Giovanni, un giovane ingegnere affermato, fin da piccolo non riusciva a rassegnarsi all’idea del male e delle ingiustizie di questo mondo e conciliare il tutto con la bontà di Dio. Per questo si dichiarava ateo.
Un giorno, nel mese di settembre, venne a sapere dell’esistenza del saggio Elia, noto in tutta la zona, e si diresse verso il suo paese. Era convinto che neanche Elia gli avrebbe potuto dare una risposta soddisfacente.

Giunto presso la sua modesta abitazione bussò alla porta. Elia, nonostante fosse in procinto di partire per altre mete, lo accolse e lo fece accomodare nel suo piccolo salotto.
Giovanni disse: “Ho sentito parlare della tua saggezza.. Saresti disposto ad aiutarmi a risolvere un dubbio atroce che non mi abbandona mai?
– Dimmi pure – disse Elia pacatamente.
Con molta veemenza e con il tono della voce alterato, Giovanni esclamò: “Io non posso credere nell’esistenza di Dio!
Seguì una breve pausa di silenzio mentre i due si fissavano negli occhi.
– Lui però crede in te! -interloquì Elia.
Giovanni rimase un momento ammutolito e ripensava a quella strana frase.

Dopo qualche secondo riprese con una certa arroganza: “Io voglio essere realista: non ho chiesto di nascere e mi ritrovo in un mondo pieno di pericoli, sofferenze, malattie, disgrazie di ogni tipo, guerre, bambini e innocenti che soffrono la sete, la fame, le violenze. Se Dio è buono, come voi dite, non dovrebbe permettere tutto questo! E non venirmi a dire che in Paradiso tutto verrà dimenticato. Non posso credere a queste fandonie. Dio, se è tanto buono, poteva crearci direttamente senza farci soffrire!
Elia lo ascoltava con gli occhi socchiusi. Dopo una breve pausa gli disse: – Sei disposto a fare con me una piccola escursione in montagna?

Incuriosito della proposta, Giovanni accettò e decisero insieme la giornata più adatta.
Qualche giorno dopo si ritrovarono ai piedi della montagna prescelta, ma la giornata non era bella e nubi basse e scure impedivano di vederne la cima.
Giovanni era piuttosto titubante ma Elia lo incoraggiò dicendogli: – La montagna non è altissima, un po’ la conoscevo da ragazzo: saliremo lentamente. Ho la mia età ma ce la posso fare ancora.
Cominciarono la salita. Il sentiero ciottoloso a tratti era piuttosto impervio e mano a mano che salivano venivano immersi in banchi di nebbia improvvisi e più di qualche volta inciampavano alternativamente dandosi una mano per rialzarsi.
Dopo un po’ Giovanni osservò: – È proprio necessario procedere?
“Sì, è necessario! –  rispose Elia. E continuarono la salita.

Giovanni, ad un certo punto, stava per appoggiare la mano su una roccia ed Elia gridò: – Attento.. c’è una vipera! Giovanni ritirò in tempo la mano mentre il rettile era in posizione di attacco e si affrettò ad allontanarsi, inciampando di nuovo su un altro ciottolo. Elia si precipitò ad aiutarlo a risollevarsi. La stessa scena si ripetè diverse volte: Elia cadeva e Giovanni l’aiutava ad alzarsi, poi cadeva Giovanni ed Elia interveniva.
Quando Elia era piuttosto affaticato si fermavano e Giovanni lo soccorreva dandogli da bere dell’acqua dalla borraccia.
Dopo tre ore di cammino sbottò Giovanni: Non si arriva mai!  Che senso ha tutto questo? -Ha senso, ha senso! – rispose Elia con calma.

Giovanni pensava che Elia fosse davvero un povero pazzo e che non meritava tutta quella fama.
Improvvisamente le nubi si diradarono e procedendo nel loro cammino, in dieci minuti si trovarono sulla cima della montagna.
La vista era stupenda: tutto attorno c’era un soffice manto di nubi che come batuffoli di cotone si estendevano fino all’orizzonte, mentre il cielo azzurro faceva da cornice a quello spettacolo.
Giovanni si sedette, si asciugò il sudore della fronte e rimase incantato ad osservare tutto nei minimi particolari. Elia condivideva con lui lo stesso spettacolo.
Poi cominciarono a consumare il cibo che Giovanni si era portato dietro lo zaino e che condivideva volentieri con Elia.

Dopo un periodo di estatico silenzio, Elia cominciò:
– Vedi Giovanni, la sensazione che noi proviamo è insolita. Se  cominciamo a descrivere nei minimi particolari ciò che vediamo, non riusciamo a goderci questo spettacolo.
Così è la vita. Il cammino è tortuoso e nebuloso e non riusciamo a vederne la meta. Spesso siamo inciampati ma ci siamo aiutati reciprocamente  a risollevarci. Avevamo fiducia l’uno dell’altro, nonostante la nebbia, le rocce, i pericoli, le vipere, le salite scoscese. Ora siamo qui, stanchi, ma rilassati.
Cosa dici, ne valeva la pena?
Ci siamo soccorsi a vicenda: non senti in te una interna soddisfazione nell’avermi aiutato a risollevarmi, nell’avere condiviso il tuo cibo?
Nella vita siamo immersi in un mare di difficoltà perché siamo destinati alla libertà. Il fatto che dentro di noi proviamo un senso di gratificazione nell’aiutare chi si trova in difficoltà ci dimostra che siamo stati creati dall’Amore e che proveniamo da Lui. Noi stiamo qui a contemplare il paesaggio dopo molte fatiche e pericoli, ma nonostante ciò ce l’abbiamo fatta. Ha prevalso l’amore. E l’amore è il vero Paradiso, perché Dio è Amore.

In questa vita così faticosa noi ci stiamo allenando per prendere coscienza che solo l’Amore trionfa…
Dopo qualche ora ridiscesero fino ai piedi della montagna.
Giovanni diede uno sguardo alla cima che era diventata più nitida perché le nubi si erano dissolte.

Salutò Elia e tornò a casa. Da allora in poi si diede da fare per soccorrere i bisognosi e sentiva crescere in lui la fiducia nel Dio-Amore.