È morto
Pantani. Sorpresa, dolore e sgomento hanno accompagnato la notizia della
scomparsa del campione che con le sue gesta sportive è entrato nel cuore di
tutti gli italiani.


Molti di noi, a questa
notizia improvvisa e tragica, si sono battuti il petto: la colpa è un po’
nostra se è morto disperato; se non gli siamo stati vicini nella sua
depressione; se l’abbiamo lasciato solo e abbandonato; see tante altre
espressioni di rammarico che comunque sono segno evidente d’un affetto donato e
d’una solenne lezione che abbiamo tutti ricevuto da questo dramma umano prima
che sportivo.


Mi sembra che questo modo
tragico di andarsene abbia fatto arrivare a tutti l’urlo muto, e non per questo
meno lacerante, di chi si chiede un perché e non ne ha avuto adeguata risposta.


Caro Pantani lo schermo
della televisione, anche in questi giorni, ti ha riproposto nei tuoi momenti
vittoriosi, giorni di gloria in bici tra due ali di folla che tripudiava al tuo
passaggio, traguardi e arrivi con le mani alzate come vincitore e con quel
sorriso che tradiva sforzo e dolore. Grazie. Hai donato, a chi ti attendeva in
fuga solitaria, momenti di grande entusiasmo e di orgogliosa appartenenza alla
tua Italia.


Volevi a tutti i costi
essere primo, a tutti i costi volare più che pedalare, a tutti i costi far
traboccare i tuoi tifosi di tripudio e di riconoscenza. Ma quanto ti è costato
accontentare la nostra avidità che ti voleva a tutti i costi come nostro
campione. Lasciami dire che ti sei immolato più per noi che per te stesso.
Abbiamo goduto e insieme tremato per gli eccessi a cui ti sei abbandonato per
salire, salire, pedalare quasi danzandoInebriato dalla folla volevi volare, ma
ti sono mancate le ali. Volevi salire con la snellezza del capriolo, ma hai
sentito il peso dei comuni mortali. Hai ascoltato più la nostra brama delle tue
vittorie che la regola del saper perdere. Perdona la nostra esagerata
ingordigia. Forse ti abbiamo perso perché ti abbiamo voluto troppo bene,
egoisticamente bene.


Ma non ti abbiamo persosono
certo che sei entrato a mani alzate in quel cielo che, vero traguardo in
salita, ti ha accolto vittorioso e festoso. Sono certo che a mani alzate e
riconoscenti sei andato incontro al quel Vincitore che prima di te e per te, ha
conosciuto la tragedia d’un perché senza risposta, ha sofferto lo stritolamento
dell’abbandono da tutti e perfino da Dio Padre al quale poi si è riaffidato.


Lui ha provato tutto questo
per me, per te; per dare valore e significato a tutti i momenti negativi,
dolorosi e tragici della nostra vita e della nostra morte. Il suo amore
esagerato e irraggiungibile ha ricomposto ogni nostra esagerata scompostezza.
Incontrandolo hai conosciuto chi ti ha “tirato la volata”, hai capito il perché
del tuo perché, ti si è rivelato l’immenso e assurdo amore con cui Lui ha
colmato il tuo abbandono e ogni nostra umana assurdità. In Lui ti sei sentito
capito, risolto e risorto. Lassù, lavato dal sangue dell’Agnello, hai indossato
la magliabianca, veste nuziale che s’addice ai vincitori nel Vincitore. 

Grazie, Marco.

A presto. Appuntamento al
comune e straordinario traguardo.


p.Andrea Panont