Dal Messaggero Veneto del 27/01/03
di Renato Elia

VITA

Pensieri per la pace


Quante parole contiene il vocabolario della lingua italiana? Moltissime eppure nel parlare quotidiano se ne usano una quantità limitata e, oggi, il consumismo ha imposto un suo dizionario fatto di “parole-cosa” indicanti oggetti che, nella maggior parte dei casi, non servono proprio a nulla se non a creare spazzatura.

Anche i molti programmi televisivi hanno adottato questo metodo: dalla banalità alla stupidità per presentare la, solita, pubblicità!
Ciò che maggiormente preoccupa è la quasi totale dimenticanza del parlare “democratico” sostituito da un volgare lessico di suoni, anzi di rumori, di frasi atte solo alla ricerca dell’azione distruttiva dell’avversario, alla vittoria a tutti i costi senza alcuna regola o limite.

Persino la salute dei cittadini si trova invischiata in affari di profitto, con la gioia dei pochi che, nei diversi ruoli, si ritrovano con stipendi e buoni premi che superano, facilmente, le centinaia di migliaia di euro.
Proviamo a scrivere alcune parole che leggiamo sui quotidiani: guerra, terrorismo, morti, feriti, bombe, strategie, conflitto, armi, sterminio, missili, atomica, fucile, soldati, distruzione, muri, e tante altre ancora.

È difficile mantenere la mente in uno “stato” di buon senso con questa ripetizione e bombardamento di desideri di distruzione che i signori di potere si sentono in dovere di esprimere. Sono decenni che si assiste alla disgregazione della Terra Santa eppure alla diplomazia, alla cooperazione, all’altruismo, alla via del dialogo si preferisce quella dell’odio esasperato. Vorrebbero farci credere che la giustizia ha bisogno della forza, ma quale? Non quella della brutalità ma quella della ragione e dell’intelligenza applicata alla corretta distribuzione delle risorse, economiche, culturali e sociali.

Noi popoli del benessere e della grande civiltà, che definiamo essere democratica per non sentirci in colpa, abbiamo a che fare, però, col nostro vizio: quello di possedere il tutto.
L’Etiopia è alla fame, Sarajevo l’abbiamo già dimenticata eppure stiamo arrivando alla clonazione, alla riproduzione tecnologica dell’individuo e questo non per amore ma solo per vincere… contro chi?

Allora io preferisco essere un diverso, un uomo dell’umanità umana, dove ai bambini si arreca gioia e tenerezza e al prossimo si tende la mano per camminare insieme su quel sentiero della storia che ci accomuna nel grande progetto della vita.

Renato Elia
Gorizia
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