura chiuse, con un seme di fuoco.
La parola chiave è liberazione, ripetuta due volte.
E se ti fai attento, senti
dentro questa parola l’esplosione di potenzialità prima negate, una energia che
spinge in avanti, che sa di vento
e di futuro e di spazi aperti.
La profezia di Isaia si è
posata su Gesù, lo ha raggiunto, illuminato, gli ha chiarito la strada. Lo
stesso accade per noi: nella Bibbia c’è una profezia che ci aspetta, una parola
che ci cerca. Sarebbe così bello se la domenica entrando in chiesa pensassimo:
oggi troverò una parola scritta per me, indirizzata a me. Con una battuta che
fa il verso a un programma TV: apri, c’è
posta per te!
Gesù comincia dalla periferia, riparte da coloro che
sono come caduti nei fossati della storia, sbalzati a terra dal convoglio
troppo rapido del progresso. Come Gesù ogni credente sa ora da dove ripartire: dagli
affamati di tenerezza, dagli esclusi, dalle periferie del mondo, dai
sotterranei della storia, dagli uomini dal pane amaro, quelli senza un
abbraccio. Con lo sguardo buono di Dio.
Allora noi capiamo che finché dura l’umana miseria
durerà il Vangelo; fono a che perdura l’umana fragilità durerà la potenza del
vangelo.
E io saprò sempre dove posare sguardo e cuore: sulla vita che dolora e
supplica.
Nello sguardo di un bambino, nella lacrima di un
povero c’è tutta l’eternità che ci attende.
PREGHIERA ALLA COMUNIONE
Signore, le creature sono Tue
e noi l’ignoriamo.
Sono luci nell’arco
del Tuo volere,
parole della tua legge,
soffio del Tuo
amore.
Le creature sono Tue
e la nostra brama ci spinge
a possederle, a devastarle.
Abbi pietà dei nostri occhi
che non le sanno guardare
della nostra carne
che le desidera male,
abbi pietà del nostro orgoglio
Ti chiediamo solo questo:
Insegnaci un altro amore.
(da Donata Doni, Il
pianto dei ciliegi feriti,p.56)
di p. Ermes Ronchi