PRESENTAZIONE   “Il cielo cammina tra noi”

Stavamo conversando insieme, nel convento dei Cappuccini, quando padre Andrea Panont mi dice: « A proposito mi metti giù due parole di presentazione per l’ultimo libretto che sto per pubblicare?».
Così con il solito sorriso da fanciullo, mi propone un servizio più per i lettori che per se stesso.
E cordialmente accolgo il suo invito.

Il titolo, come quelli delle sue composizioni precedenti, è sorprendente e avvincente: Il cielo cammina tra noi. Mentre rimugino e gusto l’originalità del titolo, padre Andrea mi presenta i fogli del testo che sollecitamente metto in borsa.

Il cielo cammina tra noi; ma il cielo è in alto, per guardarlo si alza sempre il volto, la testa si piega all’indietro. Ma dov’è questo cielo? Il cielo è per antonomasia separazione, distanza. Se chiedi a un bambino ancora in braccio a mamma o papà: «Dov’è il cielo?», te lo indica alzando il braccino
e con il piccolo dito, elevato diritto, fa capire che il cielo è in alto.

Ma mentre tu contempli quel piccolo, amabilissimo gesto, prendi coscienza che il cielo è anche lì con te, avverti che il cielo è intimo a te, ti senti fasciato da qualcosa di nuovo, di grande, di bello, di vicino di cielo, appunto!
E ne godi.
Ecco quel godere è proprio l’esperienza che il cielo cammina tra noi. Per esprimere l’onnipresenza di Dio noi diciamo che Egli è l’immenso. È proprio l’immensità di Dio che assicura la presenza celeste del Dio fra noi.

Quanto più si approfondisce questa affermazione, tanto più si comprende che questo atteggiamento motorio è l’atteggiamento di una Persona che fa parte del nostro vivere, della nostra storia.

“Cielo” nel suo significato più profondo e più estensibile è un atteggiamento che compete compiutamente a Dio. Se questo cielo non fosse vivo, mobile, comunicante, non sarebbe niente.

Mi sembra necessaria per noi la percezione cosciente che il cielo, nel senso più profondo globale, è sinonimo di Dio; ma è anche l’opera di Lui. Questo cielo che cammina tra noi, è stato visto, compreso, vissuto e cantato in maniera eccelsa e – in un certo senso unica – da san Francesco nel suo Cantico delle
Creature. Francesco è ciecuziente, ma proprio ora vede il cielo di più e meglio di quanto non lo vedesse prima. Il cielo avvolge tutte le creature presenti e lemanifesta nella loro bellezza, utilità e origine divina; sono presenza-parola vive fra noi.

Per vedere questo cielo bisogna avere la lente dei santi: l’amore. Prima di tutto l’amore di Dio e poi quello “povero” se volete, ma reale: il nostro.

Anche padre Andrea ci offre, con questa sua ennesima pubblicazione, una serie di spunti per cogliere quel frammento di cielo che cammina con noi e da cui emana una luce divina che ti fa leggere gli avvenimenti con uno sguardo nuovo e trasfigurante.

Da carmelitano, l’autore ci regala tutto questo con la semplicità di Santa Teresa di Gesù Bambino e la profondità di san Giovanni della Croce.

A padre Andrea va il nostro corale grazie per questi doni offerti dal suo sguardo contemplativo; gli auguriamo che non gli venga mai meno l’ispirazione che ci aiuta a prendere coscienza di essere e respirare in questo stupendo cielo  che cammina con noi.

Thiene, 9 luglio 2010
 P. Flavio Roberto Carraro
Vescovo emerito di Verona