In che modo va affrontata la vita? Come porsi correttamente nei confronti delle cose del mondo, del lavoro, dei doveri, degli impegni e soprattutto delle cose che non si possono modificare?
Ecco due storielle:
«Due uomini guardavano in uno stagno; disse uno: “Vedo del fango, una scarpa, e un vecchio barattolo”.
Disse l’altro: “Anch’io, ma vedo anche lo splendido riflesso del cielo”».
«Due carcerati commentano il paesaggio che si presenta ai loro occhi di sera dopo un giorno di pioggia dietro le sbarre:
“Quanto fango”, dice uno; “Quante stelle”, gli fa eco l’altro».
L’insegnamento di queste storielle è che esiste una capacità umana che ha un’importanza straordinaria, troppo spesso ignorata: è la capacità di cambiare il modo di vedere una situazione. La volontà può incidere sulla realtà del mondo esterno. Però spesso la realtà esterna non si può cambiare oggettivamente. Rimane allora questa capacità di cambiare internamente.
Alcuni psicologi l’hanno chiamata reframing (ristrutturazione), che significa: “Mettere in una cornice diversa”, una sorta di “rincorniciatura” degli avvenimenti.
Aiutare una persona a vedere la sua situazione in modo diverso fa parte dell’arte psicoterapeutica. Questa è arte antica che si trova in molte tradizioni spirituali e in molti filosofi.
Per esempio lo stoico Epitteto diceva: «Noi non siamo turbati dalle cose, ma dall’opinione che abbiamo delle cose».
Questa è una distinzione importantissima.
Le cose sono quelle che sono, e cambiarle spesso non è in nostro potere: non possiamo decidere di essere sempre fortunati. I problemi capitano indipendentemente dal nostro volere.
Noi, però, possiamo decidere di cambiare la nostra opinione e quindi il nostro atteggiamento nei loro confronti. È qui che risiede il nostro potere.Secondo Epitteto, lo sbaglio tragico è proprio il pensare di non avere il potere dove invece lo abbiamo, cioè nella possibilità di cambiarci interiormente, e nel pensare di avere potere dove non l’abbiamo, cioè sulle circostanze esterne che non possiamo cambiare.
Nel ristrutturare una idea o percezione della realtà di una persona, non si mette in discussione l’idea o la percezione della realtà stessa, non si va cioè a cambiare il contenuto dell’idea o della percezione in sé, ma si cambiano le cornici all’interno delle quali inserire tale significato.
Ovviamente, cambiando la cornice, si cambia in maniera indiretta il significato stesso; e questo perché la realtà è determinata sempre dal punto di osservazione da cui il soggetto la guarda: se si cambia tale punto di osservazione, la realtà stessa cambia.
Quello che noi vediamo nelle cose, nelle persone e negli avvenimenti, sono in pratica nostre idee, anzi opinioni, nel senso che abbiamo dentro di noi un’immagine di come è il mondo.
E questa nostra immagine può essere vera, adeguata alla realtà esterna, ma può anche non esserlo; molto spesso è errata perché deriva dal condizionamento sociale, da come siamo cresciuti e dalle varie influenze che abbiamo subito.
E allora il compito della psicoterapia è quello di recuperare questa nostra capacità di cambiare atteggiamento, chiamato Reframing.
Ecco una storiella medievale, intitolata” I tre tagliapietre”, che è una stupenda rappresentazione del reframing:
«Un visitatore entrò nel cantiere dove nel Medioevo si stava costruendo una cattedrale. Incontrò un tagliapietre e gli chiese: “Che cosa stai facendo?”.
L’altro rispose di malumore: “Non vedi? sto tagliando le pietre”. Così egli mostrava che considerava quel lavoro increscioso e senza valore.
lì visitatore passò oltre e incontrò un secondo tagliapietre; anche a questo chiese che cosa facesse. “Sto guadagnando da vivere per me e la mia famiglia”, rispose l’operaio con tono calmo, mostrando una certa soddisfazione.
L’altro proseguì e, trovando un terzo tagliapietre, gli rivolse la stessa domanda. Questi rispose gioiosamente: “Sto costruendo una cattedrale”.
Egli aveva compreso il significato e lo scopo del suo lavoro, si era reso conto che la sua opera umile era altrettanto necessaria quanto quella dell’architetto e quindi in un certo senso aveva lo stesso valore della sua. Perciò eseguiva il suo lavoro volentieri, anzi con entusiasmo».
di Pasquale Ionata