L’intenzione paradossa
Il nevrotico che impara a ridere di sé può essere sulla via dell’autogoverno, forse della cura.
Immaginiamo di passeggiare in un parco e di vedere una persona sola, seduta su una panchina, che sta piangendo. Probabilmente proveremmo un sentimento di compassione e la voglia di consolarla, di aiutarla in qualche modo.
Immaginiamo invece di incontrare una persona che sta ridendo da sola. La nostra prima reazione sarà probabilmente di sospetto, di paura. Chi ride da solo deve essere matto. Meglio girare alla larga.
Si potrebbe dire che ci sentiamo, in qualche modo, attratti dal pianto e respinti dal riso. Ed è la stessa conclusione a cui sembra essere arrivato il nostro lettore.
In che modo va affrontata la vita? Di solito ci si lascia vivere, mentre vivere è un’arte. Chi guarda la vita con orrore è al di sotto della vita; chi prende seriamente la vita è entro la vita; chi sorride alla vita con un lieto sorriso, si eleva sopra il mondo.
Non a caso un grande psicologo come Allport diceva: Il nevrotico che impara a ridere di sé può essere sulla via dell’autogoverno, forse della cura.
Prendendo lo spunto da questa citazione, voglio ricordare come psicoterapia è molto importante ridere di se stessi, rendendosi magari oggetti di scherzo .
L’umorismo è un fenomeno tipicamente umano; ma, ciò che è più importante, permette all’uomo di distanziarsi da ogni cosa e quindi anche da se stesso.
Esiste addirittura una scuola psicologica che basa proprio sull’autoironia una tecnica psicoterapica, l’intenzione paradossa, che aiuta a prendere le distanze dai propri problemi psichici tipo la fobia, l’ossessione, ecc.
L’intenzione paradossa consiste in sintesi nel desiderare ciò che si teme, ovviamente prendendosi in giro.
Ma senza entrare in dettagli tecnici, visto che stiamo parlando di umorismo, mi piace definire l’intenzione paradossa in termini scherzosi.
Uno scolaro arrivò tardi a scuola e chiese scusa al maestro: Lo spesso strato di ghiaccio sulla strada non mi permetteva di camminare. Appena facevo un passo avanti, ritornavo indietro di due passi. Il maestro replicò trionfalmente:
Se fosse stato realmente così, come avresti fatto ad arrivare comunque a scuola?Lo scolaro, colto in fallo, non restò per niente imbarazzato. Pronta la sua risposta: Semplice, ho fatto dietro front e ho cercato di andare verso casa….
Una volta lessi che la saggezza è eterno sorriso.
D’altra parte ridere di se stessi porta ad una grande tolleranza verso il mondo com’è, ma soprattutto porta al coraggio di scendere dal piedistallo della presunzione e del perfezionismo.
Dopo anni di pratica professionale sono arrivato alla conclusione che il vero umorismo o meglio l’autoironia è sempre spirituale, perché implica: distacco, comprensione, benevolenza, compassione, libertà interiore, senso delle proporzioni, senso del riposo, ecc.
Come usarlo? Anzitutto verso se stessi: nello sdrammatizzare la nostra vita personale, nell’apprendere a soffrire sorridendo perché il farlo toglie alla sofferenza l’aspro e l’amaro che l’accentuano e la complicano.
Ma soprattutto verso gli altri: in particolare verso coloro che ci sono ostili e il cui contegno tende ad irritarci, meglio sorridere che essere ostili e ricordare sempre il bambino interiore che c’è dietro la facciata della personalità sia nostra che altrui.
Essere seri quando occorre, anzi più di quanto lo siamo di solito, ma riserbare la serietà, il fuoco, l’energia per le cose che veramente lo meritano, che ne sono degne. Se sperperiamo la nostra serietà nelle cose piccole, non ce ne resta abbastanza per le grandi.
Gli antichi hanno apprezzato il riso a tal punto da considerarlo quale dono divino e farmaco salutare. Ma nessuna epoca come la nostra ha forse avuto tanto bisogno di questo farmaco.
La mania della velocità, la sete del possesso, assillano, logorano corpi e menti. Pur senza rinunciare a tutto ciò che vi è di dinamico, di costruttivo nel nostro tempo, occorre correggerne gli eccessi ed equilibrare quelle tendenze estreme.
Come? Tre cose soprattutto l’uomo moderno deve apprendere per divenire sano e completo nel realizzare l’arte di vivere di cui si parlava prima: l’arte del riposo, l’arte della contemplazione, l’arte del riso e del sorriso.
Quest’ultima arte costituisce un allentamento della tensione psichica che dà grande sollievo, produce una benefica serenità mentale, sostituendo all’attività di facoltà affaticate quella di altre fresche, poco, troppo poco, usate.
Quando si è stanchi e stressati, è più facile ottenere il riposo così, anziché mediante l’inazione, durante la quale la mente continua a svolgere a vuoto il suo febbrile lavoro.
Persino la medicina ufficiale comincia a riconoscere l’importanza di una buona risata. Negli Usa si moltiplicano le cliniche che applicano il programma, messo a punto da prestigiose università, denominato “Ahahah”, mirato a favorire la guarigione dei pazienti facendoli ridere.
Prove scientifiche inconfutabili hanno dimostrato che il riso rilassa, regolarizza la pressione, migliora l’irrorazione sanguigna (è vero dunque il detto:Il riso fa buon sangue), stabilizza l’equilibrio ormonale, stimola il sistema endorfinico, abbattendo stress, emicranie, depressioni, diminuendo o eliminando il dolore.
(di Pasquale Ionata)