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Del primo amore non si scorda nulla: l’arrivo nella piazzola dove una dozzina di bambini parlano una lingua a me sconosciuta; il pacco degli affetti personali che si sfascia e precipita sparpagliandosi a terra, spaghetti e vaso da notte compresi, con grandi risate dei ragazzini e scompiglio della cagnetta.

L’ingresso nella vecchia canonica polverosa e ragnatelosa, nell’ aula scolastica dal pavimento traballante, dove a tratti una sedia sfonda e dell’alunno non vedo più la faccia ma un paio di scarpe brancicanti nell’aria. E le pareti sbrecciate che perdono, con la pioggia che, carina, viene spesso a farci visita. La legna per la stufa che a novembre e già finita e noi tutti, muniti accette, seghe, funi e gerle scendiamo per i crepacci a fare rifornimento.

Una pacchia un intero giorno di vacanza! E quando la neve si accumula contro la porta della canonica mentre il maestro spinge ma non può uscire:
“Fermo maestro, aspetti, arriviamo noi,gli spalatori!” Altro bellissimo giorno di vacanza!

“ Fermo maestro?” Con allievi di questo carattere, di tale iniziativa e di tanta allegria, un solo maestro può abbattere i monti o scavalcare i fiumi. E noi lo abbiamo fatto. Voi anzitutto. Che come gli stambecchi eravate in grado di percorrere lo sconnesso sentiero di centro a velocità suicida.

E ancora, la cattura dei picchi rossi, la loro gioiosa liberazione, le lezioni a primavera sotto i ciliegi, la salita del monte joanaz, lo studio delle stellemisto al parlottare delle case, all’odore famigliare del letame che percola fin sulla strada,l’arrivo della bidella-mamma-postina-tuttofare,gli incroci con il saggio sacrestano alto e serio e un po’ burbero, la visita del direttore di Faedis.

E poi, a condimento, mettiamoci Nerina, che oggi ci ospita e a cui va il mio grazie per l’impegno, Nerina che si faceva accompagnare dalle due gemelle per riuscire a confessarmi, rossa in volto, che mi voleva sposare. Ed ragionevolmente a cercare di dissuaderla. Dato l’esito oggi sottogli occhi di tutti, sembra che ci sia riuscito.

Nella vostra giovane innocenza siete stati la classe più cara che io ho avuto, quella che non ho mai potuto dimenticare.
Mi rimane un rimpianto: di non essermi fermato con voi più a lungo e di non aver raccolto in un volume la vostra parlate materna, oggi perduta. Al pari della specie di piante e di animali che l’ecologia ogni giorno denuncia come perdita irreparabile.

Grazie in fine dal profondo del mio cuore per aver realizzato questa splendida giornata.

Clap di Faedis, 19 maggio 2002-

Maestro Luigi

Ritorno a clap

Nel Paradiso perduto

Al sole
Contro i ciliegi e la vetta del campanile eravate un grappolo,
il più bel grappolo
della vite di Clap arrampicata sulla roccia,
i chicchi che la vita ha poi spiccato e spremuto
e fatto vino.

Un lungo cammino
di quarantadue anni.
Che ha visto in fasi successive:
la vendemmia, la spremitura, la fermentazione, il travaso, l’imbottigliamento.

Quale gioia, la vendemmia!
Con l’adolescenza, prima e seconda, i canti della sera, i primi turbamenti, i molti sogni, l’estasi, il domani, le prime fughe, via dal paesello, nelle vaste pianure, oh, il grande mondolungo le strade tumultuose dove tutto si espande e si fa vertiginoso.

E poi la spremitura.
Con le responsabilità in prima persona, le lunghe ore di studio, l’apprendistato,
l’indecifrabile futuro, la ricerca di un lavoro,di una casa, del denaro.

Ancora la fermentazione.
Con l’amore, la famiglia, i figli, i rapporti sociali, i genitori che vanno invecchiando e si fanno impegno, una società in turbamento, un ritmo troppo accelerato, ansiogeno, esaltante ma pure qua e là mortificante.

Cui fa seguito il travaso.
Con il frutto della terra che canta nei tini, il sudore della fronte che si fa sostanza, la maturità che guarda ormai senza più tema la vita.E infine l’imbottigliamento.
Ecco il vino che andrà a prendere la forma ed il gusto ultimi e definitivi: da cui i brindisi, gli evviva, quel poco o quel tanto di utile ebbrezza.

E ancora, come oggi 19 maggio 2002, il ritorno alla terra, alla collina, al sasso, per un esame delle vite fin qui percorse, e perciò il doveroso ritorno alle origini per specchiarci in quello che è stato il sole della fanciullezza.

Il Maestro