dal Messaggero Veneto del 8/08/02
La fondazione di un nuovo monastero ad Attimis, come emanazione di quello di Moggio Udinese, merita qualche considerazione. Le 25 monache di clausura che già vi abitano e le altre che pare stiano per farvi ingresso tra breve sono opportunamente considerate come risposte in positivo alla carenza di vocazioni sia sacerdotali sia di vita attiva.
Ci si chiede perché i sacerdoti siano così pochi e, parimenti, le suore di vita attiva, mentre i monasteri di clausura (di clarisse e di carmelitane) siano in costante crescita.
Fra le possibili risposte vi è forse l’attrazione per un certo stile di vita interiore e di costante preghiera che si rifà a figure come santa Chiara e santa Teresa d’Avila, le cui spiritualità, francescana e carmelitana, sono considerate attuali e niente affatto alienanti.
Nel tempo in cui viviamo, che si spande sull’attivismo, sulla spettacolarità, sul presenzialismo, torna a farsi sentire l’urgenza di riabitare se stessi tramite la preghiera e la contemplazione. Con un’attenzione particolare, però, che è quella di fuggire alla tentazione del rapporto “virtuale”. I mass media e Internet stanno disabituando al rapporto reale, concreto con gli altri. Molti giovani sono incapaci di dialogare senza il supporto del telefonino o del computer.
Se chi entra in clausura non è motivata da atteggiamenti “virtuali”, di fuga dalle responsabilità familiari e sociali, ma dal desiderio di essere profondamente unita a Dio e all’umanità del suo tempo, allora diventerà una fonte di energia e di alte forme di coscienza.
La preghiera non è passività o perdita di tempo, come taluni pensano. Essa può diventare attività nel più alto grado. Così come la contemplazione è, secondo Tommaso d’Aquino, il vertice più alto dell’azione, poiché è estensiva verso l’alto e verso l’orizzonte dell’intera umanità.
Un benedettino tedesco, Anselm Grun, parlando della preghiera in favore di un’altra persona, ne sottolinea l’aspetto di reciprocità: io, pregando per te, faccio del bene a te, ma anche a me stesso, perché creo una profonda dimensione d’incontro. Il primo degli effetti della preghiera reciproca è psicologico, nel senso che fa entrare in una dimensione di benevolenza, di apertura verso gli altri. Essa, inoltre, facilita il dialogo e la rappacificazione tra persone e collettività.
Spesso le comunità di clausura sono state definite “parafulmini” per le proprie diocesi e per coloro che si affidano alle loro preghiere. In tal senso, ne occorrerebbero di più anche nel nostro territorio, per insegnarci a essere meno banali e più attenti alle vere necessità degli altri.
Un buon monastero di clausura potrebbe diventare un supporto valido di direzione spirituale per chi è sbandato e solo. Il fatto di sapere che qualcuno sta pregando per noi, infatti, ci fa sentire meno soli e più amati. Ciò non è certamente cosa di poco conto
professor Giampaolo Thorel
Udine
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