10 Dicembre 2013

UNA PASSIONE CHE SI FA GRIDO


La sobrietà e i popoli poveri sono stati una costante
tematica piena di accenti affettivo-emotivi in tutti i suoi interventi.


La povertà come condizione positiva perché
generatrice di libertà morale necessaria alla convivenza civile è
indispensabile per la testimonianza della vita ecclesiale.


La povertà, o più concretamente la miseria dei
popoli come frutto di ingiustizia e di oppressione è un’offesa insopportabile e
va combattuta.


Un uso sobrio e partecipato dei beni è la prima
“povertà” che s’impone in forza della libertà conquistata e condivisa.  Un uso qualificato delle risorse nasce
da una scelta ancora partecipata e condivisa per i valori che si scelgono come prioritari
per una convivenza degna di questo nome.


Su queste direttrici si configurano i giudizi su
politiche, progresso scientifico, scelte economiche, istituzioni italiane,
europee, mondiali.

 

[1]

Senti
che è di troppo

il
sapore di una pesca

in
questa povertà

di
case diroccate;

senti
che non ti è lecito

provare
questo dolciore

d’anima
emigrata

dalla
strada

della
tua umanità.

Sposata
hai

una
pena

di
non sentire mai

dolcezza
alcuna

che
non sia di tutti;

ed
ora ti tenta

questo
profumo

di
pesche e di aranci,

ed
ora ti seduce

questo
languore di tigli,

ed
ora vorresti

andartene
in pace

in
quest’orlo di città

in
queste ghirlande

di
bimbi a dimenticare.

E
invece è tuo soltanto

il
grido della città

disfatta
sotto il sole,

e
tu solo

puoi
rianimare i corpi

abbattuti
ai piedi

delle
piante

nell’afosità
dell’estate.

Ah
tu non puoi

concederti
a queste

momentanee
paci.

 

 

[2]

Povera
che dorme entro giornali

 

C’è
una povera in via Ciovasso

che
non può più camminare,

e
dorme entro giornali

nessuno
di quelli che stanno

di
sopra

ha
tempo di scendere a salutare.

 

Per
lei è di troppo

un
po’ di scatole per guanciale

e
stare

nel
cuore di Milano.

 

 

[3]

Spirito,
fa’

 

Spirito,
fa’ che ogni giorno componga

una
lode al mio Dio: voce che raccolga

il
gemito delle cose.

 

Voce
per il silenzio

 

Voce
per chi non ha voce:

per
il povero e il disperato,

per
chi è solo,

per
chi è nato ora

in
ogni punto del globo

 

Dio
della vita,

sei
tu che nasci,

che
continui a nascere

in
ogni vita.

 

Voce
per chi muore ora:

 

perché
non muore,

non
muore nessuno:

niente
e nessuno muore

perché
tu sei.

 

Tu
sei

e
tutto vive,

è
il Tutto in te che vive:

 

anche
la morte!

 

 

[4]

Perché
nessuno saluta

 

Perché
nessuno saluta?

Sulla
stessa via

tutti
stranieri.

 

Una
minuta pioggia ti isola,

appena
qualche uccello dalle piante

sospira
al tuo rumore.

 

Una
pecora sola,

sul
clivio di Rancio

bela
al tuo passaggio:

 

gemito
più che umano,

a
segnare

la
solitudine di tutti.

 

Siamo
soli,

soli,
amico, né vale che tu grida

«fratelli»
dall’altare,

o
che tutti s’affollino

allo
stesso ciborio.

 

Nessuno,
nessuno saluta

in
questi termitai che sono

le
nostre città.

 

Tutti
murati in selve di condomini

più
soli di quanto

lo
siamo nei deserti

 

dove
pare non abiti più

neppure
Iddio.

Brani
da


David M. Turoldo. Una voce
del Friuli
.
Ideazione, riflessioni e scelta dei testi a cura di Nicolino Borgo, Basaldella
2006 [pubblicazione per il centenario della banca di credito cooperativo del
Friuli centrale, 1906-2006]