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Cinema e adolescenza ��(di Antonio Termenini)


Cinema e adolescenza hanno da sempre costituito un binomio indissolubile.
Fin dagli albori della settima arte, (Chaplin su tutti con “Il monello”) lo sguardo del fanciullo è apparso un avamposto privilegiato per cogliere i differenti aspetti contraddittori della realtà, senza mediazioni e filtri, e uno dei primi soggetti antropologici fissati dai cineasti. Da De Sica a Truffaut si è andata delineando una poetica dell’adolescenza che ha visto in Antoine Doinel (“I quattrocento colpi”)e Pricò (“I bambini ci guardano”) i suoi protagonisti, deboli, ingenui, ma autentici.

Nei successivi trent’anni sono stati pochi i registi che hanno elevato gli adolescenti ad interpreti principali delle loro storie.
Sicuramente i cineasti iraniani, Kiarostami su tutti con “Dov’è la casa del mio amico”, ” E la vita continua”, racconti lirici, intimisti e struggenti, incentrati su figure di fanciulli alla ricerca di un’identità in via di definizione. In Italia si può citare il caso di Francesca Archibugi che ha disseminato tutto il suo percorso di cineasta di racconti di formazione oscillanti tra l’incontro-scontro generazionale (“Verso sera”) e il passaggio all’età adulta, ricca di insidie ed incertezze (” Il grande cocomero” e “Mignon è partita”).

Nello stesso solco si può inserire, seppur su un versante più comico, ” Ovosodo” di Paolo Virzì o il più recente ” Come te nessuno mai” di Gabriele Muccino. Lo sguardo innocente è stato spesso utilizzato dai registi per incunearsi nei meandri della storia, attraverso le sue contraddizioni, attraverso una prospettiva inedita che restituisse gli aspetti più trascurati di alcuni snodi fondamentali dell’età contemporanea: è stato così per Benigni e Faenza nell’accostarsi al tragico tema della Shoà in ” La vita è bella” e ” Jona che visse nella balena”, per Jerry Schatzberg in ” L’amico ritrovato”, storia di un’amicizia sullo sfondo dell’irrompere del nazismo, per Agneska Holland in “Europa Europa”, per Daniele Lucchetti in ” I piccoli maestri”.
Un’innocenza che penetra anche nei drammi che lacerano le società occidentale: la discriminazione razziale ( ” L’odio” di Mathieu Kassovitz, ” La promesse” dei fratelli Dardenne, ” L’età inquieta” di Bruno Dumont), la disoccupazione (” La vita sognata degli angeli” di Eric Zonca e ” Rosetta” ancora dei fratelli Dardenne) i rapporti famigliari, ( ” Ragazze” di Mike Leigh, ” He got game” di Spike Lee, ” Zona di guerra” di Tim Roth, ” Niente per bocca” di Gary Oldman).

L’adolescenza come momento di passaggio all’età adulta è, invece tema di molti film che si collocano proprio sulla sottile linea che divide le stagioni della vita. Toccanti, in questo senso, sia il corale “I ragazzi della 56° strada”, una sorta di versione moderna de “I ragazzi della via Pal”, che “Rusty il selvaggio”, entrambi di Francis Ford Coppola, un regista che anche successivamente con “Peggie Sue si è sposata” porrà al centro del suo cinema la giovinezza come momento irripetibile a cui guardare con nostalgia. Più spensierati i ragazzi delle commedie giovanilistiche made in Usa: quelli che sognavano di diventare i Beatles o i Rolling Stone immortalati da Tom Hanks nel frizzante ” Music Graffiti”, e nell’epocale “American Graffiti” di un Lucas che non aveva ancora scoperto le galassie e le guerre stellari; irriverenti e festaioli quelli che frequentavano i campus americani negli anni ’70 in “Animal house” con John Belushi; svogliati e annoiati, figli di una società opulenta quelli delle commedie anni ’80 di John Hughes, tra cui “Breakfast club”; impacciati e timidi quelli degli anni ’90, così come ce li ha mostrati ” American pie”.

Al cinema l’adolescenza resta però, l’età inquieta, delle mille contraddizioni, degli slanci vitalistici e dei primi bilanci. Un’età sospesa, un viaggio indefinito all’interno di sé stessi, alla ricerca di un senso che spesso non si coglie.
O di un corpo che non si riesce a trovare, ma che fa compiere ad un gruppo di quattro ragazzi, in “Stand by me” il passo decisivo verso la maturità. E non può essere un caso che il genere cinematografico che più di tutti sonda il lato oscuro dell’animo, l’horror, abbia spesso per protagonisti adolescenti, circondati dai messaggeri del male (“Halloween” di John Carpenter), o perseguitati da spietati serial killer che si divertono ad uccidere citando film famosi ( ” Scream”, ” Scream 2″ di Wes Craven e “So cosa hai fatto quella notte” di Kevin Williamson).