Il lavoro manuale è un’arte, ma troppi lo disprezzano
Il padre di Michelangelo non sopportava che suo figlio facesse lo scultore. Quando lo vedeva coperto di polvere di marmo gli diceva che era una vergogna fare il lavoro del muratore, dello spaccapietre. Avrebbe voluto che diventasse un funzionario, un cortigiano.
Anche i papi, i cardinali, i principi dell’epoca avevano, nel complesso, poca stima dei grandi scultori e dei grandi pittori a cui commissionavano le loro opere. Infatti, li trattavano male e li pagavano poco.
Ricordo questo episodio per mostrare come sia antico il pregiudizio che, in Italia, mette il lavoro intellettuale al di sopra di quello manuale. Il lavoro dell’impiegato, del funzionario al di sopra di quello dell’artigiano.
Eppure il nostro Paese è li a dimostrare che le cose più vive, più vitali, le hanno create coloro che hanno usato anche le mani, che hanno agito sulla materia. Le loro opere d’arte continuano a esistere e a essere ammirate.
Mentre nessuno più ricorda nome dei principi, dei funzionari e dei cortigiani del tempo.
Io ho sempre ammirato ed elogiato i nostri stilisti perché producono cose materiali che si vedono, che si toccano, che si indossano. Ammiro i produttori di piastrelle di Sassuolo e di Vietri, quando vedo un pavimento o un bagno fatto coi loro materiali. E il marmo? La gente non ha nemmeno la più pallida idea di quali incantesimi di forme e di colori sappiano creare i nostri artigiani del marmo.
E lo stesso i nostri produttori di mobili pregiati, i nostri orafi, i nostri maestri argentieri, i nostri lavoratori del vetro, del ferro, i nostri restauratori.
Di fronte alle loro opere io resto emozionato, a bocca aperta, mentre non provo nessuna emozione quando guardo le carte diun funnzionario o di un impiegato.
Dirò di più: personalmente resto incantato a osservare come un vecchio muratore, solo con l’aiuto di un ragazzo, riesce a costruire un lunghissimo muro diritto. O nel vedere dei tecnici del restauro che tagliano chimicamente una casa per evitare l’umidita e ricostruiscono, a strati, l’intonaco in modo che sia traspirante.
Ammiro il giardiniere che riesce, non so come, a svettare piante altissime e a costruire, in poco tempo, declivi, siepi, aiuole. Lavori manuali questi? Ma sono prodigi di intelli genza, di abilità e di gusto.
Eppure i grandi artigiani si lamentano di non avere allievi.
Le più importanti scuole artigiane chiudono. Molti continuano a considerare superiore il lavoro burocratico, impiegatizio.
Vorrebbero avere tutti figli laureati, tutti figli passacarte.
Oppure calciatori o divi della televisione. Come il padre di Michelangelo, si vergognano se un loro figlio lavora il marmo, il vetro, il ferro, se va a fare il giardiniere.
Un mio amico, grossista di fiori, cerca da tempo un operaio specializzato che lavori fra le sei del mattino e mezzogiorno. Non lo trova .
L’altro giorno una madre preoccupata gli spiegava che il suo figliolo la notte va in discoteca, come può iniziare il lavoro cosi presto?!
L’intelligenza, l’abilità e il gusto sono risorse fondamentali del nostro sistema produttivo. Ma non è facile metterle insieme. Molti tecnici, molti managers hanno intelligenza ed abilità ma mancano di formazione artistica e di gusto.
Molte persone di cultura hanno gusto, ma mancano delle conoscenze tecniche e della manualità.
Dobbiamo perciò coltivarle insieme, farne un elemento fondamentale della nostra formazione scolastica in tutti i campi.
(di FRANCESCO ALBERONI)