dal Messaggero Veneto del 17/12/02
di Giorgio Lago
IL SILENZIO DI DIO
SOCIETA’ SENZA SACRO
di GIORGIO LAGO
Con antica allusione biblica il Papa afferma una cosa tremenda: «Oltre alla spada e alla fame, c’è una tragedia maggiore, quella del silenzio di Dio, che non si rivela più e sembra essersi rinchiuso nel suo cielo, quasi disgustato dell’agire dell’umanità».
Dio tacerebbe per colpa nostra. E non bastasse si rinchiude nel “suo cielo”.
Per paradosso cioè l’unico luogo eternamente aperto alle domande e alle paure degli uomini.
Subito l’istituto Cirm intervista a campione 367 persone alle quali domanda se condividano la dichiarazione del Papa. Il 67 per cento di loro risponde sì, è del tutto d’accordo con lui.
Ecco. La vera tragedia del Papa cattolico s’intuisce, a mio parere, proprio da questo indizio di largo consenso raccolto dalle sue impietose parole.
In realtà, «il silenzio di Dio» appare al giorno d’oggi un’angoscia spirituale per niente maggioritaria, anzi ampiamente in minoranza , periferica o quasi rispetto al centro della vita quotidiana, del tutto sovrastata dal rumore della società senza sacro.
È questa società a confidare sempre meno in paradisi e inferni diversi da quelli laici di giornata. È troppo occupata per preoccuparsi di Dio.
L’annuncio del silenzio divino fa notizia, titolo, sondaggio, dibattito, secondo il normale canone dell’informazione. Fa alone, un sì o un no fra gli innumerevoli sì, no e non so d’opinione pubblica. Comunica l’emozione dell’attimo in un flusso di attimi. Oltre non passa.
È solitario il sentimento del Papa; di massa è soltanto la sua audience. Un sentimento meditativo come il deserto si consuma in poche ore tra gli addobbi urbani di Babbo Natale. Temi eterni durano lo spazio di un mattino globale.
No. Se il 67 per cento di noi patisse davvero lo stesso tipo di tormento svelato dal Papa, saremmo altre persone, vivremmo in modo parecchio diverso, avremmo altre aspettative con tutt’altra nozione del tempo davanti a noi.
Pur nel brusio di fondo, riusciremmo ancora a far parlare Dio con qualche Parola maiuscola e a percepirla anche sottovoce.
Se a grande maggioranza credessimo fino in fondo che Dio tace perché «disgustato» del nostro mondo, dovremmo sentirci attraversati da un brivido esistenziale senza paragone. Almeno in 67 su cento saremmo impauriti dal fallimento, terrorizzati dentro, soli quanto e più del Papa. Oppure, allo stesso tempo, ci sentiremmo infinitamente amati e aspettati anche se da un Dio deluso.
Ma non crediamo, questo il fatto. Non crediamo né al silenzio né alla parola.
Un giorno chiesero a Siné, geniale caricaturista francese, che cosa pensasse di Gesù: «Non lo conosco», rispose.
A maggioranza di sondaggio si è sempre pronti a condividere la religiosa malinconia di Karol Wojtyla, ma senza nemmeno ipotizzare che il silenzio di Dio piombi e pesi realmente su di noi. Che ci riguardi. Che abbia conseguenze. Che ci inquieti o renda infelici. Che possa funzionare da detonatore dell’anima, da nuova Gerusalemme interiore.
Dio tace da quando non gli si rivolge più la parola.
Il silenzio è tutto nostro, compreso il suo.
Abbiamo ereditato il rito cristiano quanto un bene immobile, quanto una muta tradizione di famiglia. A volte, il dubbio sembra il massimo possibile di questa ultima fede privata.
Dio è innocente del suo tacere al mondo. Tuttavia non siamo colpevoli noi se non ce la facciamo più ad attenderci ogni giorno che il Signore venga sulle nubi, come s’aspettava San Paolo.
Da tempo le nubi della modernità toccano invece terra e qui è di casa la razionalità d’Occidente, più rasoterra e orizzontale che mai. Ma la preghiera è verticale come le cattedrali gotiche e come lo sguardo dell’Assunta di Tiziano: a cielo basso, non c’è preghiera.
Lo sapeva profeticamente anche il “servo di Dio” Turoldo, convinto che perfino la Chiesa non riuscisse più a toccare il cielo e che per questo corresse il pericolo di obbedire più al Papa che allo stesso Dio. Padre David del Friuli considerava un dramma epocale per la Chiesa il rischio che si riducesse a una cattedra di etica umana, tanti consigli pastorali e pochi salmi.
«Dio non si rivela più», attesta ora il Papa del terzo millennio. Presenza e/o assenza di Dio sembrano sempre più coincidere, nonostante la grande tenerezza del suo vicario nello scrutare il mistero.
Il Pontefice polacco racconta infatti di un Dio silenzioso ma, a guardar bene, tuttora vicino, tutt’altro che irraggiungibile. Questo Dio dal volto d’uomo, così poco onnipotentemente biblico, reagisce da padre deluso e, in un angolo del suo cielo, si rifugia senza trono né trombe, accompagnato soltanto da pensieri e da disgusti paterni.
Anche senza saperlo, forse quel 67 per cento degli italiani intende con il sondaggio dichiararsi semplicemente orfano di senso. Più che il «silenzio di Dio» teme il baccano delle voci usa e getta.
Forse è così.
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