Crescere nella partecipazione pastorale

ll’inizio del terzo millennio cristiano, la chiesa cattolica si trova di fronte a un’altra svolta del suo plurisecolare
cammino. È una condizione che ormai si diffonde in tutte le comunità dei cinque continenti, anche se deve affrontare ad ogni latitudine situazioni evidentemente diverse. Questa svolta si può indicare con il termine nuova partecipazione: che cosa significa? Già con il Concilio Vaticano II (1962-1965) ogni cristiano è stato interpellato a far parte più viva e cosciente della chiesa. Ora, proprio per i vasti cambiamenti che la coin-volgono, la Chiesa ha bisogno di una più attiva appartenenza, che trova la sua radice nel Battesimo e nel dono della vita divina, che da esso deriva, e vede nell’esercizio dei ministeri la testimonianza concreta che ne consegue.

Essere e vivere da cristiani comporta insomma la fondamentale percezione che la vita è servizio, che la fede può suscitare la fraternità, che la speranza si trasforma in solidarietà.
Anche la nostra chiesa diocesana, da anni impegnata nella medesima prospettiva, si sta interrogando su come meglio servire le tante comunità parrocchiali, quando vengono a mancare i preti che non trovano successori.
Si cerca perciò di promuovere la ministerialità dei cristiani laici, nel contesto di una pastorale di comunione.
La nostra stessa comunità parrocchiale si trova ora nelle condizioni di penuria ministeriale è così sollecitata a chiudersi – dopo averlo già fatto negli anni scorsi – come diventare una fraternità sostenuta da uno stile di servizio più diffuso
ed efficace.

Da questa consapevolezza – su cui si è riflettuto nell’incontro del 3 marzo scorso – scaturisce l’appello ad una più matura partecipazione alle istanze spirituali e pastorali, in modo da poter rispondere alle esigenze gli uni degli altri, con uno
slancio che sollecita volontariato, ma anche alla preparazione secondo le possibilità di ciascuno.
Diverse attività pastorali hanno bisogno dell’intervento collaborativo di nuovi operatori nel settore catechistico (specialmente rivolto agli adulti), giovanile, liturgico, caritativo, e sociale, culturale,amministrativo e gestionale. Gli organismi parrocchiali, le associazioni e i gruppi continuano la loro azione e anzi la potenziano per alcuni aspetti: ma solo se tutti i fedeli si sentono coinvolti in questa rinnovata vocazione, l’opera dei più generosi troverà l’ambiente adatto per svilupparsi e far crescere tutta la comunità. Ognuno offra la disponibilità di cui è capace.
Grazie e felice Pasqua del Signore!

Mons. Guido Genero, parroco

La cultura del sospetto

La ricerca e l’accettazione della verità esercizi impegnativi e faticosi;più semplice, ed anche divertente, pensare
che…. Questa nostra bella città è abitata da famiglie e da persone che provengono dalle zone più diverse dell’Italia e di
tutto il pianeta. È una situazione nuova, che va affrontata con intelligenza, arricchita dalla saggezza derivante dalla conoscenza della Storia e della situazione economico-politica mondiale. Se ci abbandoniamo al vezzo dell’accettazione
supina di tutto ciò che ci circonda ed all’improvvisazione per la soluzione dei problemi derivanti, diventeremo degli egoisti, chiusi ermeticamente intorno ai nostri averi ed agli interessi strettamente personali. La reazione a una non conoscenza dei problemi ed al timore di essere ingiustamente sopraffatti dalla nuova situazione, ci condurrà dritti all’instaurazione della cultura del sospetto. È un grave indice di debolezza, che si manifesta con la creazione fantasiosa di congetture circa i comportamenti di questa o di quell’altra persona, creando un circolo vizioso che conduce all’isolamento (proprio e degli altri). È la reazione del debole, che non vuole “partecipare”, che non desidera essere disturbato e distolto dalla consolidata quiete olimpica che lo circonda e lo avvolge come un bozzolo di soffice bambagia.

Cari amici, credo che sia maturato il tempo di essere presenti,di abbandonare, ogni tanto, l’abbraccio rassicurante sopitorio della comoda poltrona, orientata permanentemente verso il video, che tutto fa dimenticare; anzi, spesso rassicura, dicendoci esattamente quello che desideriamo sentire. Fuori dunque! In mezzo agli altri. Riscopriamo il piacere del dialogo, della cordialità e del colloquiare in maniera costruttiva. Impariamo a conoscere anche gli altri: i bisognosi, i diversi che spesso, più impauriti di noi, ci guardano e ci trasmettono messaggi che ignoriamo, perchè forse è meglio non capire o non sentire.
Ecco cosa fanno quelle persone che cercano di rendersi utili, di proteggere i giovani e di sostenere gli anziani, anelli deboli e trascurati della catena sociale: stanno con loro, progettano, incoraggiano, sostengono, discutono.
E nessuno guadagna un soldo bucato.

Ognuno spende, o cerca di spendere, i talenti che ha
ricevuto, gratis. Nessuna delle nostre (e vostre) strutture viene utilizzata a scopo di lucro o per realizzare interessi personali.
Anzi, ci procurano continuamente problemi, che riguardano sia la più banale delle manutenzioni che, in particolare, la cura e la gestione. E allora? Dov’è il “guadagno”? È dentro ciascuno di noi. È l’intima soddisfazione di avere partecipato, proposto, realizzato. È solo attraverso la partecipazione.
È una cultura di proposta, di presenza e di attività, sostenuta ed alimentata dalla preghiera, che non è faccenda destinata ai bambini ed alle “pie donne”. È una pratica che dà forza, dignità e certezza.

Partecipare, esserci, dà forza. La debolezza appartiene a coloro che “credono di non credere”. Allora, sostituiamo
la cultura del sospetto e del giudizio facile con quella della conoscenza, maturata attraverso la partecipazione.
Buona Pasqua!

Antonio Bocchi. Direttore Consiglio Pastorale

“Quando giunsero sul luogo detto Cranio, lo Crocifissero”
(Lc 23,33)

L’abbiamo sempre accolto.
Esposto nelle case, nei crocicchi delle strade. Rappresentato in immagini per adorare città, musei, chiese, montagne,
a rendere quasi poetica la fatica nell’andare per cime. Ed ora dà fastidio,disturba quell’ebreo appeso alla croce da
duemila anni, chiamato Gesù. Ci hanno fatto osservare, con una certa ironia, che non ha senso esporre un cadavere, anche se simbolico, appeso ad un legno e crearne un culto. Non solo. Mapotrebbe turbare i sonni dei nostri infanti e costituire
un problema dal punto di vista psicologico nel periodo più delicato della formazione umana, quel Nazzareno crocifisso !
Nientemeno!

E si discute se può stare bene in un luogo dove si amministra la giustizia, Lui che ha conosciuto molto bene quella del Procuratore romano Ponzio Pilato. Tipica giustizia dell’uomo di legge, messa in crisi sul concetto di verità da un condannato a morte per opportunismo. E che dire poi degli zelanti difensori di un universalistico pensiero religioso, spuntati quasi miracolosamente in certi ambienti educativi, che si precipitano a schiodare dalle pareti quel simbolo del Cristianesimo tetro e funereo. Preoccupati del bene politico?
Fosse vero! In realtà, a distanza di secoli quell’Uomo appeso al legno chiamato Gesù, turba ancora le coscienze per il suo modo di pensare la vita, la libertà.

E non è facile trovare un equi-librio nemmeno nella scelta dell’essere suo discepolo. Nella storia del Cristianesimo non sono mai venuti a mancare i cavalieri del “Cristus vincit”, impegnati alla conquista di un regno indistruttibile,
dimenticando le parole del diretto interessato, preoccupato di sottolineare come il suo regno non fosse di questo mondo.
E si stenta pure a comprendere come, diversamente da altre forme religiose, la dottrina di quell’uomo Crocifisso non si basi tanto sull’osservanzadi certi formalismi o sul legame ad una norma, ma sul cuore.
Perchè è da dentro dell’uomo che hanno origine bontà e cattiverie.

Gesti, pellegrinaggi, litanie ad ore precise che senso avrebbero senza il saper perdonare, il non giudicare, l’amare.
Un modo per fare i conti con se stessi, con la propria interiorità. E non è cosa da poco. Può infastidire tutto questo?
Forse sì. Allora togliamolo pure dalle pareti, il Crocifisso. Anche come simbolo.
In fondo, non è un dilemma di altri, ma nostro.

Cirillo Sandro Nervo