Riflessione del parroco, mons. Guido Genero, apparsa sul Bollettino parrocchiale “Raggi di vita” di ottobre 2001
Pregare contribuisce alla maturazione e all’equilibrio
I gravissimi attentati dello scorso 11 settembre negli USA hanno posto in luce, tra gli altri aspetti, una singolare attualità del sentimento religioso come risorsa dei singoli e dei gruppi di fronte alle sfide della vita. Protestanti, cattolici, ma anche ebrei e islamici hanno fatto ricorso alIa preghiera, sia personale che pubblica, mostrando che almeno per i credenti, la reazione di fronte a lln male tanto spaventoso non poteva ridursi alIa paura e alIa depressione, ma doveva e poteva esprimersi a un livello di coraggio e di profezia di fede.
Non è stato soltanto un atteggiamento di rifugio o autodifesa: molto di più, la preghiera costituisce un tratto dell’esperienza umana che riannoda i rapporti con Dio, per riaffidarsi a lui, per comprendere se stessi e il mondo quando ci sarebbe la tentazione di arrendersi all’assurdo o di rispondere al torto subito con violenta ritorsione.
In tal modo, la preghiera diventa una attività umana che consolida le relazioni comunitarie, ripropone i riferimenti religiosi di base, ricolloca le decisioni e gli affetti in una sfera liberata dall’odio, per cui ha ancora significato vivere e operare anche quando la violenza minaccia la distruzione.
Tuttavia, la preghiera non può e non deve essere utilizzata nei soli periodi di calamità: essa fa parte delle “abilità” del credente in ogni ora e in ogni giorno dell’esistenza, poiché si iscrive nei linguaggi della relazione di fede come tratto permanente e abituale.
Tale era a preghiera del pio israelita nel corso della giornata e dell’anno, come testimonia l’ Antico Testamento e particolarmente il libro biblico dei Salmi.
Gesù di Nazaret, nostro Dio e Salvatore, è vissuto in costante atteggiamento di preghiera verso il Padre, sotto la guida dello Spirito Santo, manifestando uno stile di vita che, restando aperto all’incontro con l’umanità e la natura, sapeva immergesi totalmente nella comunione con Dio. I suoi discepoli di ieri e di oggi, quindi anche noi, imparano da Lui il senso e il modo corretto della preghiera: non un semplice sfogo psicologico per vincere l’ansia, non una compensazione alIa precarieta della condizione umana, ma un dialogo con Colui che ci conosce e ci ama, un intenso scambio di ascolto e risposta verso Chi ci ha interpellati, chiamandoci alla vita e alIa fede, un abbandono fiducioso in Chi ci attende nel nostro futuro.
La preghiera personale si iscrive cosi neII’orizzonte della nostra identitità di creature e nella consapevolezza di tutte le nostre dimensioni. compresa quella interiore e spirituale che ci qualifica come interlocutori di Dio stesso. Allora il cristiano saprà pregare, riconoscendo e adorando la grandezza infinita, ringraziando e invocando l’infinita bontà, chiedendo perdono e sostegno all’assolta misericordia di Dio.
Pregare. in modo spontaneo o utilizzando le formule consegnateci dalla tradizione cristiana. non sarà esercizio di interessata adulazione. ma apertura del proprio essere a colui che merita davvero la nostra completa dedizione.
Mons. Guido Genero – Parroco