dal Messaggero Veneto del 9/01/2002

Una pubblicazione della Filologica diventa prezioso strumento per conoscere meglio la nostra storia


Sin dal medioevo, Gemona ha rappresentato – e tutt’oggi rappresenta – uno dei cardini del panorama socio-economico del Friuli-Venezia Giulia, soprattutto per la posizione strategica che l’ha posta sempre a stretto contatto con i traffici delle popolazioni d’oltralpe. Parallelamente a questa valenza, le istituzioni pubbliche e private della cittadina gemonese hanno sviluppato nel corso dei secoli un background culturale di primaria importanza. Non a caso, il 78° congresso della Società filologica friulana (primo del nuovo millennio) si è tenuto proprio a Gemona: tra le manifestazioni messe in cantiere per quell’occasione, va sicuramente segnalata l’iniziativa editoriale Archivi gemonesi.

La pubblicazione, uscita in un elegante cofanetto di due volumi (che si può richiedere in Filologica) , fornisce al Friuli un importante strumento per conoscere più a fondo le plurisecolari vicende storiche del territorio e della popolazione di Gemona, attraverso l’analisi e lo studio del ricco e vasto patrimonio documentario conservato nei suoi archivi storici. I volumi – realizzati grazie al contributo del Ministero per i beni e le attività culturali, della Provincia e del Comune di Udine e con il patrocinio della Sovrintendenza archivistica per il Friuli-Venezia Giulia e della Direzione degli Archivi dell’Arcidiocesi di Udine – consentiranno in tal modo una maggiore divulgazione delle fonti documentario-archivistiche gemonesi nei confronti di una più ampia fascia di pubblico e, allo stesso tempo, saranno un utile strumento scientifico per chi voglia progettare in maniera seria e specifica ulteriori ricerche in questo settore, ben sapendo che questa tipologia di fonti – nella maggioranza dei casi – rispecchia le dinamiche politiche e le competenze amministrative degli enti che le hanno prodotte, e pertanto sono espressione della mentalità e della cultura di quella società in cui esplicavano le proprie funzioni.

Il primo volume, curato da Federico Vicario (vicepresidente della Società Filologica), racchiude otto contributi di archivisti e storici, rapportabili a due sezioni tematiche strettamente connesse, riguardanti rispettivamente l’archivio storico della pieve di Santa Maria Assunta e l’archivio storico del Comune, i quali presentano una certa commistione di materiale, dovuta forse – come sostiene la ricercatrice Anna Gonnella – ad una conservazione promiscua nel medesimo ambiente.
Sui fondi dell’archivio plebanale si sono soffermate Flavia De Vitt, Serena Croatto e Maria Cristina Cosatti: la prima fa un’accurata disamina dei tre più antichi registri battesimali (che coprono, con alcune lacune, l’arco cronologico 1379-1482), offrendo anche un’utilissima appendice di tabelle statistiche demografiche e antroponimiche; la Croatto ci svela le recenti acquisizioni dell’archivio plebanale, tra cui «un gruppo di circa 120 pergamenne, la più antica delle quali risulta risalire alla metà dell’XI secolo»; la Cosatti ci illustra invece il fondo musicale, ripercorrendone la formazione e lo sviluppo a partire dal secolo XIV, frutto dell’attività musicale dei maestri di cappella e dei compositori che operarono in città.

All’archivio comunale sono dedicati i saggi di Gonnella e Villotta: Anna Gonnella svolge una precisa e utilissima ricognizione del materiale documentario tuttora conservato nelle serie dell’archivio, fornendone l’articolazione e la consistenza per un arco cronologico che va dal secolo XIII ai giorni nostri; Luisa Villotta ci narra, invece, le complesse vicende occorse al suddetto archivio nel corso del secolo XX.

Attenzione particolare merita il saggio di Federico Vicario, il quale fornisce un’integrale edizione di due quaderni di camerari della pieve, conservati nella parte antica dell’archivio comunale, ancor oggi depositato a Trieste presso la sede della Sovrintendenza archivistica in attesa di riordinamento e inventariazione: trattasi dei quaderni di Giacomo Foncasio (1336-37) e di Indrigo Baldassi (1350-51), che ben testimoniano l’uso del volgare nella cittadina gemonese nel Medioevo: «Le scritture risultano decisamente notevoli per la loro antichità, di assoluto rilievo per l’area friulana, e per i particolari fenomeni di interferenza di tipi e modelli linguistici diversi, tendenti ora al friulano ora al tosco-veneto».

A questi contributi si aggiungono inoltre quello di Gabriella Cruciatti (sui fondi gemonesi di monasteri, confraternite e notai conservati nell’Archivio di Stato e nella Biblioteca civica di Udine) e quello di Katia Bertoni (sull’importante fondo di Giuseppe Bini – arciprete della pieve gemonese dal 1739 al 1773 –, tuttora conservato nell’Archivio capitolare di Udine).

Il secondo volume consiste nell’inventario dell’archivio della pieve, curato da Liliana Cargnelutti, la quale nel 1992 con un lungo e faticoso lavoro aveva riordinato e inventariato l’archivio su incarico della Sovrintendenza archivistica: questo mezzo di corredo, che viene ora pubblicato per la prima volta, è senz’altro fondamentale per consultare correttamente l’archivio e per iniziarvi qualsivoglia ricerca disciplinare, visto che gran parte delle fonti ivi conservate sono a tutt’oggi inesplorate.
Ugo Falcone
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