depcolombaraggi pictureTesto di una conferenza tenuta a Northfield negli Stati Uniti, nell’estate del 1887 dallo scozzese prof. Enrico Drummond (1851-1897) titolare della cattedra di Scienze Naturali a Glasgow (Scozia). testo edificante che continua a girare il mondo con molto successo.

«Se anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sono come un bronzo che risuona o un cembalo che tintinna. E se avessi il dono della profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza, e possedessi la pienezza della fede così da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, sono nulla. E se anche distribuissi tutte le mie sostanze e dessi il mio corpo per essere bruciato, ma non avessi la carità, niente mi giova. La carità e paziente, e benigna la carità; non è invidiosa la carità, non si vanta, non si gonfia, non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia, ma si compiace della verità. Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta. La carità non avrà mai fine.
Le profezie scompariranno; il dono deIIe lingue cesserà e la scienza svanirà. La nostra conoscenza è imperfetta e imperfetta la nostra profezia. Ma quando verrà ciò che è perfetto, queIIo che è imperfetto scomparirà. Quand’ero bambino, parlavo da bambino, pensavo da bambino, ragionavo da bambino. Ma, divenuto uomo, ciò che era da bambino I’ho abbandonato.
Ora vediamo come in uno specchio, in maniera confusa; ma aIIora vedremo faccia a faccia. Ora conosco in modo imperfetto, ma aIIora conoscerò perfettamente, come anch’io sono conosciuto. Queste dunque le tre cose che rimangono: la fede, la speranza e la carità; ma di tutte più grande è la carità!»

(1° lettera di San Paolo ai Corinzi (13, 1- 13)

LA COSA PIÙ’ GRANDE DEL MONDO

Ognuno di noi si è posto il problema di tutti i tempi, dall’antichità ad oggi: qual è il summum bonum, il bene supremo? Tu hai la vita davanti: puoi viverla solo una volta: qual è la cosa più nobile, il dono supremo da desiderare?
Molti ritengono che la cosa più grande in campo religioso sia la fede. Per essi questa grande parola è la nota dominante della religione. Io vi ho condotti, invece, nel capitolo che ho letto or ora, aIIa sorgente della cristianità: e abbiamo visto che «di tutte la più grande è la carità».
San Paolo parlava della fede proprio un momento prima: Anche se io possedessi la pienezza deIIa fede così da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, sono nulla”.
Lungi dall’ignorarla, San Paolo fa di proposito il confronto: ora rimangono la fede, la speranza e la Carità e, senza un attimo di esitazione, aggiunge: «ma di tutte più grande è la Carità».

Non è un partito preso. L ‘uomo è portato a raccomandare ai suoi simili il lato più caratteristico del suo temperamento: l’amore non era il lato caratteristico di Saulo. L ‘osservatore attento scoprirà nella personalità di San Paolo una meravigliosa dolcezza che cresce e matura con il passare degli anni; ma la mano che scrisse: “di tutte più grande e la carità”, è macchiata di sangue quando l’incontriamo per la prima volta, persecutore dei cristiani.
L ‘epistola ai Corinzi non è la sola a designare la Carità come il summum bonum. Gli autori fondamentali della cristianità sono d’accordo su questo punto. San Pietro dice: “Soprattutto usatevi reciprocamente una fervida Carità”. Soprattutto.

Compendio di tutta la legge

E San Giovanni va anche oltre: “Dio è Carità”. Ricordate un’altra profonda osservazione di San Paolo: “L’amore è I’adempimento della legge’ , . Avete mai pensato che cosa intendeva dire con questo? Per gli uomini di quel tempo la strada che portava al paradiso consisteva nell’osservare i dieci Comandamenti e gli altri cento e più comandamenti derivati, che essi si erano fabbricati.
Gesù Cristo disse: Io vi insegnerò una via più semplice. Vi basterà fare una cosa sola e farete queste cento e più altre cose senza bisogno di pensarci.
Amando adempirete interamente la legge senza accorgervene. Potete subito rendervi conto da voi stessi che non può essere diversamente. Prendete uno qualunque dei comandamenti: “Non avrai altro Dio al mio cospetto”. Se un uomo ama Dio non occorre dirgli una cosa del genere.
L ‘amore e l’adempimento di quella legge. “Non nominare iI nome di Dio invano”. Chi, amando Dio, sognerebbe di nominarlo invano? “Ricordati del giorno di festa per santificarlo”. Non sarebbe egli ben felice di avere un giorno su sette da dedicare più esclusivamente all’oggetto del suo amore?
L ‘amore adempirebbe tutte queste leggi che riguardano Dio. Allo stesso modo non sogneresti mai di dire a chi amasse il suo prossimo di onorare suo padre ~ sua madre. Non potrebbe farne a meno. Sarebbe assurdo dirgli di non uccidere. Sarebbe un insulto suggerirgli di non rubare. Come si può derubare colui che si ama? Superfluo pregarlo di non dir falsa testimonianza contro il vicino. Se lo ama è l’ultima cosa che farebbe. E non vi verrebbe in mente di scongiurarlo di non desiderarne i beni; stanno meglio in mano al prossimo che nella sua.
Pertanto: “I’amore è I’adempimento della legge”.
E’ la regola per mettere in pratica tutte le regole, il nuovo comandamento per osservare tutti i vecchi comandamenti, il segreto della vita cristiana svelato da Cristo. Ora san Paolo l’aveva imparato; in questo superbo elogio egli ci ha dato la più meravigliosa e originale descrizione esistente del summum bonum . Possiamo dividerlo in tre parti.
AII’inizio del breve capitolo troviamo la Carità confrontata, al centro la Carità analizzata, verso la fine la Carità difesa come dono supremo.

IL CONFRONTO

San Paolo incomincia con il confronto tra la Carità e altre cose molto apprezzate dagli uomini di quel tempo. San Paolo confronta la Carità con I’ eloquenza. Nobile dono, quello di far vibrare l’anima e la volontà dell’uomo spronandolo ad alte azioni e ad imprese sacre. San Paolo dice: “Se anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sono come un bronzo che risuona o un cembalo che tintinna”. E sappiamo tutti perché. Tutti abbiamo provato l’aridità delle parole senza emozione, il vuoto, l’indicibile inutilità dell’eloquenza che non sia fondata sulla Carità. San Paolo la confronta con il dono di profezia. La confronta con la conoscenza dei misteri. La confronta con la fede. La confronta con la beneficenza. Perché mai la Carità vale più della fede? La fede è il legame intellettuale tra l’anima e Dio. E qual è il fine di questo legame tra l’uomo e Dio? Rendere l’uomo simile a Dio. Ma Dio è Carità. Dunque la fede si compie nella Carità che è fine di tutte le virtù. E’ quindi evidente che la Carità vale più della fede. Così pure la Carità vale più della beneficenza perché il tutto vale più di una parte.
La beneficenza è solo una piccola porzione della Carità, una delle infinite vie della Carità, e può anche esistere – ed esiste di fatto -, molta beneficenza senza Carità.
E’ molto facile gettare una moneta a un mendicante per strada; di solito è più facile darla che rifiutarla. Eppure ci può talvolta essere Carità in un rifiuto.
Noi cerchiamo di liberarci per mezzo di quella moneta dai sentimenti di compassione che nascono in noi dallo spettacolo della miseria. E’ troppo a buon mercato, troppo a buon mercato per noi e spesso troppo caro per il mendicante. Se noi lo amassimo realmente, faremmo per lui molto di più o molto meno.

Segreto di successo

In seguito San Paolo confronta la carità con il sacrificio e col martirio. E qui mi rivolgo al piccolo gruppo di futuri missionari – vorrei chiamare alcuni di voi con questo appellativo per la prima volta – e vi invito a tener presente che, anche se darete il vostro corpo per essere arso, se non avete la Carità non vi servirà a nulla, a nulla. Non potete portare al mondo pagano niente di più grande dell’impronta e del riflesso della Carità divina sul vostro carattere.
Quello è il linguaggio universale. Vi occorreranno anni per parlare il cinese o i dialetti dell’India.
Dal giorno in cui sbarcherete, quel linguaggio della Carità, capito da tutti, spanderà inconsapevolmente il fiume della sua eloquenza.
Missionario e l’uomo, prima ancora di ciò che dice. Il suo carattere e il suo messaggio.
Nel cuore dell’ Africa, nella regione dei Grandi Laghi, ho incontrato dei negri, uomini e donne che ricordavano il solo uomo bianco che avessero mai visto, Davide Livingstone, e sulle orme dei suoi passi nel Continente Nero, il viso degli uomini ancora si illumina parlando del buon dottore pietoso che passò da quelle parti anni addietro. Essi non potevano capire le sue parole, ma sentivano che il suo cuore era vibrante di Carità.
Portate nel nuovo campo di lavoro, dove intendete fissare la vostra esistenza, quel fascino semplice e la vostra missione sarà un successo. Non potete portare niente di più come non dovete portare niente di meno. Inutile partire portando meno di questo. Potrete raggiungere qualsiasi perfezione, essere pronti a qualsiasi sacrificio, ma se date il vostro corpo per essere arso e non avete la Carità, tutto sarà inutile a voi e alla causa di Cristo.
L ‘ ANALISI

Dopo aver confrontato la Carità con queste cose, San Paolo ci presenta in tre versetti molto brevi una analisi impressionante di quella “cosa suprema”. Ascoltate.
La Carità, egli ci dice, è una cosa complessa. Come la luce. Allo stesso modo che lo scienziato prende un raggio di luce e lo fa passare attraverso un prisma e voi lo vedete uscire dall’altro lato del prisma diviso nei colori che lo compongono, rosso, blu, e giallo e viola e arancio e gli altri colori dell’iride, così San Paolo fa passare questa cosa, la Carità, attraverso il meraviglioso prisma del suo intelletto ispirato ed essa esce dall’altra parte divisa nei suoi elementi. E in quelle poche parole noi abbiamo quello che si potrebbe chiamare lo “spettro” della Carità, l’analisi della Carità. Osservate gli elementi che la compongono. Vi accorgerete che hanno dei nomi comuni, che sono virtù di cui si parla ogni giorno, che sono cose che possono essere messe in pratica da ogni individuo, qualunque sia il posto che occupa nella vita; vi accorgerete che sono tante piccole cose, tante virtù ordinarie, quelle che costituiscono il summum bonum.

Lo spettro della Carità ha nove componenti:

Pazienza “La Carità è paziente”.
Benignità “La Carità e benigna”.
Generosità “La Carità non è invidiosa”.
Umiltà “La Carità non si vanta, non si gonfia”.
Rispetto “La Carità non manca di rispetto”.
Altruismo “Non cerca il proprio interesse”.
Dolcezza “Non si adira”.
Magnanimità . “Non tiene conto del male ricevuto”. .
Sincerità. “Non gode dell’ingiustizia, ma si compiace della verità”.

Pazienza, benignità, generosità, umiltà, rispetto, altruismo, dolcezza, magnanimità, sincerità: costituiscono il dono supremo, la statura dell’uomo perfetto. Notate che tutte sono in rapporto con l’uomo, in rapporto con la vita, in rapporto con l’ oggi che ben conosciamo e col domani che ci aspetta e non con la misteriosa eternità. Taluni parlano solo d’amore verso Dio; ma Cristo parlò pure molto della Carità verso il prossimo. La religione non è una cosa astratta o una sovrastruttura, ma e l’ispirazione della vita secolare, il respiro dello spirito eterno attraverso il mondo temporale. La “cosa suprema”, in breve, non consiste in una “cosa” ma nell’ulteriore rifinitura dei molteplici gesti e parole che costituiscono la somma di ogni singola giornata.

Pazienza

Il tempo stringe, e non posso che accennare sorvolando a ognuno di questi ingredienti.
“La Carità è Paziente”. Questo è l’atteggiamento normale della Carità. La Carità è riflessiva, aspetta a cominciare, non ha premura; è calma, è pronta a fare il suo lavoro quando viene chiamata, ma nel frattempo dà prova di uno spirito mite e quieto. La Carità soffre ogni cosa, sopporta ogni cosa, crede ogni cosa, spera ogni cosa. Perché la Carità capisce e quindi aspetta.

Benignità

Carità attiva. Avete mai notato quanta parte della sua vita Cristo ha trascorso facendo cose buone, semplicemente facendo cose buone? Datevi una scorsa, tenendo presente questo pensiero, e scoprirete che egli ha trascorso gran parte del suo tempo semplicemente facendo felice la gente, beneficando la gente.
C’è una sola cosa al mondo più grande della felicità, ed è la santità: e non dipende da noi; ma quello che Dio ha messo nelle nostre mani è la felicità degli esseri che ci circondano e questo dipende in gran parte dal nostro atteggiamento benevolo verso di loro.
“La cosa più grande, che un uomo possa fare per il Padre celeste, dice qualcuno, è di essere benigno verso gli altri suoi figli’ , . Mi chiedo come mai noi non siamo tutti più buoni di quel che siamo. Quanto ve ne sarebbe bisogno! Che cosa facile! Come agisce istantaneamente! Come rimane indelebile! Come ripaga generosamente! poiché non c’é debitore al mondo più stimabile, superbamente stimabile della Carità.
“E benigna la Carità”. Carità significa successo, felicità, vita.
“La carità, diceva il poeta Browning, è energia vitale” , . “poiché la vita con le sue gioie e i suoi dolori Le sue speranze e i suoi timori Non altro e che la nostra possibilità di conoscere I’amore quale potrebbe essere, è stato ed è”.
Dove c’è amore c’è Dio. Chi vive nell’amore vive in Dio. Dio è amore, dunque amate. Senza calcoli, senza distinzioni, senza rinvii: amate. Date a piene mani, ai poveri, cosa molto facile, ma anche ai ricchi, che spesso ne hanno ancora più bisogno; e ancor più ai vostri pari, cosa difficilissima, e per i quali ciascuno di noi fa forse meno che per qualsiasi altro.
C’è una differenza fra il cercare di far piacere e il rendere felici. Rendete felici ! Questo è l’inesauribile e anonimo trionfo di uno spirito che ama realmente. “Viviamo una sola volta; qualsiasi cosa buona possiamo fare per un essere umano, qualsiasi servizio possiamo rendere, rendiamolo adesso . Non tardiamo, non trascuriamo alcuna possibilità perché non passeremo mai più per quella strada”.

Generosità

“La Carità non è invidiosa”. E’ la Carità di chi è in gara con altri. Qualunque opera buona intraprendiate troverete sempre chi fa la stessa cosa e probabilmente meglio di voi. Non siate invidiosi. L ‘invidia è un sentimento di astio verso coloro che sono sulla nostra stessa linea, un sentimento di rapacità e di detrazione. Molto spesso nemmeno l’attività cristiana costituisce una protezione contro sentimenti poco cristiani. Questo, che di tutti i sentimenti indegni che oscurano l’anima cristiana è il più riprovevole, ci aspetta inevitabilmente sulla soglia di qualsiasi impresa, se non siamo fortificati dalla grazia della generosità. Una cosa sola dovrebbe veramente invidiare il cristiano, ed il cuore aperto, ricco, generoso che “non invidia”.

umiltà

E poi, dopo aver imparato tutto questo, un’altra cosa dovete imparare: l’umiltà, per mettere un suggello sulle vostre labbra e dimenticare quello che avete fatto. Dopo aver fatto del bene, dopo che la Carità è penetrata nel mondo e ha fatto il suo magnifico lavoro, rientrate nell’ombra e non dite niente di quanto è avvenuto. La Carità si nasconde anche ai suoi stessi sguardi. La Carità ha persino ragione della vanità. “La Carità non si vanta, non si gonfia”.

Rispetto

Il quinto ingrediente di questo summum bonum, in certo qual modo inaspettato, è il rispetto. Questo è la Carità nella società, Carità in rapporto alle norme di buona educazione.
“La Carità non manca di rispetto”.
Si è detto che la buona educazione è carità nelle quisquilie. Il rispetto si può definire Carità nelle piccole cose. E il solo segreto della buona educazione è la Carità.
La Carità non può comportarsi in modo sconveniente. Potete introdurre la persona più rozza nella migliore società: se ha nel cuore un fondo di Carità non si comporterà in modo sconveniente. Carlyle ha detto di Roberto Burns che in Europa non c’era gentiluomo più autentico del poeta contadino. E ciò perché egli amava ogni cosa, il topo, la margherita e ogni cosa, grande o piccola, che Dio ha creato. Così, con quel semplice passaporto, egli poteva mescolarsi a gente di qualsiasi ambiente e frequentare principi e re, quando non era nella sua casetta sulle rive dell’ Ayr . Conoscete il significato della parola gentiluomo? Significa uomo gentile: un uomo che fa le cose con gentilezza, con Carità. Tutto il mistero sta lì. L ‘uomo gentile non può, per la sua stessa natura, fare una cosa non gentile, non da gentiluomo.
Invece I’anima non gentile è insensibile agli altri, è incapace di simpatia e di rispetto.

Altruismo

“La Carità non cerca il proprio interesse”. Notate bene. Nemmeno I’interesse proprio.
L ‘uomo si preoccupa, e giustamente, dei suoi diritti. Ma viene il giorno in cui I’uomo può esercitare un diritto superiore: quello di rinunziare ai suoi diritti. San Paolo non ci invita a rinunziare ai nostri diritti. La Carità va molto oltre. La Carità esige che noi non li ricerchiamo affatto, che li ignoriamo, che noi eliminiamo qualsiasi elemento personale dai nostri calcoli.
Non è difficile rinunziare ai nostri diritti. Sono spesso esteriori. La difficoltà è di rinunziare a noi stessi. Ancora più difficile è il non voler nulla per noi stessi. Dopo aver cercato, acquisito, guadagnato, meritato qualcosa, per quanto ci concerne, ne abbiamo già preso la crema. Piccolo sacrificio allora, forse, rinunciarci. Mentre il non cercare se stesso, il considerare ogni individuo non per quello che ha ma per quello di cui ha bisogno, questo occorre.
“Cerchi grandi cose per te stesso?” dice il profeta, “non cercarle” . Perché? Perché non c’é grandezza alcuna nelle cose. Le cose non possono essere grandi. La sola grandezza sta nell’amore non egoista.
Persino il rinnegamento di se stessi è nullo di per sè, anzi può essere un errore. Solo un grande scopo o un amore più potente può giustificare questo rinnegamento. Non esistono difficoltà per l’amore, niente gli è difficile. Per questo Gesù chiama leggero il suo “giogo”: perché, sulla scia del suo amore, tutto diventa non solo più facile, ma anche più felice. La lezione più evidente dell’insegnamento di Cristo è che non c’è felicità nel possedere o nel ricevere, ma solo nel dare. Ripeto, non c’è felicità nel possedere o nel ricevere ma solo nel dare. E metà dell’umanità segue una pista sbagliata nell’inseguire la felicità. Si crede che la felicità consista nel possedere, nell’ottenere o nel farsi servire dal prossimo. Mentre consiste nel dare e nel servire gli altri. “Quello di voi che vuol essere più degIi altri, dice Cristo, si metta al servizio degIi altri”.


Dolcezza

L ‘altro ingrediente è molto importante: la dolcezza: “La Carità non si irrita”. Ben strano trovare qui questa affermazione. Si considera abitualmente il malumore come una debolezza molto innocua. Ne parliamo come di una semplice infermità di natura, una tara, una questione di temperamento, non una cosa da prendere in seria considerazione nel giudicare il carattere di un individuo. Eppure qui, proprio nel centro di questa analisi della Carità, esso trova il suo posto: e la Bibbia a più riprese torna a condannarlo come uno degli elementi più distruttivi della natura umana. Quando c’e un vizio nelle persone cosiddette virtuose, questo è l’amarezza. E’ spesso la sola pecca di un carattere nobile sotto ogni altro aspetto. Conosciamo uomini e donne che sarebbero del tutto perfetti se non fosse per quella loro tendenza ad essere facilmente rannuvolati, impulsivi, suscettibili. Questa possibilità di coesistenza tra il cattivo carattere ed altre qualità morali è uno dei più dolorosi problemi dell ‘ etica. La verità è che esistono due grandi categorie di peccati: i peccati del corpo e i peccati dello spirito. Il figliol prodigo della parabola evangelica può servire di esempio per la prima, il fratello maggiore per la seconda categoria.
La società non ha dubbi nel giudicare che cosa sia peggio. Il vituperio cade, senza esitazione, sul figliol prodigo. Ma sarà poi così giusto? Noi non abbiamo una bilancia per pesare i nostri rispettivi peccati, e i giudizi comparativi non sono altro che parole umane.
Ma le deficienze della parte più elevata della nostra natura possono essere meno meritevoli di perdono di quelle della parte inferiore e, agli occhi di Colui che è amore, un peccato contro la Carità può apparire cento volte più spregevole. Nessuna forma di vizio – né la sessualità, né la sete di ricchezze, né l ‘ubriachezza – può scristianizzare la società quanto il carattere amaro.
Per amareggiare l’ esistenza, per disgregare le comunità, per distruggere i rapporti più sacri, per avvilire uomini e donne, per contristare l’infanzia, insomma per causare dolori a titolo assolutamente gratuito, non c’è di peggio che un cattivo carattere. Osservate il fratello maggiore: morale, laborioso, paziente, ligio al suo dovere, riconosciamogli tutte le qualità. Osservate quest’uomo, questo fanciullo che se ne sta imbronciato fuori della porta della casa paterna; sta scritto: “era pieno di rabbia e non voleva entrare”. Osservate l’effetto di questo suo atteggiamento suI padre, sui servi, sulla gioia degli invitati. Pensate all’effetto suI prodigo: e quanti prodighi sono tenuti lontani dal regno di Dio per colpa della mancanza di carità di coloro che professano di possederlo!
Come studio di carattere, analizzate il temporale a mano a mano che si addensa sulla fronte del fratello maggiore. Di che cosa è fatto? Di gelosia, di orgoglio, di rabbia, di mancanza di Carità, di crudeltà, di sicurezza di sè, di suscettibilità, di ostinazione, di musoneria: ecco gli ingredienti di quest’anima buia e priva di Carità. Salvando le proporzioni, questi sono gli ingredienti di un carattere amaro. Dite voi se i peccati del corpo siano più condannabili che vivere in questi peccati dello spirito e imporli al prossimo? Forse che Cristo medesimo non ha precisamente risposto a questa domanda quando disse: “Io vi dichiaro che i pubblicani e le meretrici entreranno prima di voi nel regno dei cieli’ ?” In verità non c’è posto in cielo per un tale atteggiamento. Un tipo del genere non saprebbe far altro che rendere il paradiso insopportabile a tutti. Pertanto se non “rinasce”, non può, veramente non può entrare nel regno dei cieli. Infatti è assolutamente certo – e non dovete fraintendermi – che per entrare in paradiso un uomo deve portarselo dentro. Vedete dunque perché il carattere amaro è significativo, non tanto per quel che è in se, ma per quello che rivela. Ecco perché mi permetto di parlarne in termini così crudi. E’ un banco di prova per la Carità, la rivelazione di una natura fondamentalmente poco caritatevole. E’ la febbre intermittente che mette in luce un malessere interno cronico; la bollicina occasionale che, salendo alla superficie, tradisce un’avaria in profondità; un campione dei più reconditi livelli dell’anima lasciato sfuggire involontariamente in un momento di abbandono; in una parola, la prova lampante di ogni sorta di stati d’animo peccaminosi. Infatti un solo scatto di malumore rivela istantaneamente una mancanza di pazienza, di gentilezza, di generosità, di cortesia. Non basta perciò combattere il cattivo carattere. Bisogna risalire alla fonte e modificare il fondo della propria natura, e gli umori rabbiosi scompariranno di per sè. Il cuore si ammorbidisce, non già cacciandone via gli umori acidi, ma mettendovi dentro qualcosa: un grande amore, uno spirito nuovo, lo Spirito di Cristo.
Cristo, lo Spirito di Cristo, compenetrandosi con il nostro stesso spirito, raddolcisce, purifica, trasforma ogni cosa: solo questo può sradicare quello che è falso, può operare una trasformazione chimica, rinnovare, rigenerare e riabilitare l’uomo interiore. Gli uomini non si trasformano per azione del tempo o di un atto di volontà, ma per opera di Cristo.
Perciò lasciate che sia in voi lo spirito che è in Gesù Cristo. Una volta di più ricordatevi che questa è una questione di vita o di morte. Non posso fare a meno di insistere per voi, per me; non date scandalo col vostro cattivo carattere poiché: “Chi avrà scandalizzato uno di questi piccoli che credono in me, meglio sarebbe per lui che si mettesse una pietra da macina intorno al collo e si gettasse nel mare profondo”. In altre parole, il chiaro verdetto del Signore Gesù e questo: meglio non vivere piuttosto che vivere senza amore, meglio non vivere piuttosto che non amare.

Magnanimità

Non tener conto del male è la grazia di accostamento verso la gente sospettosa. E il suo possesso è il gran segreto dell’influenza personale. Scoprirete, riflettendo un momento, che la gente che ci influenza è quella che crede in noi. In una atmosfera di sospetto la gente si chiude, mentre in un’atmosfera di fiducia si espande, si sente incoraggiata, e si educa alla vita sociale.
E’ meraviglioso che in questo mondo duro e ostile esista ancora qua e là qualche rara creatura che non pensa al male.
La Carità “non tiene conto del male ricevuto”, non cerca il movente, vede il lato buono di ogni azione, la spiega con benevolenza. Delizioso vivere con questa mentalità. Che stimolo, che benedizione incontrarla anche per un giorno solo ! Godere fiducia significa essere salvati. Se cerchiamo di influenzare o di sollevare gli altri, ci accorgeremo presto che il successo è proporzionale alIa loro fiducia nella nostra fiducia in loro, poiché nessun uomo potrà ritrovare il rispetto di sé stesso finché non si sentirà rispettato dal prossimo,. la figura ideale che ci facciamo di lui diventa per lui la speranza e il modello di quello che potrebbe divenire.

Sincerità

“La Carità non gode dell’ingiustizia, ma si compiace della verità”. Esprimo con “sincerità” il concetto contenuto nelle parole: “si compiace della verità”, poiché, per colui che ama, la Verità sarà I’ oggetto del suo amore non meno che il prossimo. Accetterà solo quello che è vero, sarà in cerca della verità con umiltà di spirito e senza pregiudizi e amerà quello che avrà scoperto a costo di qualsiasi sacrificio. Nelle parole di San Paolo è implicito il dominio di sé, che rifugge dall’approfittare dei peccati altrui, è implicita la Carità che non si delizia nel rendere pubbliche le debolezze altrui ma “copre ogni cosa”, è implicita la sincerità di propositi che si sforza di vedere le cose come sono e si rallegra se le trova migliori di quanto il sospetto lasciasse temere o la calunnia insinuasse.

Esercitarsi ad amare

Quanto precede esprime il nostro tentativo di fare un’analisi dell’ Amore. Ora, si tratta di inserire queste cose nel nostro carattere. Questo il lavoro supremo cui dobbiamo impegnarci in questo mondo, per imparare la Carità. Forse che la vita non è piena di occasioni per imparare la Carità? Ognuno di noi, uomini e donne, ha ogni giorno migliaia di queste occasioni. Il mondo non è un ricreatorio ma una palestra. La vita non è una vacanza, ma una educazione. E’ la sola eterna lezione per tutti noi e come possiamo amare meglio . Che cosa fa dell’uomo un buon giocatore di football? L ‘esercizio. Che cosa fa dell’uomo un vero artista, un vero scultore, un vero musicista? L ‘esercizio. Che cosa fa dell’uomo un buon linguista, un buon stenografo? L ‘esercizio. Non c’e niente di capriccioso nella religione. Valgono per lo spirito le stesse leggi, gli stessi sistemi che per il corpo e per l’anima.
Se l’uomo non tiene in esercizio le braccia non ne svilupperà i muscoli; e se non tiene l’anima in esercizio, non ne irrobustirà le fibre, non acquisterà né forza né bellezza spirituale.
La Carità non è frutto di una emozione entusiastica. E’ la ricca, solida, robusta, vigorosa espressione del cristiano nella sua interezza, è la natura assimilata a Cristo nel suo pieno sviluppo. E gli elementi che costituiscono questo carattere si possono acquisire soltanto con la pratica incessante della Carità.

Ravvivare la Fede

Non imprecate contro la vostra sorte. Non lamentatevi delle preoccupazioni incessanti, delle meschinità contingenti, delle vessazioni che dovete sopportare, delle piccole e povere anime con cui siete in contatto per ragioni di lavoro o altro.
Soprattutto non nutrite risentimento per le tentazioni che vi sono proposte; non siate perplessi se vi sembra che vi stringano sempre più da vicino, incessanti, nonostante l’agonia, gli sforzi, le suppliche. Questo è l’ esercizio che Dio ha voluto per voi, e questo esercizio compie la sua funzione rendendovi pazienti e umili e generosi e altruisti e buoni e cortesi. Non serbate rancore verso la mano che plasma l’immagine informe che ancora sta dentro di voi. Essa cresce in bellezza, anche se non ve ne accorgete nella quotidianità della vita. Non isolatevi. Rimanete in mezzo agli uomini, alle cose, ai fastidi, alle difficoltà, agli ostacoli. Ricordatevi delle parole di Goethe: “Es bildet ein Talent sich in der Stille, Doch ein Character in dem Strom der Welt. “ll talento si sviluppa nella solitudine (il talento della preghiera, della fede, della meditazione soprannaturale), ma il carattere si forma nel turbine dei contrasti umani”.
E’ lì soprattutto che gli uomini devono imparare la Carità. Ma sono solo elementi. La Carità in sé non si potrà mai definire. La luce è qualcosa di più che la somma dei suoi componenti: un etere ardente, abbagliante, irradiante. La Carità è qualcosa di più della totalità dei suoi elementi: una cosa palpitante, vibrante, sensibile, vivente. Mediante la sintesi di tutti i colori, l’uomo può ottenere il colore bianco, non la luce. Mediante la sintesi di tutte le virtù possiamo ottenere la virtù, non la Carità.
Ma allora, come può questo trascendente complesso vivente essere convogliato nelle nostre anime? Noi impegniamo la nostra volontà per impossessarcene, cerchiamo di imitare coloro che lo posseggono, legiferiamo intorno ad esso, vegliamo, preghiamo. Ma tutto questo da solo non riuscirà a portare la Carità nella. nostra natura. La Carità è un effetto: solamente se adempiremo le vere condizioni potremo ottenere l’effetto. Volete che vi dica quale è la causa ?