DOMENICA DI PENTECOSTE – Anno C
At 2, 1-11 ; 1 Cor 12, 1-11 ; Gv 14, 15-20
Lo
Spirito, il misterioso cuore del mondo, il vento sugli abissi, il fuoco del
roveto, l’amore in ogni amore, il Signore che dà la vita sia sempre con voi.
Senza
il fuoco dello Spirito il cristianesimo è arida dottrina, la Chiesa è solo
organizzazione, la Croce è pura follia, Gesù di Nazaret soltanto un grande del
passato. Con lo Spirito invece tutto è vivo. Domandiamo la sua presenza, che ci
porti per il passato perdono, per il futuro speranza e calore.
– Tu che sei la nostra pace e il nostro vento
libero, Tu che conforti e poi incalzi la vita, Kyrie eleison
– Tu che rendi Gesù Cristo contemporaneo a me, Tu
che riporti accese al cuore le sue parole, Kyrie eleison
– Tu che sei novità perenne, libertà gioiosa, Tu che
rendi nuovo il volto di ogni cosa, Kyrie eleison
OMELIA
Giorno di Pentecoste, 50° giorno dopo la Pasqua,
giorno in cui la Risurrezione è perfetta, è compiuta, raggiunge l’ultimo ramo
della creazione. E non riposerà finché non avrà rotolato via l’ultima pietra
dell’ultimo cuore.
Come
afferma Gesù con le parole che chiudono il vangelo: Io in voi e voi in me. Io in
voi, dentro, nell’intimo, nel profondo del cuore, nel solco della tua terra,
nelle pieghe della tua umanità. Lo Spirito porta semi di Cristo, li porta in
tutta la terra, in tutti gli uomini: del
tuo Spirito Signore è piena la terra, è piena, colma, tracima, trabocca,
non c’è niente e nessuno senza la pressione mite e possente dello Spirito di
Dio.
L’abbiamo
cantato al salmo responsoriale, rimane una delle affermazioni più belle e
rivoluzionarie di tutta la Bibbia: del
tuo Spirito Signore è piena la terra. Tutta la terra è gravida, ogni
creatura è piena, anche se non è evidente, anche se la terra ci appare invece
gravida di ingiustizia, di sangue, di follia, di crisi, di fame.
Queste cose svuotano la terra, lo Spirito invece la
riempie, riempie la terra di respiro, di soffio, di vento. E’ difficile
crederlo, lo so; non vediamo i fuochi dello Spirito, forse solo qua e là, e
raramente. Eppure è Parola di Dio, è esperienza dei profeti, è il mio Credo.
Per questo Spirito che riempie ogni cosa posso credere
nell’uomo e nella sua sterminata fatica; posso credere nella amicizia e nella
fedeltà e nella parola degli uomini. E posso credere anche in me stesso come
nodo, intreccio, tessuto di doni, come Paolo ricorda, come Gesù assicura: voi farete cose ancora più grandi delle mie!
Nella preghiera eucaristica tra poco pronunceremo una
delle frasi più intrise di speranza e di bellezza: Padre che nella potenza dello Spirito Santo fai vivere e santifichi
l’universo.
Due verbi di architettura grandiosa: fai vivere e rendi santo. L’universo
intero, il cosmo sterminato, e il più piccolo seme sono santi, sono vivi per la
potenza dello Spirito. Santità attorno a me, santità crescente, santità della
luce, santità del filo d’erba, santità del bambino che nasce, del giovane che
ama, dell’anziano che pensa.
Nel Credo noi confessiamo: credo nello Spirito che è Signore e dà la vita. Io credo in uno
Spirito che presiede le nascite, le gestazioni. Quando inizia qualcosa, quando
germoglia qualcosa, quando è il giorno di una creazione nuova, allora lo
Spirito è presente e sostiene la vita.
Per questo se fossimo dei credenti, veri credenti, non
dovremmo perderci d’animo, nemmeno quando la nostra vita personale o quella
collettiva ci apparisse come una terra arida, senza segni di vita, senza
trasalimenti, un grembo invecchiato e sterile, perché lo Spirito può aprire in
noi e fuori di noi, i germi ardenti di una nuova creazione, di una santità che
riparte alla conquista della città dell’uomo.
Pentecoste è la festa della insurrezione dello
Spirito, una rivoluzione che non abbiamo ancora colto appieno e realizzato e
che il racconto degli Atti riporta all’attenzione: venne dal cielo d’improvviso un vento impetuoso e riempì tutta la casa.
La casa dove erano insieme. Lo Spirito non si lascia
sequestrare in certi luoghi che diciamo sacri. Qui sacra diventa la casa. La
mia, la tua, e tutte le case sono il cielo di Dio.
Venne d’improvviso, e sono colti di sorpresa, non erano preparati, non
era programmato. Lo Spirito non sopporta schemi, è un vento di libertà, fonte
di libere vite.
Apparvero lingue di fuoco che si
posavano su ciascuno. Su
ciascuno, su ciascuno di noi. Nessuno escluso, nessuna distinzione da fare.
Tocca ogni vita.
E tutti li sentivano parlare nella
loro lingua nativa. La lingua
nativa di tutti gli uomini non è fatta di parole, ma di ciò che nutre le
parole, di sentimenti e di gesti. I gesti veri anche i bambini li capiscono.
Sono i gesti dell’affetto, della vicinanza, come quelli che papa Francesco ha
regalato in questi due mesi, che tutti capiscono, credenti e non credenti,
teologi e illetterati, perché esprimono la certezza più umana che abbiamo e che
ci compone tutti in unità: l’aspirazione all’amore, alla vita, alla pace. Lo
Spirito ha riempito la casa, ha acceso cuori, ha scatenato abbracci nel
Cenacolo. Chi non capisce l’abbraccio, lingua nativa di ogni uomo?
Il
Padre vi darà un altro Paraclito: che
in greco significa ‘Colui che è chiamato accanto’, lo Spirito ci è inviato come
‘Uno accanto a noi’, a nostro favore, non ‘contro’ di noi, perché quando il
cuore ci accusi, ci sia qualcuno più grande del nostro cuore: nostro Difensore.
Perché
quando siamo sterili e tristi, sia accanto come vento che porta pollini di
primavera, come fuoco che illumina la notte: Consolatore e Creatore.
Perché
quando siamo soli, di solitudine nemica, sia colui che riempie la casa, che rimane con noi per sempre, che non ci
lascia orfani. Nessuno è solo, in nessuno dei giorni. Lo Spirito è già qui, ha
riempito la casa. Se anche io non sono con Lui, Lui rimane con me. Se anche lo
dimenticassi, Lui non mi dimenticherà. Nessuno è solo, in nessuno dei giorni.
Con noi, per sempre. Proviamo a sentire vibrare per un momento questa
parola grande: per sempre. Noi gente
dell’istante, del momento che passa, in lotta con il tempo che ci sfugge, una
lotta in cui soccombiamo, proviamo ad ancorare la mente a qualcosa che dura,
che non si dilegua all’alba come un sogno, qualcosa che c’è e che durerà per
sempre: io durerò; è vangelo: io in
Dio, Dio in me. Io in voi, voi in me.
Il poeta latino Ovidio scrive
in un suo verso folgorante che non ha bisogno di traduzioni: Est Deus in nobis. Dio è in noi, e
santifica l’universo, e fa viva ogni cosa, ogni germoglio.
San Paolo dice che lo Spirito dentro di noi geme. Lo abbiamo
mai sentito il gemito dello Spirito? Forse sì. Quando ti capita, in certi
giorni amari, di reagire con aggressività e di rispondere male a chi è gentile,
e senti che questo ti esce dalla bocca e non vorresti e stai male, allora è lo
Spirito che geme.
Quando non sai perché sei
sgarbato, di malumore, insofferente con tutti, e capisci che è sbagliato,
questo è il gemito dello Spirito in te. O quando sei solo e desideri un amico.
Quando uno ti chiede la
carità e non la fai, e ritieni di essere nel giusto, ma dentro una voce che non
è contenta ti domanda: ma perché no? O quando fai l’elemosina lasciando cadere
una monetina dall’alto, ma ti guardi bene dal toccare la mano che chiede, non
tocchi la carne di Cristo che è il povero, allora lo Spirito di Dio geme.
Quando
il figlio adolescente entra in casa innervosito e stanco, non risponde neanche
al saluto, si chiude in stanza, non scende a mangiare il cibo che tu hai
preparato con amore, e fa star male poi sta male anche lui, questo è il gemito
dello Spirito.
Ritorniamo all’ultima espressione del Vangelo: “Voi
in me e io in voi”. Una notte Gesù parlando con Nicodemo pronuncia una delle
parole più alte della nostra vita spirituale: “Chiunque è nato dallo Spirito
è Spirito”.
Noi siamo nati dallo Spirito e siamo Spirito. Con
tutte le mie resistenze, io sono e dono Spirito. Con tutta la mia fragilità, io
sono figlio di Dio e Spirito di Dio. Pur con tutti i miei problemi Cristo è in
me, per sempre.
E
fa vivere e santifica il mio piccolo universo. Lo prende dentro il suo gorgo di
luce, per nuove nascite: “Voi in me e io in voi, per sempre”.
Vieni
santo Spirito
Te
invochiamo
Con
labbra e gole aperte
Con
mani inquiete e frementi
Con
braccia protese
Verso
l’alto verso il basso
O
non sappiamo più dove.
Vieni
Da
qualunque parte tu sia nel cosmo
In
qualunque recesso del tempo
Tu
sia occultato e annidato
Vieni,
vieni ora
A
colmare il vuoto e l’abisso
Vieni
come soffio
Vieni
come fuoco
Vieni
come lingua
Lìbrati
ancora ma non sulle acque
Innàlzati
come aquila
Sulle
pene della terra in attesa
E
da dove tu sei manda
Un
raggio un dardo di luce
Che
nella desolazione ci consoli.
Vieni
come
uccelli implumi nel nido
noi
attendiamo con fiducia
i
tuoi doni sempre nuovi
non
sette soltanto
ma
settecento o settemila
o
più ancora.
Vieni
consolatore perfetto
E
donaci vita oltre la vita
Vieni
come soffio
Vieni
come fuoco
Vieni
come lingua
(G.
Gasparini)