Il simbolo è un modo di comunicare tipicamente umano. È un segno caricato di un messaggio che va al di là della semplice materialità.

Il colore rosso, ad esempio, è un segno evidente. Quando è sulla bandiera diventa simbolo perché ha un significato ulteriore: il sangue dei martiri.

Il segno, quindi, è materiale e ha un significato per tutti, il simbolo invece comunica un messaggio particolare che supera la semplice dimensione materiale.
Il poeta si avvale dei simboli tramite metafore ed allegorie per esprimere sentimenti ed emozioni inesprimibili.

Le associazioni umane usano il logo, che è un simbolo,  per identificarsi e comunicare anche le loro finalità.
Le religioni si avvalgono di una giungla di simboli per le loro liturgie per esprimere il sacro, il rapporto con la divinità che non può essere chiarito solo con le parole.

L’uomo ha bisogno di simboli.
Il neo-positivista non se ne cura perché vorrebbe spiegare tutto attraverso il rapporto causa-effetto usando la sola intelligenza razionale.

Ma anche il matematico che si avvale dei segni da lui stessi creati deve ricorrere ai simboli se vuole procedere nella sua ricerca, perché essi alimentano la sua intuizione..

Il linguaggio comune stesso è carico di simboli.
L’uomo non può fare a meno dei simboli perché tramite essi comunica l’incomunicabile.

Il mistico ricerca Dio partendo dalla realtà materiale in cui si trova. Ma non si limita a decifrare i segni che scorge in sè e nell’ambiente in cui opera. Egli desidera andare oltre per tentare di intuire il fine delle cose e della vita.

Non gli basta la mediazione del segno: egli desidera comprenderlo nel contesto , proprio perché intuisce che esiste una dimensione superiore qualitativamente a quella spazio-temporale. In questo caso l’attività simbolica è il ponte tra le due dimensioni.

I razionalisti dalla mentalità orizzontale spiegano che l’uomo comune ricorre alla religiosità perché ignora molte cause dei fenomeni che non sono state ancora scoperte dalla scienza, ma il giorno in cui quest’ultima riuscirà a farlo, secondo loro, si dissolverà anche l’atteggiamento del religioso “credulone” e “superstizioso”.

Ma non è così. L’uomo ha una natura “mistica” perché non si accontenta delle risposte razionali, ma desidera comprendere perché soffre o ama e chi gli ha donato l’esistenza. Quando viene privato di questa dimensione si sente meno uomo, perché privato della sua peculiarità di essere mistico che lo spinge ad andare oltre la sfera animale per inabissarsi in quella che viene denominata “spirituale”.

Pier Angelo Piai  (dopo l’ascolto di un’omelia di p.Lino)