Restare onesti e vivere bene.
In un paese di furbi, le persone rette sembrano rischiare l’estinzione per manifestaingenuità. Invece sono la maggioranza e tengono in piedi la nazione. Con maturità.

ONESTA’ E FURBIZIA

Non fa notizia il bene. Figuriamoci l’onestà. E forse è opportuno iniziare dalle consolazioni. E al riguardo possono venire in soccorso i proverbi.
Frasi scultoree e incoraggianti, come «Chi vive onestamente non muore mai», o «Gli onesti finiscono sempre bene», o ancora «L’onestà è un patrimonio scelto».
Altri adagi tracciano il solco per condotte rette: «La parola dell’uomo onesto vale la sua firma», «L’uomo onesto si contenta della sua onestà».

C’è di che compiacersi davanti a tanti solenni encomi. Eppure, più sono nobili ed elevati tali pensieri, tanto più suonano come enfatici. Veri, senza alcun dubbio, in astratto, ma di scarsa praticabilità.

Non che manchi tra le popolazioni della nostra penisola un’innata propensione alla rettitudine del pensare e all’onestà dell’agire. Semmai è da rilevare che da secoli – o probabilmente rientra da sempre nel patrimonio genetico delle italiche genti – molti conterranei si credono furbi, pensano da furbi e agiscono da furbi; per cui, nella nostra Italietta, gli onesti hanno finito inesorabilmente per scivolare nella categoria (così cara a Totò) dei fessi.

E’ per questo che un proverbio sull’onestà citato seriamente può lasciare nell’ascoltatore il sapore della beffa. La stagione di Mani pulite ha interrotto il consolidato costume e la relativa pseudo-cultura di proporre grandi valori e compiere gravi misfatti. Per un po’ di tempo, come si ricorderà, i corruttori furono beccati con le mani nella marmellata, e le persone serie e corrette poterono andare fiere delle proprie doti etiche. Ci fu un plauso collettivo e la rettitudine ebbe gli insperati onori della cronaca.

L’umorista Altan sintetizzò felicemente – era il maggio ’92 – il fenomeno con una vignetta su L’Espresso, dove un bambino chiedeva al genitore: «Tu sei onesto, babbo?», e il padre: «Magari. A quest’ora sarei famosissimo». Altri tempi. Poi siamo ritornati a quelli di sempre, che facevano dire già al poeta satirico latino Giovenale, nel primo secolo dopo Cristo, «L’onesta è lodata ma muore di freddo».

Per fortuna, tale virtù non è morta assiderata. È costantemente riscaldata dalla pratica quotidiana di quella maggioranza silenziosa del paese, che oggi, come nelle epoche precedenti, sostiene l’architettura di una nazione e conferisce dignità ad un popolo.

Gli onesti – dal latino: degni di onore – non sono ridotti da una specie in estinzione. Il mondo, si dice erroneamente, è dei furbi. E non fanno fatica a trovare ammiratori e imitatori.
Ricordava Prezzolini: «Il furbo è in alto in Italia non soltanto per la propria furberia, ma per la reverenza che l’italiano ha della furbizia stessa».

Che ci sia bisogno di un riscatto delle persone rette lo prova anche l’economista Sergio Ricossa in un libro dal titolo ironico, Manuale di sopravvivenza a uso degli italiani onesti (Rizzoli), pur con considerazioni talvolta discutibili.
Secondo lui non è vero che alla disonestà non ci siano alternative. Il manuale è perentorio. Intima di non imitare un certo Alessandro Guiccioli, che nel 1795 a Ravenna attese Napoleone per prendere parte ai furti in grande stile che l’imperatore autorizzerà. Il programma di Guiccioli sembrava dettato dallo stato di necessità: «Non rimane a un gentiluomo altra alternativa che di lasciarsi tagliar la testa dalla canaglia o mettersene a capo. Preferisco il secondo partito». No, dice Ricossa, “non è vero che tertium non datur”. L’onesto cerca e trova la terza opportunità. Paga un prezzo, non si arricchisce, a differenza del Guiccioli, con la compravendita delle terre espropriate alla chiesa. Ma si salva la vita e l’anima».

Ma attenzione! C’è da temere soprattutto «i buoni sentimenti». «Con essi i furbi accalappiano l’onesto o ci provano. I furbi incominciano lodando l’onestà e si presentano quali paladini di una grande missione umanitaria». Niente dunque adulazione verso i potenti, i superiori o verso chiunque possa essere fonte di benefici: «Spiacenti, non abbocchiamo. Noi o aduliamo smaccatamente, in modo che sia netta l’intenzione di canzonare l’adulato, o non aduliamo affatto. Piuttosto stiamo zitti, e mettiamo la famiglia a dieta.

Altro nemico sono le leggi fiscali. I sotterfugi suggeriti dal commercialista, per Ricossa, non pagano. «Vi sono furbi che, con il consiglio di costosissimi tributaristi, praticano l’elusione delle leggi fiscali, cioè trovano inghippi per restare nella legalità e pagare meno.
Non è una buona strada per l’onesto, il quale finirebbe per versare al suo tributarista, per i consigli ricevuti, più di quanto risparmia, in ipotesi, sul dovuto all’erario».

Guai comunque a pensare che l’onesto faccia vita priva di soddisfazioni. «Non saranno i furbi – avverte Ricossa – a rovinarci l’esistenza. Se i furbi sono lieti di esserlo, l’onesto è lieto di essere lui cosiffatto. Ma senza superbia, senza complicazioni, senza complotti. Sono i furbi a rovinarsi la propria vita impegnandosi a tesser trame mentre, noi crediamo, c’è di meglio per passare il tempo».

Lo riconosceva anche l’arguzia di Mino Maccari: «Conosciuti bene i furbi, ci si vanta di esser fessi». Onesti senza superbia, d’accordo. Ma la contentezza di esserlo può venire mostrata ai furbi per una piccola- vendetta d’amore o, secondo l’autore, «per indispettirli».

La contentezza manifesta lancia ai furbi un triplice messaggio: «ho scoperto il vostro gioco; protesto contro i vostri soprusi; epperò non mi rovino la digestione per questo».
Commenta nelle conclusioni l’autore del manuale che «la società umana dovrebbe servire a fare insieme cose più grandi in nobiltà di quelle consentite individualmente». E invece spesso non è così, ma non è un buon motivo per deprimersi.

«Restiamo fedeli alla nostra scelta di mai chiedere e mai lamentarci, vale a dire di mai implorare la clemenza dei furbi. Via per la nostra strada sassosa, amici, fino in fondo, in silenzio».

E giacché la virtù non è tale se non è attiva, il manuale si chiude con due consigli operativi all’onesto, non privi di goliardia.
Primo: «Faccia un elenco dei furbi che più lo tormentano, e invii loro di tanto in tanto notizie sulla sua salute» a dimostrazione che la probità paga.
Secondo: «Faccia un elenco degli onesti amici, e li inviti di tanto in tanto a piacevoli convivii». Sostenersi e incoraggiarsi a vicenda consolida i propositi e le scelte delle rette persone. L’onesta non farà notizia, ma non è detto che non debba organizzarsi.

(di Paolo Loriga)